Dopo FOOTBALLSLAVIA, Danilo Crepaldi, ci riporta nei Balcani, una terra che produce più storia di quella che riesce a consumare.
Dopo la disgregazione della Jugoslavia ancora una volta il calcio s'intreccia alla politica ed alla storia dei nuovi stati slavi in maniera viscerale venendo usato dal potente di turno per i propri interessi personali.
In questo libro Crepaldi Danilo ci racconta il difficile rapporto fra calcio, tifo e politica in una parte di mondo che non sembra volere e potere trovare un equilibrio definitivo.
FIGLI DELLA JUGOSLAVIA è il fedele resoconto, storico-calcistico della storia balcanica dopo lo scioglimento della Jugoslavia.
Una storia che, ancora oggi, è profondamente legata al ricordo dello stato socialista governato da Tito.Una storia di calcio, guerre e violenze che sembrano non voler dar pace agli ex cittadini jugoslavi.
L'estratto è preso dal capitolo 4 "Francia '98 Fra orgoglio e nazionalismo" sotto titolo "La zlatna Generacija del calcio croato".
Il Mondiale del 1934 è ricordato per la prima storica affermazione della nazionale italiana, avvenuta in un ambiente costruito ad arte dal governo fascista, con lo scopo di esaltarne il prestigio e la visibilità internazionale.
Grazie alla maestria di Vittorio Pozzo, abile ad allestire una rosa fortissima, coniugata con qualche neanche tanto velato favore, gli azzurri raggiungono la finale di Roma da disputarsi contro la Cecoslovacchia.
Anche la nazionale di di Karel Petrů è però una rappresentativa fortissima, capitanata da František Plánička (protagonista di un nostro vecchio articolo) con un quintetto offensivo fortissimo, dove spicca la classe di Oldřich Nejedlý (anch'egli già raccontato nel nostro blog).
Nella finalissima di Roma gli "ospiti" non si limitano a fare da sparring partner, tanto da passare in vantaggio al 71° minuto con un gol di un attaccante tanto piccolo quanto letale e decisivo, Antonín Puč.
La sua rete getta nello sconforto il pubblico italiano accorso allo Stadio Nazionale del PDF, impreparato anche solo a temere di non poter vincere il torneo.
In tutto il mondo i giocatori di etnia slava sono conosciuti non solo per le indiscusse qualità tecniche, ma anche per una spiccata personalità, la quale a tratti può facilmente sfociare in sbruffoneria ed eccessiva sicurezza dei proprio mezzi.
Lo stereotipo più diffuso è quello del calciatore indolente e poco avvezzo al sacrificio, ma al tempo stesso talmente fiero del proprio talento da ritenerlo sufficiente a confrontarsi e a sconfiggere ogni tipo di avversario.
Addirittura neppure al cospetto dei giocatori più forti del mondo sembra venir meno la loro sicurezza (spocchia?), perché in cuor loro si sentono davvero i migliori.
Nel contesto calcistico al nome Jugoslavia siamo abituati ad associare raffinati palleggiatori o portentosi attaccanti, appunto perché la tecnica applicata alla vocazione offensiva ne rappresenta una costante peculiarità.
Considerando la sfera caratteriale vogliamo ricordare un curioso episodio che ha visto come protagonista un portiere jugoslavo, talmente impavido da sfidare addirittura il grande Maradona.
Si può dire qualsiasi cosa del girovago Tomislav Ivković, ma non che gli siano mancate la personalità e la faccia tosta.
A partire proprio dalla sua lunga carriera spesa in più di una nazione durata la bellezza di 21 anni terminata nel 1998 alla vigilia del trentottesimo compleanno; nell'arco della stessa ha giocato in patria (Dinamo Zagabria, Cibalia Vinkovici e Stella Rossa), in Austria (Wacker Innsbruck e Wiener Sport Club), in Belgio (Genk), in Portogallo (Sporting Lisbona, Vitoria Setúbal, Belenenses ed Estrela Amadora) ed in Spagna (Salamanca).
Talento ne ha da vendere, è un portiere completo statuario (189 cm di altezza) in grado di comandare con piglio ed autorità la retroguardia, dimostrandosi sicuro in ogni frangente.
Non mancano i colpi di testa tipici di chi decide di giocare tra i pali e se vi aggiungiamo i geni slavi il risultato che ne esce è quello di un vero e proprio personaggio.
Nel 1989 disputa la sua prima stagione con lo Sporting CP, squadra di buon livello impegnata anche in Coppa Uefa. A tal proposito il primo turno mette di fronte i Leões al Napoli di Diego Armando Maradona, campione in carica del torneo, in un doppio match che si dimostrerà aspro e combattuto. Dopo il pareggio a reti bianche allo stadio José Alvalade lo stesso risultato si verifica due settimane dopo al San Paolo rendendo inevitabile l'epilogo finale dei calcio di rigore. Ivković inizia alla grande la serie respingendo il tiro di Crippa, ma anche il "collega" Giuliano Giuliani si supera sulla conclusione di Luizinho. Arrivati all'ultima conclusione si presenta dal dischetto Maradona, con il Napoli in vantaggio ed è a quel punto che al portiere slavo viene in mente di rendere più avvincente la già delicata situazione, proponendo al Pibe de Oro di scommettere 100 dollari sul fatto che gli avrebbe parato il rigore. Il giocatore argentino annuisce e parte con la classica rincorsa aspettando un movimento del portiere per spiazzarlo: Ivković resta fermo fino all'ultimo ed intuisce il tiro debole gettandosi sulla sua sinistra. Invece che esultare il portiere dello Sporting si avvicina a Maradona e tirandolo per il braccio gli ricorda la validità della scommessa, ricevendo dal rammaricato argentino un cenno positivo con la testa. Per fortuna del Napoli e di Maradona Giuliani è in serata di grazie e respinge il rigore di Fernando Gomes regalando ai partenopei il passaggio del turno.
La leggenda narra che negli spogliatoi Maradona abbia effettivamente rispettato il singolare accordo pagando quanto pattuito al portiere slavo, già soddisfatto di aver vinto la scommessa e parato un rigore al giocatore più forte del mondo, indipendentemente dall'eliminazione. Siccome a volte il calcio regala situazione paradossali, l'anno successivo la sfida si ripete, questa volta nel contesto del campionato del mondo: Ivković è il portiere titolare della Jugoslavia, mentre Dieguito è il trascinatore di un'Argentina intenzionata a bissare il titolo conquistato quattro anni prima in Messico. Le due squadre si incontrano ai quarti di finale, con i Plavi accreditati di essere una delle squadre più temibili della competizione, dall'alto di una tecnica sbalorditiva. Gli uomini di Ivica Osim, guidati dalla classe di Dragan Stojković, Dejan Savićević e Robert Prosinečki sopperiscono all'espulsione di Refik Sabanadzovic mettendo in grande difficoltà la squadra sudamericana, nonostante il match non si sblocchi neanche dopo i supplementari. Si va quindi alla lotteria dagli undici metri e dopo i primi due tentativi l'Argentina è in vantaggio per 2-1, a causa dell'errore di Stojković. A questo punto si presenta dal dischetto Maradona, il quale con la solita sicurezza si appresta a calciare al cospetto di Ivković: non è dato sapersi se il numero dieci argentino pensasse all'errore di qualche mese addietro, fatto sta che calcia a mezzaltezza con scarsa forza rendendo semplice la parata dell'avversario, che addirittura blocca il pallone. In questa circostanza non ci sono scommesse tra i due, anche se l'estremo difensore abbozza un tentativo in tal senso, venendo ignorato dall'avversario. Anche stavolta il risultato finale non gli sorride, dal momento che i successivi errori di Dragoljub Brnović eFaruk Hadžibegić mettono fine a quello che è l'ultimo Mondiale disputato dalla Jugoslavia unita.
Appare forse riduttivo sintetizzare la carriera di Tomislav Ivković a questo particolare episodio con Maradona, ignorando in tal senso le 38 presenze in nazionale ed il generale apprezzamento da lui ricevuto durante la lunga e movimentata carriera.
Ma la particolarità del suo carattere e la capacità di affrontare con estrema sicurezza una situazione decisiva possono in buona parte riassumerne il valore.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale i confini territoriali subiscono un vero e proprio scossone, tale da mettere in discussione anche l'esistenza stessa di interi stati.
La Germania viene divisa in due differenti nazioni, lasciandone una sotto il controllo occidentale e l'altra sotto la pressante influenza dell'Unione Sovietica.
All'interno del territorio tedesco si trova un piccolo protettorato, finito sotto il controllo nazista nel 1935, dopo un plebiscito che lo vede assumere il nome di Westmark.
Nella generale nomenclatura tale territorio è denominato Saarland e dopo essere finito sotto il controllo francese nel 1945, arriva a conoscere 3 anni di assoluta indipendenza.
Nel 1954, infatti, Francia e Germania propendono di creare una nazione a se stante, con capitale Saarbrücken e con tutti i crismi per concorrere anche in campo sportivo.
In campo calcistico la federazione già esiste dal 1950, ma con la creazione della FIFA la prima nazionale del Saarland partecipa di diritto alle qualificazioni per il Mondiale 1954.
Con la maglia biancoblu, la piccola rappresentativa viene inserita nel Gruppo 1 con la Norvegia e soprattutto contro la Germania Ovest.
Michelangelo Rampulla è sicuramente uno dei
più ricordati ed apprezzati numeri 12 degli anni novanta.
Siciliano DOC, nasce a Patti, nel
messinese, il 10 di agosto del 1962. Calcisticamente cresce nella squadrabianconera della piccola cittadina, la
Pattese, inizialmente con il ruolo di attaccante. Il padre, grande appassionato
di calcio, vista la stazza (quasi 190 cm per 82 chilogrammi) lo convinse a
cambiare ruolo, diventò portiere. Scelta che si rivelò fondamentale per lo
sviluppo della carriera.
Esordì in prima squadra nella stagione 1979/1980 a soli 17 anni. Le buonissime prestazioni convinsero l'altrettanto giovane
Direttore Sportivo del Varese Beppe Marotta ad integrare in squadra il 18enne
Rampulla. In un balzo solo, dalla promozione in Serie D alla B.
Lo Sheriff Tiraspol, oggi gioca in Europa League e sentendo questo nome in molti hanno difficoltà a collocarlo su una cartina europea; se poi vi dicessimo che questa squadra rappresenta uno stato chiamato Transnitria la confusione diventa totale.
Dov'è la Transnitria? O meglio cos'è la Transnitria?
Sarebbe inutile armarsi di atlante geografica lo stato della Transnitria non lo trovereste perchè è uno stato de facto riconosciuto solo dalla Russia e mal tollerato dalla Moldavia il cui territorio dovrebbe comprendere anche quello della Transnitria. Ma per capire questa situazione così strana bisogna fare un salto indietro nel tempo e più precisamente al 1940 quando Moldavia e Transnitria passarono dall'essere l'estrema parte orientale della Romania a Repubblica costituente dell'URSS in seguito agli accordi del patto Molotov-Ribbentropp.
(confine Transinitria-Moldavia)
Dopo il crollo sovietico firmato perestrojka e glasnost la Moldavia si dichiarò indipendente a scapito dei cittadini russi, i quali si ritirarono oltre il fiume Dnistro dichiarando la regione indipendente con il nome di Repubblica Moldava di Pridnestrovie.