giovedì 25 febbraio 2016

KOREAN WILD HORSE

Ci sono calciatori che a prima vista ti colpiscono per il loro aspetto fisico o per la particolarità del loro look, in apparenza stravagante o in controtendenza rispetto ai modi o agli stili di una particolare epoca.
Negli anni '80 le treccine del grande Ruud Gullit generano negli appassionati sensazioni contrastanti: curiosità e sorpresa lasciano spazio anche a qualche miope critica, vista la particolarità dell’acconciatura del campione originario del Suriname.
Per il Mondiale del 1990 come ogni bambino italiano ho collezionato le relative figurine, al tempo uno dei pochi mezzi per poter avere confidenza con i lineamenti e le caratteristiche dei giocatori delle altre nazionali.
Ricordo quando, bustina dopo bustina, sono riuscito a completare la sezione della Corea del Sud, imbattendomi in un giocatore che risaltava in modo netto rispetto ai compagni di squadra: ai miei occhi di bambino i giocatori asiatici sembrano tutti simili tra loro, con capelli corti e pettinati, tranne Kim Joo-Sung, che con i suoi lunghi capelli neri, rappresentava un vero elemento di rottura dell'immagine austera di tale nazione


La mia impressione infantile si rivela a conti fatti corretta e condivisibile, dal momento che il giocatore coreano è storicamente soprannominato cavallo pazzo, per il grande correre sul campo che mette ancora maggiormente in mostra la folta capigliatura.

giovedì 18 febbraio 2016

L'ALTRO MULLER

Nel calcio tedesco il cognome Müller suscita storicamente grandi emozioni nei tifosi di ogni età, essendo le più recenti epoche calcistiche segnate dalla presenza di campioni recanti tale denominazione.
Indubbiamente il più famoso di tutti è il prolifico Gerd Müller, che con i suoi 730 gol in carriera e le due affermazioni nel Pallone d'Oro può essere definito come un'autentica leggenda.
Attualmente abbiamo la possibilità di ammirare Thomas Müller, poliedrico giocatore del Bayern Monaco, in grado di coniugare in modo fenomenale i movimenti di un centrocampista con il fiuto del gol di una punta.

venerdì 12 febbraio 2016

FLAVIO ZANDONA', L'ORGOGLIO PRIMA DI TUTTO

Ai più, il nome di Flavio Zandonà risulterà pressochè sconosciuto. Ed in effetti la sua carriera calcistica non è mai sbocciata al di fuori del continente Americano.
Flavio Gabriel, comunemente chiamato "El Chino" nasce l'8 Aprile del 1967 a Zarate, la "capitale provinciale del Tango" sulle rive del Rio Paranà nella provincia di Buenos Aires.
La carriera di Zandonà ha inizio nella squadra del paese, il Club Atletico Belgrano di Zarate. Con la maglia bianco-azzurra si è formato come difensore centrale e a Zarate ha giocato fino all'età di 22 anni ovvero fino a quando gli osservatori del San Lorenzo de Almagro lo segnalarono ai piani alti della società. Non sfondò con la maglia del Ciclòn e venne ceduto nel 1994 al più modesto, almeno per il momento, Velez Sarsfield.
 
 
Si rivelerà infatti la scelta più azzeccata della carriera.  Al Velez, agli ordini di un mostro sacro come Carlos Bianchi (che ebbe l'intuizione di trasformarlo terzino destro, facendolo diventare un perno fondamentale della squadra) vinse il Torneo Apertura con 6 punti di distacco sul Racing e nel 1996, con in porta un certo Chilavert, il Torneo Clausura. In ambito internazionale vanta una vittoria in Copa Libertadores, una Recopa Sudamericana e una Supercopa.

mercoledì 10 febbraio 2016

PREGUINHO

La nostra abitudine ad un calcio ricco e “viziato” ci ha fatto perdere in parte il vero spirito che sorregge ogni tipo di disciplina sportiva.
Per molti l’avvento del professionismo ha fatto diventare la figura dell’atleta molto simile a quella di un operaio specializzato, in grado di convertire in sonante moneta le sue preziose prestazioni sportive.
Oramai quando parliamo di un calciatore sappiamo tutto anche dell’aspetto economico, finendo, talvolta, per dare maggiore importanza a tale ambito rispetto a quello tecnico e perché no romantico.
Per decontaminarci da tale visione materiale occorre, come sempre, andare indietro nel tempo, quando il calcio era un passatempo e quando l’attaccamento alla maglia aveva un autentico significato morale.
Ricordando la prima edizione del Mondiale del 1930, non possiamo che sorridere di fronte alla carente quanto dilettantistica organizzazione ed alla presenza di improbabili personaggi in campo e fuori.
Tuttavia, accanto a situazioni di carattere grottesco, la prima rassegna mondiale è nobilitata anche dalla presenza di veri e propri campioni, annoverabili tra i più forti dell’epoca.
La rappresentativa brasiliana, ad esempio, si presenta al via della competizione forte del suo calcio funambolico e del suo prolifico centravanti.
Il nome di tale prodigioso centravanti è João Coelho Neto, ma per i tifosi verdeoro e per quelli del Fluminense è diventato leggenda con il soprannome di Preguinho.
Nato a Rio de Janeiro nel 1905, ha la possibilità di trascorrere un’infanzia agiata e serena, grazia alla figura del padre Henrique Maximiliano Coelho Neto, noto ed apprezzato scrittore.
Tale condizione gli permette di dedicarsi con grande passione allo sport, diventando un vero patito di moltissime discipline.