Il contesto politico nel quale una persona cresce è indubbiamente fondamentale per la sua futura crescita, determinando in maniera netta le scelte che tale individuo può o non può fare.
La storia è colma di regimi più o meno autoritari che hanno cambiato per sempre la vita di più persone e, inevitabilmente, anche quella di molti calciatori.
Se focalizziamo l'attenzione sul contesto europeo, appare evidente come gli apparati politici di molti paesi dell'est abbiano fortemente limitato la carriera di potenziali campioni, impedendo loro quel salto di qualità che le loro potenzialità avrebbe permesso.
Tale triste situazione vale anche per un paese come la Romania, per più di vent'anni assoggettata alla dittatura della famiglia Ceausescu, arrivata a controllare anche l'ambito calcistico ed a considerare i singoli calciatori come "risorse" indispensabili per il paese.
Forzatamente connessa a tale situazione è senz'altro la carriera di Nicolae Dobrin, considerato negli anni 60/70 come uno dei massimi talenti del vecchio continente.
Nato a Pitesti nel 1947, approda ben presto alla locale squadra dell'Arges Pitesti, dove mette subito in mostra qualità eccezionali e diventa un idolo della locale tifoseria.
Con la compagine della sua città sviluppa un inossidabile legame, che lo porta a rifiutare nel tempo le offerte da parte delle più blasonate ed influenti squadre rumene.
Dobrin è in possesso di grande tecnica e di un dribbling efficacissimo, che lo rendono un trequartista imprevedibile ed in grado di compiere qualsiasi giocata.
In breve diventa celebre per le sue serpentine e per la sua capacità di saltare l'uomo, divenendo un vero incubo per gli avversari ed un valore aggiunto per l'Arges.
Consapevole del proprio talento, in campo ama muoversi libero senza nessuna impostazione tattica, trovando con continuità la giocata personale o l'assist per i compagni, abilità della quale diventa un vero e proprio esperto.
Sin da giovanissimo mostra un forte e talvolta altezzoso carattere, che lo porta il più delle volte ad avere atteggiamenti da sbruffone nei confronti degli avversari, ai quali non risparmia dichiarazioni di scherno.
Diventa ben presto un elemento importante anche per la nazionale rumena, in un momento nel quale detta rappresentativa attraversa un non positivo momento.
Alla vigilia del Mondiale del 1970 Dobrin trascina i compagni durante le qualificazioni, permettendo ai Tricolori di volare in Messico per la fase finale.
Ovviamente convocato dall'allenatore Niculescu non viene mai schierato durante le tre partite disputate dalla sua nazionale, eliminata al termine del girone.
La sua esclusione, motivata come scelta tecnica, non pare poter essere connessa alla troppa visibilità che il giocatore riscuote a livello internazionale, sostanzialmente mal vista dal regime di Bucarest.
Altre voci parlano di una sorta di vendetta messa in atto ai suoi danni per punirlo del suo rifiuto di trasferirsi alle storiche società calcistiche più vicine al sistema politico rumeno.
A livello personale non risente più di tanto della delusione, continuando a fare la differenza con la maglia dell'Arges, tanto da portarlo alla vittoria del primo e storico titolo nazionale nella stagione 1971/1972.
Nello stesso periodo torna protagonista con la maglia della sua nazionale, che grazie anche alle sue giocate vince il girone di qualificazione all'Europeo del 1972, per poi giocarsi lo spareggio contro l'Ungheria.
La sfida trova il suo epilogo nella sfida finale di Belgrado vinta dagli ungheresi, dopo i pareggi delle precedenti due partita giocate sui rispettivi campi.
Il calciatore dell'Arges segna anche un gol nella sfida di Bucarest terminata 2-2 e nell'arco delle tre sfide mette in mostra tutto il suo valore, attirando il forte interesse dei più blasonati club europei.
Per lui si muove anche il Real Madrid, che nella persona del presidentissimo Santiago Bernabeu è disposto a spendere la notevole cifra di 2 milioni di dollari per assicurarsi le sue prestazioni.
La proposta è ovviamente molto allettante, sia per il giocatore che per l'Arges, ma il mondo politico rumeno sembra pensarla in maniera contraria.
Pare che il presidente madrileno incontri direttamente il leader Ceausescu per convincerlo a lasciar partire il giocatore, ricevendo però il diniego da parte del dittatore, in quanto Dobrin sarebbe un patrimonio della nazione rumena ed essendo fatto divieto ai proprio cittadini di lavorare per società straniere.
La dirigenza madrilena tenta un ultimo assalto quando Dobrin viene invitato a Madrid per partecipare alla partita di addio del grande Francisco Gento; nonostante le insistenze ed i vantaggi economici promessi la situazione non si sblocca neanche in tale contesto.
Il calciatore vive così in una sorta di "prigione dorata", continuando a giocare a Pitesti fino al 1981 disputando 390 partite e segnando 106 gol.
La più famosa di tali realizzazioni la segna nel 1979 in una pirotecnica vittoria per 4-3 sul campo della Dinamo Bucarest, che consegna all'Arges il suo secondo ed ultimo titolo nazionale.
Il contesto internazionale sembra quasi dimenticarsi di lui, non trovando visibilità nelle poche partite giocare con l'Arges nelle coppe europee e non riuscendo più ad essere decisivo per le sorti della nazionale.
A tal proposito dopo 49 partite decide nel 1980 di dire addio alla maglia della nazionale, mettendo fine ad un rapporto abbastanza tribolato, il più delle volte a causa delle già citate influenze esterne.
Nel 1981 decide di tentare l'esperienza al Targoviste, dove però gioca solamente 13 partite, nobilitate comunque da 5 reti.
L'anno successivo non resiste al richiamo dell'amata Pitesti e decide di giocare un ultimo campionato nell'Arges, sapendo di avere la sua personale passerella di fronte al pubblico amico, che mai in futuro avrà modo di applaudire un simile talento.
A prima vista sembrerebbe la triste storia di un calciatore al quale è stato impedito di spiccare il volo verso lidi migliori, dove il suo talento gli avrebbe garantito fama ed anche un cospicuo ritorno economico.
Seppur il suo sfumato passaggio al Real Madrid resti una forte delusione, Dobrin si è sempre detto orgoglioso di quanto fatto con l'Arges, tanto da ritornarvi più volte nelle vesti di allenatore.
Quello che resta è la figura di un grande giocatore al quale è stato sistematicamente impedito di rivelare al mondo tutta la propria abilità e di essere ricordato come una leggenda anche al di fuori dell'amata Pitesti.
Giovanni Fasani