La tanto famosa globalizzazione negli ultimi anni è arrivata anche nella nicchia del calcio, facendo sì che le varie squadre di club siano composte da giocatori provenienti da ogni angolo del mondo.
Siamo ormai avvezzi a vedere in campo campioni o presunti tali provenienti da nazioni in apparenza sconosciute o comunque sia lontane da quello che è lo storico riferimento geofrafico del settore calcistico.
Da quando è stato possibile tesserare giocatori al di fuori dell'Europa, le squadre del nostro continente hanno attinto, prevalentemente, dal Sud America, portando a casa i migliori esponenti del calcio latino, con indubbia preferenza per Brasile, Argentina, Uruguay e Cile.
Negli anni '80 il continente africano non era stato ancora considerato e solo anni più tardi sarebbe diventanto "terra di conquista" per tutti i club europei.
Appare logico come, in quel periodo, allargare gli orizzonti addirittura verso il continente oceanico appariva davvero insensato, considerando il basso livello che i tornei dello stesso offrivano. Inoltre era assai difficile poter monitorare tornei così lontani ed internet non era ancora l'utile strumento attuale; in sostanza le possibilità di incappare nel cosidetto "bidone" erano davvero alte.
Tuttavia c'è stato chi ha rotto questi luoghi comuni e nel 1981 decide di portare in Inghilterra un giocatore della Nuova Zelanda, terra conosciuta esclusivamente per il rugby.
Gli artefici di questo rivoluzionario progetto sono i dirigenti del Norwich City, che si assicurano le prestazioni di tal Wynton Rufer, attaccante del Wellington United. Se il nome appare al momento sconosciuto, vale la pena anticipare come al termine della carriera sarà insignito come miglior giocatore neozelandese di sempre. Questo grazie ad un classe sublime ed ai suoi gol, ben 170 nella sua esperienza europea che andiamo di seguito a descrivere.
Nasce proprio a Wellington nel 1962 ed all'inizio di carriera gioca come portiere, cambiando ruolo in seguito, in virtù delle sue ottime doti tecniche.
Le buone prestazioni con la squadra della sua città convincono appunto il Norwich a puntare su di lui, ma in Inghilterra non si ambienta e decide di ritornare in patria, nelle file dei Miramar Rangers.
L'anno 1982 è un anno importante per il calcio, infatti si giocano i Mondiali in Spagna e la Nuova Zelanda ottiene una storica qualificazione alla fase finale.
Inserita in un girone con Brasile, URSS e Scozia, la squadra degli "All Whites" perde tutte le partite, ma sui taccuini dei dirigenti europei viene annotato il nome di Rufer, che sembra davvero un giocatore di valore, tenuto conto anche della sua giovane età.
Nella stessa estate viene ingaggiato dallo Zurigo, che gli consente di ritornare in Europa dopo solo un anno. La sua esperienza nel campionato elvetico si rivela di straordinaria importanza per la sua carriera, permettendogli di conseguire quell'esperienza necessaria per giocare ad altissimi livelli.
Rufer è un attaccante molto completo, dalle movenze eleganti quanto efficaci, spietato in zona gol così come bravo a svariare su tutto il fronte offensivo.
Calcia preferibilmente di destro, ma in pratica è ambidestro; tale qualità lo rende letale in area di rigore, dove riesce a trovare la porta con grande facilità.
Dotato anche di un fisico possente, si fa ottimamente valere nel gioco aereo, sfruttando i traversoni dei compagni o fungendo da valido punto di riferimento per le gittate dalla lunga distanza della propria difesa.
La sua è un'interpretazione moderna del ruolo, mostrandosi davvero come un attaccante difficile da marcare, proprio perchè valido in ogni fondamentale e determinante in ogni zona a ridosso dei 16 metri avversari.
La sua capacità di svariare lo rende utile anche per i movimenti dei compagni ed è inoltre bravo nel fornire assist di pregevole fattura, scaturiti anche dalla sua indubbia precisione di calcio.
A Zurigo resta per quattro stagioni, completando la sua maturazione tecnica e segnando 38 reti in 100 apparizioni.
Nel 1987 passa all'Arau dove in tutte le competizioni segna ben 31 reti, tanto da meritarsi la chiamata di una delle squadra svizzere più blasonate, il Grasshoppers.
La sua seconda esperienza a Zurigo è molto positiva, contribuendo alla vittora della Coppa di Svizzera e mettendo a segno 18 reti nelle 36 partite disputate.
L'eco delle sue ottime prestazioni arriva anche nella vicina Germania e nel 1989 il forte giocatore neozalandese passa all'ambizioso Werder Brema di Otto Rehhagel.
La squadra è giovane e talentuosa, potendo contare su elementi in piena rampa di lancio, come il portiere Reck, Votava, Eilts e Karl Heinz Riedle.
Nella stagione 1989/1990 il Werder Brema ottiene il settimo posto in campionato, ma è nelle coppe che da il meglio di se, nonostante non riesca a vincere nessun trofeo. In Coppa di Germania è fermato in finale dal Kaiserslautern, mentre in Coppa Uefa l'avventura si arresta in semifinale, per mano della Fiorentina.
In questa competizione Rufer si mette comunque in mostra al pubblico italiano ,segnando due reti contro il Napoli, nelle due sfide vinte per 2-3 e 5-1.
Nel secondo anno a Brema, arriva per il forte attaccante la prima vittoria in un torneo importante, riuscendo a vincere quella coppa nazionale sfuggita la stagione precedente.
In particolare spicca la sua tripletta nella semifinale contro l'Eintracht Francoforte, decisiva per il pirotecnico 6-3 finale.
La finale viene vinta per 4-3 contro il Colonia e Rufer ha il merito di segnare la prima rete della sua squadra.
I miglioramenti dei ragazzi di Rehhagel sono continui e la stagione 1991/1992 viene ricordata come quella della prima affermazione internazionale, la vittoria della Coppa delle Coppe.
Tale competizione viene vinta in finale contro il Monaco e la punta neozelandese segna il secondo gol nel 2-0 finale per i tedeschi.
Questo risulta essere il suo quarto gol nel suddetto torneo: curiosamente gli altri 3 li segna tutti in un'unica partita contro i rumeni del Baçau e per di più in soli 31 minuti.
Nella stagione successiva arriva per Rufer la prima ed unica affermazione in Bundesliga, con il Werder Brema che precede di una sola lunghezza il Bayern Monaco.
Ovviamente il contributo del centravanti è notevole, con ben 17 reti segnate, 2 delle quali realizzate nel decisivo 4-1 contro i diretti rivali in classifica.
Nello stesso anno il club perde la Supercoppa Europea contro il Barcellona, in una doppia sfida terminata con un pareggio all'andata ed una sconfitta per 2-1 al Camp Nou. In quest'ultimo incontro, Rufer ha il merito di segnare il momentaneo pareggio su calcio di rigore.
La stagione 1993/1994 vede il Werder Brema faticare in campionato, dove ottiene solo un deludente ottavo posto. Molto meglio il cammino in Champions League, dove Rufer e compagni arrivano fino al girone finale, concluso al terzo posto dietro a Milan e Porto.
Proprio l'ispirato centravanti si laurea capocannoniere del torneo con 8 reti, 4 delle quali segnate nel decisivo girone finale, compresa una segnata su rigore proprio contro il Milan.
A parziale consolazione arrivano due importanti successi: la vittoria nella Supercoppa di Germania, dopo una lunga finale contro il Bayer Leverkusen. Rufer realizza il penalty del provissorio 2-1, appena prima che Kirsten fissi il risultato sul 2-2. Dopo i calci di rigore la vittoria va al Werder Brema, con la punta che si conferma freddissimo dal dischetto, realizzando il suo tentativo.
L'altra affermazione arriva in Coppa di Germania, grazie alla vittoria per 3-1 contro il Rot-Weiss Essen. La terza rete la segna proprio Rufer, mettendo il suo immancabile sigillo sulla partita.
L'ultima stagione della punta oceanica a Brema vede la squadra terminare al secondo posto in campionato alle spalle del Borussia Dortmund, che prevale di una sola lunghezza.
Nella Coppa delle Coppe il Feyenoord la elimina negli ottavi di finale, mettendo fine alle velleità di replicare il successo del 1992.
L'unica affermazione arriva nuovamente nella Supercoppa, dove vengono battuti per 3-1 i rivali del Bayern Monaco. La partita viene decisa ai supplementari ed ancora una volta a chiudere i conti ci pensa Rufer.
La sua avventura con i biancoverdi termina nel 1995, quando accetta l'offerta della squadra giapponese del JEF United. Nel campionato nipponico segna 25 reti in 49 partite, ma il richiamo del calcio europeo è ancora forte, tanto da venire tesserato dal Kaiserlsautern nel 1996.
La sua seconda esperienza nella Bundesliga non è felicissima, anche perchè è arrivata nella parte finale della sua brillante carriera. Dopo solo 13 apparizioni e 4 reti decide di tornare nella sua nazione natale, per giocare fino al 2002 con le maglie del Central United, del North Shore United e dei Footbal Kingz.
Nel 1997 termina anche la sua esperienza con la maglia della nazionale, chiudendo con 17 reti in 38 partite ed il riconoscimento di giocatore più forte del secolo.
L'analisi della sua carriera lo lega indiscutibilmente al Werder Brema, con il quale ha vinto in ogni contesto, dimostrandosi decisivo in termini di realizzazioni e giocate positive per i compagni,
Rufer può essere considerato uno degli attaccanti più forti del periodo, proprio in virtù della sua intelligenza tattica e di una tecnica finissima, messe al servzio della squadra in modo perfetto.
La sua abilità risiede anche nell'essersi ambientato ad un contesto diverso dal suo, probabilmente aiutato dall'ambiente svizzero, che lo ha aiutato non solo dal punto di vista tecnico.
Resta il fatto che le iniziali diffidenze sono ben presto svanite e la sua crescita come attaccante e uomo squadra è stata costante, arrivando al top del calcio europeo, al cospetto dei grandi campioni protagonisti del momento.
Tante volte il paese di origine di un giocatore non è indicativo del suo valore e negli anni '80 il pubblico europeo si è reso conto che anche l'altra parte del mondo può produrre ottimi giocatori. Oppure, come in questo casi, veri e propri campioni.
Giovanni Fasani
Calcia preferibilmente di destro, ma in pratica è ambidestro; tale qualità lo rende letale in area di rigore, dove riesce a trovare la porta con grande facilità.
Dotato anche di un fisico possente, si fa ottimamente valere nel gioco aereo, sfruttando i traversoni dei compagni o fungendo da valido punto di riferimento per le gittate dalla lunga distanza della propria difesa.
La sua è un'interpretazione moderna del ruolo, mostrandosi davvero come un attaccante difficile da marcare, proprio perchè valido in ogni fondamentale e determinante in ogni zona a ridosso dei 16 metri avversari.
La sua capacità di svariare lo rende utile anche per i movimenti dei compagni ed è inoltre bravo nel fornire assist di pregevole fattura, scaturiti anche dalla sua indubbia precisione di calcio.
A Zurigo resta per quattro stagioni, completando la sua maturazione tecnica e segnando 38 reti in 100 apparizioni.
Nel 1987 passa all'Arau dove in tutte le competizioni segna ben 31 reti, tanto da meritarsi la chiamata di una delle squadra svizzere più blasonate, il Grasshoppers.
La sua seconda esperienza a Zurigo è molto positiva, contribuendo alla vittora della Coppa di Svizzera e mettendo a segno 18 reti nelle 36 partite disputate.
L'eco delle sue ottime prestazioni arriva anche nella vicina Germania e nel 1989 il forte giocatore neozalandese passa all'ambizioso Werder Brema di Otto Rehhagel.
La squadra è giovane e talentuosa, potendo contare su elementi in piena rampa di lancio, come il portiere Reck, Votava, Eilts e Karl Heinz Riedle.
Nella stagione 1989/1990 il Werder Brema ottiene il settimo posto in campionato, ma è nelle coppe che da il meglio di se, nonostante non riesca a vincere nessun trofeo. In Coppa di Germania è fermato in finale dal Kaiserslautern, mentre in Coppa Uefa l'avventura si arresta in semifinale, per mano della Fiorentina.
In questa competizione Rufer si mette comunque in mostra al pubblico italiano ,segnando due reti contro il Napoli, nelle due sfide vinte per 2-3 e 5-1.
Nel secondo anno a Brema, arriva per il forte attaccante la prima vittoria in un torneo importante, riuscendo a vincere quella coppa nazionale sfuggita la stagione precedente.
In particolare spicca la sua tripletta nella semifinale contro l'Eintracht Francoforte, decisiva per il pirotecnico 6-3 finale.
La finale viene vinta per 4-3 contro il Colonia e Rufer ha il merito di segnare la prima rete della sua squadra.
I miglioramenti dei ragazzi di Rehhagel sono continui e la stagione 1991/1992 viene ricordata come quella della prima affermazione internazionale, la vittoria della Coppa delle Coppe.
Tale competizione viene vinta in finale contro il Monaco e la punta neozelandese segna il secondo gol nel 2-0 finale per i tedeschi.
Questo risulta essere il suo quarto gol nel suddetto torneo: curiosamente gli altri 3 li segna tutti in un'unica partita contro i rumeni del Baçau e per di più in soli 31 minuti.
Nella stagione successiva arriva per Rufer la prima ed unica affermazione in Bundesliga, con il Werder Brema che precede di una sola lunghezza il Bayern Monaco.
Ovviamente il contributo del centravanti è notevole, con ben 17 reti segnate, 2 delle quali realizzate nel decisivo 4-1 contro i diretti rivali in classifica.
Nello stesso anno il club perde la Supercoppa Europea contro il Barcellona, in una doppia sfida terminata con un pareggio all'andata ed una sconfitta per 2-1 al Camp Nou. In quest'ultimo incontro, Rufer ha il merito di segnare il momentaneo pareggio su calcio di rigore.
La stagione 1993/1994 vede il Werder Brema faticare in campionato, dove ottiene solo un deludente ottavo posto. Molto meglio il cammino in Champions League, dove Rufer e compagni arrivano fino al girone finale, concluso al terzo posto dietro a Milan e Porto.
Proprio l'ispirato centravanti si laurea capocannoniere del torneo con 8 reti, 4 delle quali segnate nel decisivo girone finale, compresa una segnata su rigore proprio contro il Milan.
A parziale consolazione arrivano due importanti successi: la vittoria nella Supercoppa di Germania, dopo una lunga finale contro il Bayer Leverkusen. Rufer realizza il penalty del provissorio 2-1, appena prima che Kirsten fissi il risultato sul 2-2. Dopo i calci di rigore la vittoria va al Werder Brema, con la punta che si conferma freddissimo dal dischetto, realizzando il suo tentativo.
L'altra affermazione arriva in Coppa di Germania, grazie alla vittoria per 3-1 contro il Rot-Weiss Essen. La terza rete la segna proprio Rufer, mettendo il suo immancabile sigillo sulla partita.
L'ultima stagione della punta oceanica a Brema vede la squadra terminare al secondo posto in campionato alle spalle del Borussia Dortmund, che prevale di una sola lunghezza.
Nella Coppa delle Coppe il Feyenoord la elimina negli ottavi di finale, mettendo fine alle velleità di replicare il successo del 1992.
L'unica affermazione arriva nuovamente nella Supercoppa, dove vengono battuti per 3-1 i rivali del Bayern Monaco. La partita viene decisa ai supplementari ed ancora una volta a chiudere i conti ci pensa Rufer.
La sua avventura con i biancoverdi termina nel 1995, quando accetta l'offerta della squadra giapponese del JEF United. Nel campionato nipponico segna 25 reti in 49 partite, ma il richiamo del calcio europeo è ancora forte, tanto da venire tesserato dal Kaiserlsautern nel 1996.
La sua seconda esperienza nella Bundesliga non è felicissima, anche perchè è arrivata nella parte finale della sua brillante carriera. Dopo solo 13 apparizioni e 4 reti decide di tornare nella sua nazione natale, per giocare fino al 2002 con le maglie del Central United, del North Shore United e dei Footbal Kingz.
Nel 1997 termina anche la sua esperienza con la maglia della nazionale, chiudendo con 17 reti in 38 partite ed il riconoscimento di giocatore più forte del secolo.
L'analisi della sua carriera lo lega indiscutibilmente al Werder Brema, con il quale ha vinto in ogni contesto, dimostrandosi decisivo in termini di realizzazioni e giocate positive per i compagni,
Rufer può essere considerato uno degli attaccanti più forti del periodo, proprio in virtù della sua intelligenza tattica e di una tecnica finissima, messe al servzio della squadra in modo perfetto.
La sua abilità risiede anche nell'essersi ambientato ad un contesto diverso dal suo, probabilmente aiutato dall'ambiente svizzero, che lo ha aiutato non solo dal punto di vista tecnico.
Resta il fatto che le iniziali diffidenze sono ben presto svanite e la sua crescita come attaccante e uomo squadra è stata costante, arrivando al top del calcio europeo, al cospetto dei grandi campioni protagonisti del momento.
Tante volte il paese di origine di un giocatore non è indicativo del suo valore e negli anni '80 il pubblico europeo si è reso conto che anche l'altra parte del mondo può produrre ottimi giocatori. Oppure, come in questo casi, veri e propri campioni.
Giovanni Fasani