Le ben note tensioni politiche e sociali che da sempre accompagnano lo stato d'Israele hanno visto quest'ultimo diventare nemico virtuale di molte altre nazioni.
Il calcio assorbe in pieno tale negativa situazione, con la conseguenza che Israele sia diventato una vera e propria "gatta da pelare" ad ogni sorteggio.
Alla vigilia del Mondiale 1970, ad esempio, sembra che nessuna squadra voglia giocare contro Israele, soprattutto nel continente asiatico, dove viene osteggiato da più nazioni.
Per semplificare le cose il massimo organo calcistico mondiale crea ad hoc un girone comprendente, oltre ad alla rappresentativa israeliana, la Nuova Zelanda e la Corea del Nord.
Quest'ultima si rifiuta categoricamente di giocare contro i giocatori con la stella di David, lasciando che l'accesso della fase finale si decida con un doppio spareggio con la selezione neozelandese.
Quest'ultima viene convinta, pare dietro pagamento, a giocare entrambe le gare a Tel Aviv, rendendo l'esito della sfida ancora più sbilanciato nei confronti di Israele, sulla carta già ampiamente favorito.
In campo non c'è praticamente storia e le due vittorie ottenute (4-0 e 2-0), segnalano la crescita del movimento israeliano e l'ancora lento sviluppo del calcio dalle parti dell'Oceano Pacifico.
Più dura si dimostra invece la sfida finale contro l'Australia, battuta a Tel Aviv per 1-0 con un gol di Giora Spiegel e contenuta a Sydney fino al gol di Mordechai Spiegler all'82° inutilmente pareggiato da Watikiss cinque minuti dopo.
Come risultato di tale situazione lunga e grottesca, Israele ottiene, per la prima e finora ultima volta, l'accesso alla fase finale di un Mondiale.
La rappresentativa che atterra a Città del Messico porta con se un alone di mistero, essendo praticamente sconosciuta a più di un osservatore.