Non sempre una stazza imponente ed una potenza esagerata sono sinonimo di cattiveria o indole violenta, come dimostrano i casi denominati come i "giganti buoni".
Nel calcio il caso più acclarato è quello del gallese John Charles, grande attaccante in grado di sovrastare letteralmente i difensori avversari impossibilitati a contenere una fisicità dirompente, ma al tempo stesso grande gentleman in campo, tanto da arrivare a fermare l'azione qualora avesse fatto male ad uno di essi.
Nel campionato italiano qualche anno prima dell'arrivo della punta del Leeds un altro imponente attaccante stupisce tutti per un carattere mite ed un fare da bonaccione, celati dietro i 191 centimetri di altezza ed una struttura fisica massiccia.
Nel 1950 arriva alla Lazio dal Beşiktaş il centravanti Şükrü Mustapha Gülesin, allenato in patria anche da Giuseppe Meazza, accompagnato dalla nomea di gran realizzatore, ma anche da quella di personaggio particolare.
A dire il vero a Roma rimane solamente il tempo di firmare il contratto, venendo mandato immediatamente in prestito al Palermo, dove da subito sorprende tutti per alcune sue peculiari caratteristiche.
La prima che balza all'occhio è il suo insaziabile appetito a tavola, con mangiate che diventano ben presto fonte di battute e di ilarità generale tra gli appassionati.
La seconda riguarda il suo comportamento in campo, davvero lontano rispetto a quello dell'ariete offensivo che la dirigenza e la tifoseria rosanero si sarebbe aspettata: Gülesin sembra quasi evitare i contrasti e quanto questo accade sembra patire il contatto anche con avversari più minuti, chiedendo scusa all'occasione e terminando talvolta a terra con comiche cadute. A quel punto si rialza e per primo ride dell'accaduto, ma viene da sé che un centravanti di sfondamento non può permettersi indugi, inutile cavalleria e, soprattutto, impacciati ruzzoloni contro avversari con un fisico grosso quasi la metà.
A sopperire a tale pacato temperamento arriva in un suo soccorso una capacità di calcio notevole, soprattutto sui calci piazzati dove mette in mostra una potenza ed una precisione che ne fanno un autentico specialista.
In particolare si dimostra uno specialista nel segnare gol direttamente dal calcio angolo, grazie alla capacità di imprimere traiettoria a rientrare tese e potenti al pallone: tra mito e realtà pare siano 32 le reti segnate in carriera direttamente dalla bandierina.
La forza del suo tiro è tale che nella sfida contro il Padova nel novembre del 1950 il portiere Enzo Romano decide di spostarsi onde evitare di essere impattato da un suo calcio di rigore.
Malgrado le perplessità della vigilia riesce ad emergere nella squadra siciliana, mettendo a segno 13 reti in 28 partite, bottino che gli vale il rientro alla Lazio, anche in virtù di una mai chiarita aggressione subita proprio nel capoluogo palermitano: l'attaccante di Istanbul racconta di essere stato pedinato e successivamente picchiato con un bastone da tre ignoti, senza però chiarirne i motivi.
Il rientro a Roma è ovviamente la soluzione migliore, con la formazione capitolina che punta a farne il centravanti di riferimento, contando sui numeri realizzati e su quel fisico che sembra essere l'ideale per sfondare le difese avversarie.
Il tecnico Giuseppe Bigogno capisce subito che il suo modo di interpretare il ruolo è diverso, con lo scontro fisico che continua a non essere esattamente la sua specialità.