L'Italia degli anni '50 è un paese in forte ripresa economica con il calcio a fare da splendido intrattenimento.
L'interesse intorno ad esso spinge diverse abbienti persone ad investire nelle squadre italiane, rendendole in grado di acquisire le prestazioni dei giocatori più forti a livello internazionale.
Gli anni '60 si aprono però all'insegna dell'austerità ed anche al pianeta calcio è chiesto di limitare le spese per i giocatori stranieri
L' Europa ed il Sudamerica restano comunque terra di conquista per i dirigenti italiani, alla ricerca di grandi campioni o presunti tali.
Ovviamente i mezzi per visionare i giocatori sono molto limitati e molte volte solo le recensioni di qualche addetto ai lavori risulta disponibile per il completamento della trattativa.
Decisivo in tal senso è il fiuto dei presidenti, nell'incertezza di fare un affare o di prendere una cantonata.
Nel 1959 i dirigenti della Roma, nonostante il clima votato al risparmio, decidono di tesserare un prolifico attaccante argentino, Pedro Manfredini, ancora oggi osannato dai tifosi giallorossi.
Il giocatore si guadagna il suo storico soprannome di Piedone ancora prima di scendere dall'areo che dall'Argentina lo porta nella capitale.
Tale nomignolo è però fonte di un equivoco: poche persone lo avevano visto fisicamente in precedenza e quando scende dalla scaletta dell'areo gli viene fatta una foto con il suo piede in primo piano, che per la prospettiva appare grandissimo.
In realtà i suoi piedi sono normalissimi, ma basta la foto in questione a scatenare un pizzico di ilarità e di dubbiosità sul valore del calciatore.
Tali chiacchere non tengono conto di quanto da lui fatto in patria con la maglia del Racing Club, dove ha vinto il campionato nel 1958 e dove ha segnato 28 reti in 39 partite.
Prima di accettare l'offerta della Roma partecipa alla Copa America con la nazionale, giocando tre partite e segnando un doppietta nella gara inaugurale contro il Cile.
Stranamente quelle risultano essere le sue uniche presenze con la maglia Albiceleste, nonostante le sue qualità ed una media realizzativa altissima nei migliori anni della carriera.
Per dissipare completamente i dubbi sul suo valore impegna solamente cinque minuti, sufficienti per trovare il suo primo gol nella gara d'esordio.
Si mette subito in luce come un centravanti dalla gran classe e dalle movenze rapide, in grado di trovare la rete in molti modi.
E' dotato di un ottimo spunto personale e davanti al portiere dimostra grande freddezza e lucidità nel scegliere sempre la soluzione giusta.
Detta alla perfezione il passaggio ai compagni e dentro l'area si muove alla perfezione, mostrando un gran controllo palla ed anche un dribbling efficacissimo.
Ama partire anche da lontano e la sua falcata gli permette di avere la meglio anche al cospetto di difensori veloci e rapidi nei movimenti.
Tali doti fisiche sono leggermente menomate da un infortunio subito in patria, causato da una brutta entrata di Jorge Griffa che gli rompe il menisco e gli lesiona il legamento.
Nonostante la lunga degenza si presenta a Roma in ottime condizioni e nel primo campionato realizza 16 reti.
L'anno dopo si migliora, portando le sue segnature a 20, realizzando addirittura quattro triplette nelle prime otto giornate.
Tuttavia è nella Coppa delle Fiere 1960/1961 dove il centravanti argentino risulta maggiormente decisivo per la propria compagine.
La Roma vince il torneo dopo la doppia finale contro il Birmingham, trascinata dai gol di Manfredini, che vince la classifica cannonieri con 12 reti. Molto importanti risultano le due segnate in Inghilterra nell'atto finale, che permettono alla squadra italiana di impattare per 2-2.
Le sue prestazioni continuano ad essere molto positive e nella stagione 1962/1963 vince per la prima ed unica volta la classifica dei marcatori della serie A con 19 reti.
Nelle stesso anno risulta essere il miglior realizzatore della Coppa delle Fiere in coabitazione con il brasiliano Waldo del Valencia, anche se la Roma abbandona la competizione in semifinale.
La stagione successiva arriva la prima Coppa Italia, conquistata a seguito di un'equilibrata finale contro il Torino. Manfredini è decisivo nei vari turni eliminatori e con 4 reti risulta il miglior marcatore del suddetto torneo.
E' proprio a questo punto che i descritti problemi fisici iniziano maggiormente a farsi sentire e nelle successive due stagioni gioca in pratica la metà delle partite in calendario.
Nel 1965 decide di abbandonare la Roma, con un bottino complessivo di 104 reti in 164 partite, la maggior parte delle quali realizzate nelle prime quattro stagioni.
Si trasferisce così al Brescia, dove ancora una volta viene limitato dai problemi fisici, che gli consentono di scendere in campo solo 8 volte in campionato, dove segna una rete.
L'anno successivo accetta l'offerta del Venezia neopromosso in A, per il quale gioca solamente 14 partite segnando 3 gol.
La squadra lagunare retrocede al termine della stagione e Manfredini accetta di scendere nella seria cadetta per aiutare la squadra in difficoltà.
Il ginocchio però non gli dà tregua e riesce a scendere in campo solo 8 volte, non riuscendo ad impedire la retrocessione della squadra in serie C.
A questo punto a 33 anni decide di interrompere la carriera, limitata solo nella parte finale dai già citati acciacchi.
Ancora oggi i più attempati tifosi della Roma non hanno dubbi: Manfredini è il più forte centravanti della storia giallorossa.
Ovviamente nel tempo la squadra capitolina ha avuto la fortuna di avere autentici fenomeni nel ruolo, ma il ricordo e le gesta di Piedone lo rendono immortale, anche perché alle sue segnature sono legati i primi successi.
Il suo legame con la Roma lo porta a restare in Italia al termine dell'attività, decidendo di aprire un bar che porta il suo storico e fortunato soprannome: Piedone.
Giovanni Fasani