Ogni volta che si parla di calcio le idee sono spesso discordanti, un po' su ogni argomento: modulo, giocatori, allenatori e chi più ne ha più ne metta.
Ognuno di noi è allenatore e pensa di sapere tutto sul calcio anche se è comunque bello scornarsi tra amici senza poi arrivare ad una conclusione definitiva.
In questi ultimi tempi mi è capitato più di una volta di discutere se i più famosi allenatori siano dei bravi allenatori oppure dei totali incapaci; non voglio dilungarmi su queste cose perché le viviamo nel quotidiano.
Personalmente, tra i vari criteri di giudizio, reputo un grande allenatore colui che riesce con "poco" ad ottenere "tanto", a trarre dal gruppo il massimo e ad adattare le caratteristiche dei giocatori al modulo più congeniale.
C'è però un allenatore che credo metta d'accordo tutti sul fatto che è uno dei più grandi della storia del calcio: Velibor "Bora" Milutinovic, un autentico giramondo del pallone.
Bora nasce a Bajina Basta, città serba sul fiume Drina, al confine con la Bosnia nel 1944. Inizia a giocare a calcio sul finire degli anni 50 dapprima nelle serie minori jugoslave per poi trasferirsi nell'OFK Belgrado da cui ottiene la chiamata per militare in una delle due squadre più famose del proprio paese, il Partizan Belgrado.
Centrocampista centrale più di contenimento che di fantasia, milita per 6 anni nella squadra bianconera della capitale racimolando 40 presenze condite da 3 gol.
Nel 1966 decide di lasciare la Jugoslavia per trasferirsi in Svizzera, più precisamente nel Winterthur dove però rimane solo 1 anno prima di approdare nel Principato per giocare nel Monaco e 2 anni dopo approdare al Nizza, 20 chilometri più a sud. Con la maglia rossonera vince l'unico trofeo europeo della sua carriera calcistica, la Supercoppa di Francia del 1970.
Terminata l'avventura al Nizza disputa un'altra stagione nella nazione transalpina con la maglia del Rouen prima di decidere che il suo tempo in Europa è arrivato al capolinea.
Nel 1972 decide di accettare l'offerta dell'UNAM Pumas, squadra messicana di Città del Messico. E' amore a prima vista, con il club centroamericano vince una sola Copa Mexico tra il 1972 ed il 1976, nel frattempo Bora si accasa con quella che è la sua attuale moglie prendendo inoltre la cittadinanza messicana.
Terminata la carriera da calciatore, Bora decide di rimanere in Messico ad allenare proprio il Pumas. Ama molto il paese e per questo decide di accettare l'allettante proposta.
I risultati sono subito stellari, arrivano due titoli nazionali, nel 1977 e nel 1981 grazie anche ai gol di uno dei goleador più prolifici della storia del calcio, Hugo Sanchez.
Nel bel mezzo della sua prima avventura da allenatore riesce anche a conquistare una CONCACAF Champions League nel 1980 e la successiva Copa Interamericana battendo il più blasonato Nacional Montevideo fresco della vittoria nella Libertadores; un'impresa davvero unica se si pensa che nelle 18 edizioni disputate, solamente 4 volte il trofeo è stato vinto da una squadra centronordamericana e, prima del 1980, l'impresa era riuscita solamente al Club America 3 anni prima quando vinse alla bella contro il Boca Juniors.
Bora diventa famoso in tutto il Messico, la gente chiede a gran voce un suo impiego come CT della nazionale e nel 1986 il sogno si avvera. Bora accetta l'offerta della federazione per guidare il Messico ai Mondiali di casa.
L'allenatore serbo convoca 22 giocatori, 21 dei quali militano nel campionato messicano; l'unica eccezione è Hugo Sanchez nel frattempo approdato al Real Madrid. Tra i convocati figura anche Miguel Espana, centrocampista del Pumas presente anche ad USA 94.
L'esordio è contro il Belgio davanti ai 110.000 spettatori dell'Estadio Azteca, dove Quirarte e Sanchez liquidano i belgi in 15 minuti prima dell'inutile gol di Vandenbergh.
Nell'ultima partita contro l'Iraq è ancora il difensore Quirarte a guidare i verdi alla vittoria per 1-0, nel mezzo il buon pareggio contro il Paraguay che arriverà secondo proprio dietro al Messico.
Negli ottavi di finale viene liquidata 2-0 la Bulgaria (reti di Negrete e Servin) ma nei quarti la più forte (sulla carta) Germania elimina il Messico dopo i calci di rigore, fatali, guarda caso, l'errore di Quirarte e successivamente Negrin.
Per il Messico che mai aveva ottenuto tanto in una fase finale di un Mondiale, è di sicuro un ottimo piazzamento; per un attimo il popolo messicano riesce parzialmente a dimenticare il terribile terremoto dell'anno prima.
Milutinovic con Hugo Sanchez |
Dopo l'avventura Mundial, Milutinovic inizia a girare il mondo. Nel 1987 guida per poco tempo prima il San Lorenzo in Argentina e poi l'Udinese nella serie B italiana senza lasciare un particolare segno.
Nel 1990 arriva un'altra impresa. Bora decide di accettare l'offerta della federazione costaricana che lo ingaggia per guidare la nazionale ai Mondiali italiani. Il Costa Rica partecipa al Mondiale per la prima volta, è un'autentica cenerentola e nel girone tutti si aspettano una semplice comparsata; ma non hanno fatto i conti con il serbo.
La nazionale rossoblù presenta 22 giocatori tutti militanti nel proprio campionato, i nomi conosciuti sono pari a zero; il girone li vede opposti a Brasile Scozia e Svezia, 3 nazioni nettamente più blasonate e forti nonostante non stiano attraversando il periodo migliore della loro storia.
Ma l'11 giugno allo stadio Ferraris di Genova si fa la storia: è Cayasso a portare i 2 punti al Costa Rica contro la Scozia al termine di un'azione corale.
La successiva sfida contro il Brasile vede la nazionale costaricense sopperire 1-0 grazie ad un gol di Muller (ex Torino); si arriva quindi alla decisiva sfida con la Svezia che ha 0 punti. Il primo tempo si conclude con il vantaggio vichingo grazie a Johnny Ekstrom (ex Empoli), ma nella ripresa il buon Bora non scompone la squadra ed ottiene una ancor più storica vittoria. Prima Flores e poi Medford stendono la nazionale svedese. Successivamente Medford approderà in Italia al Foggia senza lasciare traccia (12 presenze ed 1 gol).
Negli ottavi di finale arriva però il ciclone Skuhravy che con una tripletta chiude la porta in faccia alla nazionale guidata da Bora (risultato finale 4-1).
Quasi inutile dire che anche per la piccola nazione centroamericana il risultato sia più che soddisfacente.
Nel frattempo la FIFA ha scelto gli Stati Uniti per ospitare i Mondiali del 1994; come tutti ben sappiamo il calcio non è lo sport principale negli States, tuttavia la nazione a stelle e strisce vuole ben figurare.
Viene chiamato quindi a guidare la nazionale proprio Bora che accetta l'incarico nel 1991. Come per gli altri due mondiali, anche la nazionale statunitense ha nella sua rosa molti giocatori che militano in patria, la MLS non è ancora nata e di sicuro non risulta essere un campionato che attira gli appassionati. Ma anche qui ci pensa Bora, il giocatore sicuramente più conosciuto è John Harkes che milita in Inghilterra nel Derby County, figurarsi quindi gli altri; ma per Bora non è assolutamente un problema. Nelle prime due gare arrivano un pareggio contro la Svizzera (1-1) e la vittoria contro la Colombia (2-1) complice un autogol del povero Escobar; la sconfitta contro la Romania nella terza partita qualifica comunque gli Stati Uniti alla fase successiva, dove però trovano il Brasile futuro campione. E' un gol di Bebeto al 72° minuto ad eliminare la squadra di casa.
Il buon risultato del 1994 fa di Milutinovic uno dei migliori commissari tecnici della storia, abile nel selezionare determinati giocatori e bravo a creare un gruppo solido e pronto ad aiutarsi.
E' sicuramente da citare anche la vittoria nella Gold Cup (torneo riservato alle nazioni del centro e nord America) del 1991 e la finale persa nel 1993 nella stessa competizione per mano, ironia della sorte, del Messico con cui ritroverà l'incarico di CT nel 1995 portandolo alla vittoria, sempre della Gold Cup nel 1996, battendo in finale il Brasile 2-0.
Ma Bora fermo non ci riesce proprio a stare. Subito dopo la vittoria della Gold Cup, accetta l'incarico della Nigeria, pronta a misurarsi con Spagna, Bulgaria e Paraguay al Mondiale francese del 1998. A differenza degli altri mondiali, la nazionale africana non presenta nessun giocatore che milita in patria, complice anche la legge Bosman del 1995.
L'esordio al Mondiale è da favola, viene battuta la Spagna 3-2 e successivamente la Bulgaria 1-0 prima della sconfitta contro il Paraguay 3-1. Curioso come i 5 gol della Nigeria siano tutti segnati da marcatori differenti.
Milutinovic ha il coraggio di convocare molti giocatori che hanno non più di 25 anni e che successivamente diventeranno dei buonissimi giocatori ingaggiati anche da club importanti, tra i più famosi possiamo citare Okocha ed Oliseh; questa non è che un'ulteriore testimonianza della bontà nel selezionare i giusti giocatori.
Gli ottavi di finale vedono la Nigeria opposta alla Danimarca; come nelle ultime due esperienze mondiali la squadra allenata da Bora esce agli ottavi di finale. Moller, Laudrup, Sand ed Helveg sotterrano la Nigeria che ha solo il merito di trovare il gol della bandiera grazie a Babangida (altro giovane interessante).
Il popolo nigeriano vede comunque il passaggio del turno (il secondo consecutivo) come una vittoria, vedendo in Milutinovic un professionista serio e di sicura competenza. Bora riesce a lasciare il segno anche qua insomma.
Prima di accettare l'incarico con la Cina in vista del Mondiale nippo-coreano, Bora ritenta un'esperienza con una squadra di club; torna infatti negli Stati Uniti per guidare i New York Metrostars nella stagione 1998-1999, ma anche qui come nelle precedenti panchine (ad eccezione del Pumas) i risultati non sono quelli attesi e Bora torna a fare il CT.
La Cina ottiene la qualificazione ad un Mondiale per la prima volta ma a differenza delle 4 precedenti apparizioni, Bora non riuscirà a qualificare i rossi al turno successivo. La compagine cinese chiuderà il girone con 0 punti e 0 gol fatti.
Questo è attualmente l'ultimo Mondiale disputato da Milutinovic, negli anni successivi cambierà panchina ancora 4 volte, dapprima guidando l'Honduras e poi un altro club, l'Al Sadd con cui vincerà una coppa dell'Emiro. Nel 2006 accetterà l'incarico della Giamaica (6 partite, 6 sconfitte) e dal 2009 è il CT dell'Iraq con cui aveva firmato 3 mesi ma successivamente decise di prolungare il contratto. Nello stesso anno gli toccò guidare la nazionale irachena alla Confederation Cup, per poco non ci scappa l'impresa anche qui, dopo il pareggio contro il Sudafrica, arriverà la sconfitta (1-0) con la Spagna futura campione del mondo ed un altro pareggio contro la Nuova Zelanda; curiosamente l'Iraq chiuderà il girone con 0 gol fatti ed 1 solo subito.
Bora ha l'invidiabile record di aver superato il turno 4 volte su 5 ad un mondiale sempre con nazioni diverse.
Oltre ad essere un ottimo CT è anche persona squisita e di sicura simpatia; famose sono 2 frasi che vi riportiamo qui sotto:
Dopo aver sposato la moglie (miliardaria): "Nascere poveri è una sfortuna, sposarsi una povera è da scemi"
Dopo il Mondiale del 2002: "Prima del mondiale entrai in una chiesa per parlare con Dio. Mi ha chiesto: cosa vuoi Bora? E ho riposto: segnare come la Francia! E Dio mantenne la parola. Francia e Cina furono in questo mondiale le uniche due squadre che non segnarono gol. Certo che io mi riferivo a realizzare come la Francia fece nel 1998"
Al di là di queste simpatiche frasi, siamo davvero di fronte ad un allenatore di sicura competenza e conoscenza calcistica che ha saputo portare le sue nazionali a storiche imprese con la forza del gruppo e delle sue idee ben precise; ma siamo sicuri che un posto d'onore, nel cuore di Bora, lo trova anche il suo amato Pumas, squadra che ha portato sul tetto d'America ed al quale è legato da un profondo sentimento.
Matteo Maggio