giovedì 19 maggio 2016

AL SERVIZIO DI DIEGO

Uno dei più diffusi punti di vista o luogo comune della storia del calcio sancisce che Diego Armando Maradona abbia vinto "da solo" il Mondiale del 1986, grazie alle prodezze con le quali il fenomenale numero 10 ha trascinato al secondo titolo della sua storia la nazionale argentina.
In effetti le magie ed il carisma del Pibe de Oro rappresentano il fattore predominante nel successo dell'Albiceleste e non sembra esagerato affermare che senza di lui la sorte della nazionale di Bilardo sarebbe stata molto diversa.
Tuttavia la nazionale che si presenta in Messico nel 1986 è composta altresì da ottimi elementi che, se da un lato sono al servizio del talento di Maradona, dall'altro sono singolarmente meritevoli di menzione avendo, alla pari del loro capitano, giocato un Mondiale sensazionale.
Anche le mosse del commissario tecnico di La Paternal vertono in tal senso: piena libertà di azione a Maradona, intorno al quale costruisce un tessuto tattico meticoloso e vincente.
 
 
Trai i pali troviamo quello che al momento è una vera e propria garanzia di sicurezza, vale a dire Nery Pumpido, estremo portiere completo e carismatico.

Il reparto difensivo viene inizialmente penalizzato dal forzato forfait di Daniel Passarella, eccellente libero costretto ad assistere al Mondiale da spettatore a causa della famigerata "maledizione di Montezuma" (tipico virus intestinale che può creare scompensi al sistema gastrointestinale).
Privato del proprio leader difensivo e capitano alla vigilia dell'esordio, Bilardo imposta il ruvido José Brown come libero, venendo ripagato da solide prestazioni da parte del giocatore in forza al Brest.
Sarà proprio il grintoso Tata ad aprire le marcature nella finale con la Germania, segnando nell'appuntamento più importante il suo primo ed unico gol con la maglia della nazionale in 36 presenze.
Davanti a lui viene schierata una coppia di marcatori centrali, rappresentata da José Cuciuffo ed Oscar Ruggeri.
Il primo, in forza al Velez Sarsfield, si dimostra uno stopper rude ed efficace, in grado di dedicarsi con estrema attenzione alla marcatura della punta avversaria.
Ruggeri è uno dei centrali più completi del periodo, distinguendosi sia per le doti fisiche che per la meticolosità tattica.


Soprannominato El Cabezon, viene da sempre considerato uno dei migliori difensori di tutti i tempi in Argentina e durante il Mondiale assume le vesti di leader difensivo.
Dotato di grande fisico, si dimostra insuperabile nel gioco aereo, mettendo in luce tale dote anche in zona gol, come dimostra la sua rete alla Corea del Sud nel suddetto Mondiale.
Proprio in questa partita viene schierato Nèstor Clausen, colonna dell'Indipendiente e difensore tanto efficace quanto versatile. Quella contro gli asiatici resta però la sua unica presenza, dal momento che dal successivo impegno con l'Italia gli viene preferito Cuciuffo.
Il reparto non è esattamente impermeabile (5 le reti subite), ma nei momenti decisivi si dimostra compatto, capitalizzando sempre al meglio i vantaggi acquisiti.
Il sistema di gioco argentino prevede la presenza di un mediano con i compiti di impostazione, ruolo affidato al giovane Sergio Batista, fondamentale elemento anche dell'Independiente.
Il barbuto centrocampista funge da vero e proprio volante, garantendo la circolazione del pallone e ponendosi come ottimo filtro in fase di non possesso.
Sulle fasce Bilardo predilige giocatori diligenti, combattivi e dall'inesauribile corsa, adatti principalmente ad un ruolo di contenimento piuttosto che ad accompagnare l'azione offensiva.
A queste caratteristiche rispondono Ricardo Giusti sulla corsia di destra e Julio Olarticoechea, con Oscar Garré a rappresentare più di un'alternativa a quest'ultimo (viene infatti impiegato nelle prime 4 partite del torneo).
Completa il reparto la figura di Héctor Enrique, soprannominato El Negro, centrocampista in grado di garantire il giusto equilibrio al reparto, grazie soprattutto alla sua intelligenza tattica.
Il suo impiego è una delle trovate di Bilardo, che inizia a schierarlo con regolarità solamente dagli ottavi di finale, avendogli preferito in precedenza il talento mai totalmente espresso di Claudio Borghi.
Il commissario tecnico si rende conto in corsa che la squadra non può reggere la presenza di un ulteriore trequartista e decide di cambiare modulo, inserendo il già citato Enrique come "tuttofare" nella zona mediana.
Per lo stesso motivo anche il fenomenale estro di Ricardo Bochini viene limitato ai 5 minuti da lui giocati nella semifinale contro il Belgio.
Per quello che risulta essere l'idolo di Diego Armando Maradona sembra essere un premio alla carriera, passata a dispensare assist dall'alto del talento cristallino.
La fase offensiva, orchestrata da Maradona, è quanto di più imprevedibile si possa trovare su di un campo da calcio e vede in  Jorge Burruchaga un elemento fondamentale.


L'ala del Nantes, autore del gol decisivo nella finale contro la Germania, funge alternativamente da esterno alto o da seconda punta, non fornendo punti di riferimento per le difese avversarie.
La sua capacità di inserimento è un'arma importante per la squadra di Bilardo, che diventa partita dopo partita uno delle chiavi del successo argentino (suo anche il gol del 2-0 nella gara contro la Bulgaria).
Il ruolo di punta spetta a Jorge Valdano, attaccante in forza al Real Madrid e soprannominato l'Elettrico per la rapidità ed il movimento continuo da lui garantito su tutto il fronte offensivo.


Nello schema di Bilardo parte sovente leggermente decentrato a sinistra, portando materialmente fuori zona lo stopper avversario, con il logico risultato di facilitare il compito a Maradona.
Dotato inoltre di ottime doti tecniche e di grande acume tattico, è il centravanti ideale non solo per aprire importanti varchi per i compagni, ma anche per trovare la rete in prima persona. Sono infatti 4 le sue realizzazione nel Mondiale: due reti alla Corea del Sud, una alla Bulgaria e quella del momentaneo 2-0 nella finale.
Un citazione la merita anche Pedro Paulo Pasculli, punta rapida e concreta che viene schierata titolare in due partite, quando l'Argentina scende in campo con un modulo a 2 punte.
L'attaccante del Lecce ha il grande merito di siglare la rete decisiva negli ottavi di finale contro l'Uruguay, mettendo una firma importante nel successo finale.
Trova spazio saltuariamente come subentrato anche il giovane centrocampista Carlos Tapia, mentre Marcelo Trobbiani viene inserito solamente a due minuti dal termine nella finale contro la Germania.
L'Argentina del 1986 è quindi una perfetta orchestra che accompagna un fenomenale solista, ma alla quale vengono lasciati spazi importanti in un concerto di successo.
Sebbene operaia e diligente nell'asservire il proprio asso, la squadra non ha tatticamente e tecnicamente sbagliato una partita, arrivando in alcune di esse ad essere decisiva per il successo finale.
Se la stella di Dieguito  è arrivata a splendere ai massimi livelli in Messico lo si deve anche all'ossatura della squadra che , come abbiamo visto, è composta da giocatori di altissimo livello.
Vamos Argentina!!!!



Giovanni Fasani

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