Tra la fine degli anni'20 e l'inizio degli anni'30 le piazze di Montevideo vedono due calciatori in erba, divisi da due anni di età, fare meraviglie con il pallone, destinati a divenire di lì a poco calciatori professionisti.
Le differenze tra i due non risiedono solamente nell'anno di nascita (1923 e 1925), ma anche nel ruolo prediletto (attaccante e centrocampista), nonché, sfortunatamente per il più grande, anche nella fortuna ottenuta nel proseguimento della carriera.
Il più piccolo dei due è Juan Alberto Schiaffino, per tutti Pepe, un concentrato di classe, visione di gioco e doti tecniche che lo rendono ancora oggi uno dei più grandi giocatori del calcio uruguagio e mondiale.
Il maggiore invece è Raúl Schiaffino, per amici e famigliari Toto, attaccante dal grande fiuto del gol e baciato dalla stessa classe che sembra essere presente nei geni della famiglia. Purtroppo per lui la sua esperienza da calciatore durerà davvero pochissimo....
Voci più o meno fondate riportano come alcuni dirigenti del Nacional, colpiti dal suo talento ammirato negli improvvisati campi urbani, gli propongono un provino, terminato con esito positivo. Il piccolo Raúl, a quanto si dice, avrebbe deciso dopo pochi allenamenti di non continuare a vestire la maglia dei Tricolores, non apprezzando l'ambiente ed il clima in seno alla squadra.
Il suo talento e quello del più giovane Juan Alberto è però sprecato per consumarsi per le strade di Montevideo, tant'è che ben presto il Peñarol decide di tesserarli entrambi, fornendo loro una apprezzata opportunità di diventare calciatori professionisti.
Toto diventa ben presto selezionabile per la prima squadra, con la quale esordisce nel 1944, vincendo subito il campionato e mettendosi in mostra come uno dei prospetti migliori del calcio uruguaiano.
L'anno dopo è quello della definitiva consacrazione, grazie alla seconda vittoria del titolo nazionale ed al titolo di capocannoniere conquistato con ben 21 (in coabitazione con Nicolás Falero).
Le capacità realizzative sono però solamente un aspetto della suo proposta calcistica, dal momento che si dimostra un attaccante a 360 gradi, bravo a far giocare la squadra e straordinario nel vedere prima degli altri corridoi e movimenti dei compagni (qualità che renderà il fratello un autentico fuoriclasse). Anche per questo viene nominato miglior giocatore del torneo, riconoscimento molto ambito e riconosciuto nel periodo.
Ai tifosi dei Carboneros sembra di rivedere lo stile dell'idolo assoluto José Piendibene, definito El Maestro, tanto da coniare per il giovane Raúl l'appellativo di Pequeño Maestro (Piccolo Maestro).
L'anno dopo viene selezionato dalla nazionale uruguaiana per la diciannovesima edizione del Campeonato Sudamericano organizzato dall'Argentina, insieme a campioni quali José María Medina, Walter Gomez ed ai compagni di squadra Roque Máspoli ed il Negro Jefe Obdulio Varela.
Sono in molti tra stampa e tifosi a chiedergli di replicare le gesta di Atilio "Bigote"García, fenomenale attaccante argentino del Nacional, naturalizzato l'anno prima ed autore di 10 reti in 11 apparizioni con la Celeste, non presente però alla rassegna in oggetto.
La rappresentativa conferma il deludente quarto posto del torneo dell'anno prima, incappando tra l'altro in una sonante sconfitta contro i padroni di casa per 3-1, a conferma di un divario piuttosto netto tra le due nazionali.
Raúl Schiaffino si toglie la soddisfazione di segnare il suo primo ed unico gol con la Celeste nella sfida con il Paraguay, non sufficiente però ad evitare la sconfitta per 2-1.
Alla luce di tale non positiva esperienza la voglia di rivalsa trova spazio con la maglia del Peñarol, dove inizia il campionato con una sontuosa tripletta contro il Miramar, dimostrandosi in una forma psicofisica eccezionale.
Purtroppo non sa che alla terza giornata, in una gara contro il Rampla Juniors, la sua carriera si interromperà bruscamente, portandolo ad un triste addio al calcio: nell'eseguire uno scatto sente una forte fitta alla gamba destra, che lo costringe ad abbandonare il campo e che viene successivamente diagnostica come una profonda distrazione muscolare.
Nonostante gli sforzi e le cure non riesce a riprendersi totalmente, arrivando a sentire un dolore lancinante ogniqualvolta tenti di staccare di testa o di calciare.
Le terapie sono poco efficaci e ben presto capisce che non è più in condizione di essere un atleta professionista, sebbene di fatto giochi ancora qualche partita e rimanga formalmente nella rosa dei Carboneros.
La forzata assenza dal campo è accompagnata da una massiccia tendenza ad ingrassare, la quale di fatto lo rende a tutti gli effetti un ex calciatore, a soli 23 anni.
Quasi in concomitanza con la definitiva consacrazione del fratello Pepe, pronto per diventare un protagonista del calcio mondiale.
Chissà se senza qual brutto infortunio oggi parleremmo dei fortissimi fratelli Schiaffino?
Giovanni Fasani
Sono in molti tra stampa e tifosi a chiedergli di replicare le gesta di Atilio "Bigote"García, fenomenale attaccante argentino del Nacional, naturalizzato l'anno prima ed autore di 10 reti in 11 apparizioni con la Celeste, non presente però alla rassegna in oggetto.
La rappresentativa conferma il deludente quarto posto del torneo dell'anno prima, incappando tra l'altro in una sonante sconfitta contro i padroni di casa per 3-1, a conferma di un divario piuttosto netto tra le due nazionali.
Raúl Schiaffino si toglie la soddisfazione di segnare il suo primo ed unico gol con la Celeste nella sfida con il Paraguay, non sufficiente però ad evitare la sconfitta per 2-1.
Alla luce di tale non positiva esperienza la voglia di rivalsa trova spazio con la maglia del Peñarol, dove inizia il campionato con una sontuosa tripletta contro il Miramar, dimostrandosi in una forma psicofisica eccezionale.
Purtroppo non sa che alla terza giornata, in una gara contro il Rampla Juniors, la sua carriera si interromperà bruscamente, portandolo ad un triste addio al calcio: nell'eseguire uno scatto sente una forte fitta alla gamba destra, che lo costringe ad abbandonare il campo e che viene successivamente diagnostica come una profonda distrazione muscolare.
Nonostante gli sforzi e le cure non riesce a riprendersi totalmente, arrivando a sentire un dolore lancinante ogniqualvolta tenti di staccare di testa o di calciare.
Le terapie sono poco efficaci e ben presto capisce che non è più in condizione di essere un atleta professionista, sebbene di fatto giochi ancora qualche partita e rimanga formalmente nella rosa dei Carboneros.
La forzata assenza dal campo è accompagnata da una massiccia tendenza ad ingrassare, la quale di fatto lo rende a tutti gli effetti un ex calciatore, a soli 23 anni.
Quasi in concomitanza con la definitiva consacrazione del fratello Pepe, pronto per diventare un protagonista del calcio mondiale.
Chissà se senza qual brutto infortunio oggi parleremmo dei fortissimi fratelli Schiaffino?
Giovanni Fasani
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