Chi ha dimestichezza con il calcio magiaro concorderà sul fatto che Lajos Détárisia uno dei più fulgidi talenti espressi dall'Ungheria dopo la fine del leggendario ciclo dell'Aranycsapat.
Purtroppo per lui il suo nome viene ancora oggi rimembrato anche come uno dei più grandi dispersori di tale virtù, dal momento che il particolare carattere lo ha frenato in molte occasioni.
Accenni di vita non proprio professionale, un forte e limitante egocentrismo e la tendenza a concedersi molte pause fanno pesantemente a cazzotti con una tecnica eccezionale, un piede destro sublime ed una classe innata da vero fuoriclasse.
In Italia il trequartista di Budapest ha incantato ad isolati sprazzi con le maglie di Bologna, Ancona e Genoa, restando in tali contesti poco di più che una promessa mancata.
In carriera, tuttavia, il suo suscettibile ego è riuscito talvolta ad assecondarne il genio, finendo per consentirgli di essere uno vero trascinatore.
Per conferme basta chiedere ai tifosi dell'Eintracht Francoforte, che nella stagione 1987/1988 vedono la propria squadra imporsi nella Coppa di Germania grazie, prevalentemente, alle giocate di un ispirato Détári .
Le Aquile iniziano la stagione con un nuovo allenatore, Karl-Heinz Feldkamp, il quale di buon grado accoglie in squadra il fantasista ungherese, al momento uno dei prospetti più interessanti e contesi del continente.
In una nazione calciofila come l'Italia ogni bambino viene appena possibile indirizzato all'esercizio dell'antica arte pedatoria, grazie alla portata mediatica di tale sport ed alle grandi spontanee quanto intrusive insistenze famigliari.
Le altre discipline si riservano una nicchia relativa, spesso tristemente ancora al retaggio culturale/territoriale o alle solita ingerenze genitoriali, in una sorta di "romantico" passaggio di consegne.
Con una tale ristretta visione molti appassionati potrebbero sorprendersi nell'apprendere che molti grandi calciatori hanno iniziato la carriera agonistica cimentandosi in sport diversi.
In un nostro precedente articolo abbiamo raccontato di come il turco Can Bartu fosse in giovane età un eccelso talento della pallacanestro, arrivando addirittura in nazionale, prima che la passione per il calcio lo portasse anche a giocare nel selettivo campionato italiano.
Sempre dalla Turchia arriva una altro esempio di un atleta doppiamente dotato in due sport, tanto da eccellere in entrambi fino a quando il pallone non lo ha reso una leggenda nazionale.
A tal proposito Aycut Kocaman è ancora oggi ricordato come uno dei cinque calciatori turchi ad aver segnato 200 gol in campionato, ma tutto era partito dalla ginnastica.
La sua adolescenza sportiva è ugualmente divisa tra calcio e ginnastica, facendo parte rispettivamente della squadra dilettantistica del Kabataş Altınmızrak e della rappresentativa Eczacıbaşı.
Il 22 settembre 2015 il grande centravanti polacco Robert Lewandowski stupisce il mondo realizzando 5 reti in 9 minuti contro il Wolsburg, dando nuovamente prova del proprio talento e del proprio fiuto del gol. All'indomani della prodigiosa prodezza realizzativa i media ne hanno giustamente esaltato il valore, alcuni sostenendo altresì come nessuno prima di lui fosse riuscito a centrare un "pokerissimo" in così pochi minuti. In realtà c'è chi è riuscito a fare addirittura meglio, mettendo a segno le 5 segnature in appena 7 minuti. Il prolifico attaccante in questione è l'ungherese Ferenc Hirzer e per rinverdire i fasti di tale record di segnature dobbiamo andare indietro nel tempo di molti anni, precisamente al 20 giugno 1926.
L'ambito di riferimento è il campionato italiano, del quale si gioca la ventunesima giornata, con la Juventus, futura vincitrice del torneo, impegnata sul campo del Mantova.
Nel corso del tempo il calcio di rigore, da semplice tiro di massima punizione, è diventato oggetto di varie forme di realizzazione, con le quali campioni o presunti tali hanno dimostrato la propria classe e la propria inventiva.
Abbiamo così imparato a fare conoscenza con tiri con lunga rincorsa, calciati da fermo, eseguiti dopo audaci finte e via dicendo.
Nel 1976 Antonín Panenka ha sorpreso il mondo con il suo "cucchiaio", ripreso in molte occasioni anche di recente, visto da tutti come un vero e proprio azzardo, ma, al tempo stesso, sinonimo di estrema sicurezza nei proprio mezzi.
Il leggendario Johan Cruijff nel 1982 ha mostrato al mondo come il penalty possa essere trasformato dopo due tocchi con un compagno, sfruttando in tal senso un disposizione del regolamento che pochi conoscono.
Il Profeta del gol ha ispirato nel 2016 Leo Messi e Luis Suarez e forse anche Robert Pires e Thierry Henry qualche anno prima, anche se il risultato per i due francesi è stato quantomeno comico.
Cosa manca all'appello? Quale altra particolare trovata si può applicare per quello che è nato come un tiro da undici metri con il solo portiere ad evitare la realizzazione?
Mancherebbe all'appello un rigore calciato con la "rabona", vale a dire quel particolare vezzo tecnico con la quale si calcia incrociando di fatto le gambe.
Di derivazione castigliana, la paternità di tale giocata viene attribuita da alcuni a Riccardo Infante, che nel 1948 segnò in tale modo durante un'azione di gioco. Possibile che nella lunga storia del calcio nessuno abbia mai pensato ad una simile modalità di esecuzione dagli undici metri?
Qualcuno in effetti si è cimentato con successo in tale tentativo: nel 1985 Ricardo Paciocco decide la sfida tra Reggina e Triestina trasformando con la rabona il rigore del 2-1 a favore degli amaranto.
Il giocatore nato in Venezuela è alla prima stagione nel capoluogo e viene da discrete esperienze in seria A con le maglie di Pisa e Lecce, dove non è mai riuscito però ad imporsi come attaccante titolare. Pur non essendo un prolifico realizzatore è dotato di tecnica ed estro, oltre che di grande perizia tattica e di spirito di sacrificio. Lo si può definire il classico giocatore sempre apprezzato dagli allenatori, i quali sono disposti a chiudere un occhio sul carattere fumantino e su qualche bonaria "pazzia". Nell'estate del 1989 il nuovo tecnico Bruno "Maciste" Bolchi punta su di lui e sull'attaccante Fulvio Simonini, supportati dalla promessa Massimo Orlando, per ottenere la promozione nella massima serie, dopo che l'anno precedente la stessa era sfuggita a seguito dello spareggio contro la Cremonese La coppia di attaccanti non conferma però sul campo il potenziale realizzativo della vigilia, con Paciocco che segna solamente 7 reti nelle 29 partite disputate. Ma, come anticipato, una di queste merita di essere ricordata per la maniera con la quale è stata realizzata. Siamo alla trentacinquesima giornata e la Reggina è in piena lotta promozione quando al Granillo si presenta la Triestina, a sua volta impegnata nella corsa alla salvezza. Al 75° minuto sul risultato di 1-1 viene decretato un calcio di rigore a favore dei padroni di casa e sul dischetto si presenta, come detto, Paciocco.
La scelta del tipo di esecuzione e quello che succede dopo è entrato di fatto nella leggenda popolare e molte sono state le interpretazioni e indiscrezioni sulla vicenda. Il giocatore, intervistato anni dopo, spiega in questo modo la decisione di fare la rabona. “ Quel
rigore fu un attimo di pazzia. Quando guardai il portiere, prima di tirare, lo
vidi fermo di fronte a me. Mi raccontarono che il mister disse, “calcia di
sinistro?”. Gli rispose Cascione, “no, mister, fa la rabona”. Stavo per tirare
e sentii un urlo disperato, “no!”. Troppo tardi. Feci la rabona, la palla
gonfiò la rete e l’atmosfera negli istanti immediatamente successivi fu
surreale. La nostra gente quasi non realizzava quanto fosse successo. Per me è
stato solamene
un modo per spiazzare il portiere e fare gol” (Fonte www.strettoweb.com). Si inizia a parlare anche di una possibile scommessa che il giocatore avrebbe proposto all'allenatore Bolchi in un allenamento prima della partita:" Mister, scommettiamo che domenica se ci danno un rigore lo calcio con la rabona?". Il tecnico milanese, dall'alto della grande esperienza e personalità, non da peso alle parole del suo giocatore, mettendo fine alla discussione con un bonario " va bene, però adesso pensa a lavorare". Non è dato sapersi se Paciocco abbia preso la risposta dell'allenatore come un'autorizzazione, fatto sta che nel momento fatidico non mostra reticenza nel mettere in atto il suo particolare piano. L'eccezionalità del gesto è tale che anche i giornalisti presenti allo stadio non si accorgono subito della rabona, dando solamente notizia dell'avvenuta trasformazione. Saranno solo i replay e l'occhio attendo degli appassionati a notare che Paciocco ha di fatto calciato con il sinistro, incrociando le gambe. Un moto atipico per lasciare il proprio nome nella storia del calcio italiano, in attesa che qualche altro spavaldo calciatore si cimenti in un rigore con la rabona. O per meglio dire un rigore "alla Paciocco".
Se provassimo ad associare le parole centromediano ed oriundo nella nostra mente apparirebbe la massiccia figura di Luisito Monti, eccellenza nel ruolo e campione del mondo nel 1934 con l'Italia, dopo essere arrivato secondo quattro anni prima con l'Argentina.
In realtà in Sudamerica è sbocciato un altro fulgido talento di tale mansione, arrivato anche lui in Italia ed anche lui vincitore del Mondiale in maglia azzurra. Parliamo del grande Miguel Angel Andreolo, autentico fuoriclasse nato in Uruguay da genitori emigrati dalla provincia di Salerno e diventato leggendario con la maglia del Bologna e con quella della nazionale di Vittorio Pozzo.
Nato a Carmelo in terra uruguagia nel 1912, mette subito in mostra doti fisico/tecniche che lo mettono all'attenzione del Nacional, nel quale cresce a livello giovanile e con il quale esordisce nel 1932.
Alla vigilia del Mondiale 1970 il commissario tecnico Mário Zagallo si trova nella piacevole quanto non facile situazione di dover far coincidere a livello tattico sette giocatori dalla tecnica sopraffina e dall'ovvia inclinazione offensiva.
Accanto al mito Pelé troviamo il prolifico Tostão, ai lati dei quali giocano l'imprendibile Jairzinho sulla destra ed il fromboliere Rivelino, il cui sinistro è probabilmente uno dei migliori mai visti nella storia del calcio.
Dietro questo quartetto, accanto all'altrettanto grande Gérson, troviamo l'elemento in grado di dare l'equilibrio ad un squadra sa sogno, dall'alto di un intelligenza tattica straordinaria.
Pur avendo doti tecniche proprie del trequartista, Clodoaldo si erge nel classico ruolo di Volante, passandone alla storia come uno dei più forti di sempre.
E' proprio la sua presenza che consente al tecnico di Maceió di schierare tutte le sue stelle contemporaneamente, offrendo un calcio esteticamente sublime quanto straordinariamente redditizio.