sabato 29 giugno 2019

LA RIVINCITA DI PACIONE

A tutti i tifosi juventini di una certa età il nome di Marco Pacione evoca il poco piacevole ricordo della partita Juventus-Barcellona del 1986, quarto di finale di Coppa Campioni terminato 1-1 culminato con l'eliminazione della squadra di Giovanni Trapattoni.
Il ventiduenne attaccante, chiamato a sostituire il titolare Aldo Serena, incappa infatti in una sciagurata serata, segnata da errori anche grossolani sotto porta, guadagnandosi improperi e contestazioni da parte del pubblico del Comunale di Torino.
A seguito di tale negativa prestazione la dirigenza bianconera decide di privarsi delle prestazioni del giovane attaccante di Chieti, nonostante l'investimento fatto per prelevarlo dall'Atalanta e le speranze nutrite inizialmente nei confronti di uno delle punte emergenti del panorama italiano.

Il marchio di responsabile, ma più idealmente di poco difeso capro espiatorio, non lo abbandona neanche nelle successive esperienze, a cominciare da quella con la maglia gialloblu del Verona, sua destinazione dopo il calciomercato estivo del 1986.


Con gli scaligeri gioca due stagioni discrete a livello di prestazioni, fungendo da partner perfetto per le accelerazioni del danese Preben Elkjær Larsen, ma non esaltanti dal punto di vista realizzativo, con le 10 reti segnati complessivamente in campionato a fungere da materiale conferma.
Dopo il leggendario scudetto della stagione 1984/1985 il Verona non ha più confermato tali livelli, ottenendo piazzamenti mediocri, salvo offrire ottime prestazioni nella Coppa Uefa 1987/1988, culminata con l'approdo ai quarti di finale.
La stagione seguente vede l'undici di Osvaldo Bagnoli districarsi nel centroclassifica della serie A, con l'apporto degli argentini Pedro Troglio e Claudio Caniggia non sufficiente ad elevare il livello.
Pacione stesso gioca un girone di andata anonimo, addirittura senza riuscire ad andare in rete nelle prime 16 partite di campionato, con la sfida alla Juventus da disputarsi al Bentegodi come chiusura del girone di andata.
Quasi stesse covando una cocente vendetta, l'attaccante gialloblu si sblocca proprio contro la sua ex squadra, segnando una bellissima doppietta che determina la vittoria per 2-0.


Se la prima rete è segnata con un anticipo lesto ed improvviso sul difensore di turno, la seconda è realizzata con un potente colpo di testa sul primo palo a seguito di un portentoso stacco; in quest'ultima prodezza c'è tutto il talento del centravanti abruzzese, con il gioco aereo rientrante nelle sue peculiarità, anche a fronte di quei 187 centimetri di altezza che lo rendono incontenibile nel suddetto fondamentale.
Pacione troverà la rete in altre due circostanze, confermando quel leitmotiv connesso alla sua carriera del "vorrei ma non posso", lasciando ancora le volte qualche rimpianto per un bottino realizzativo non in linea non il potenziale.
Anche nelle successive esperienze si rivelerà un centravanti tatticamente utile ed intelligente, ma non si dimostrerà un affidabile realizzatore.
Ma in un certo senso il 12 febbraio 1989 Marco Pacione si è preso una personale rivincita verso chi gli ha gettato la croce addosso, colpevolizzandolo oltremisura per l'eliminazione del 1986 contro il Barcellona.


Giovanni Fasani



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