sabato 29 settembre 2018

"CARTAVELINA" ELIMINA LE ITALIANE

Negli anni'20 e 30 l'Austria si pone come una delle potenza calcistiche continentali, dall'alto di una vera e propria scuola che può vantare più o meno riusciti tentativi di emulazione.
Ancora oggi il termine Wunderteam è in auge per ricordare la grande nazionale di Hugo Meisl, capace di inanellare 14 risultati consecutivi a cavallo del 1931 e del 1932, impressionando tutti per la qualità del proprio gioco e per la squisita tecnica dei suoi giocatori.
Emblema di tale immortale squadra è indubbiamente Matthias Sindelar, autentico fuoriclasse dell'epoca, conosciuto come Der Papierene (Carta Velina) per via del fisico esile o "Mozart del pallone" come è stato definito proprio dal suo allenatore/mentore Meisl.
Ai posteri sono state tramandate le sue gesta con la maglia della nazionale austriaca, mentre un po' meno le tante prodezze compiute con l'Austria Vienna, compagine del quale è stato leader tecnico e caratteriale.


Difficile sintetizzare in poche righe la carriera di un personaggio come Sindelar con i Veilchen, nell'arco di un legame iniziato nel 1924 e terminato forzatamente nel 1939, quando, dopo essersi rifiutato di scendere in campo con la nazionale tedesca a seguito dell'Anschluss, viene ritrovato morto con la compagna per circostanze che ancora oggi lasciando adito a varie interpretazioni.

giovedì 27 settembre 2018

IL LEGGENDARIO DUKLA PRAGA DA JOZEF MASOPUST A PAVEL NEDVED


Per raccontare la storia del Dukla Praga non è necessario partire da molto lontano.
Non ci troviamo, come accaduto per la fondazione di numerose squadre, in un bar o su una panchina, ma nel mezzo di una delle battaglie più cruenti della Seconda guerra mondiale. Slovenské národné povstanie (SNP) significa Insurrezione Nazionale Slovacca ed ebbe inizio il 29 agosto 1944 a Banská Bystrica, quando gli slovacchi si ribellarono improvvisamente e con decisione ai tedeschi.
La città divenne ben presto il centro della resistenza antinazista e il centro politico e militare dell'Insurrezione.
Allo stesso tempo, l'Armata Rossa, nella quale erano accorpati oltre 16.000 soldati cecoslovacchi, si stava avvicinando sia da nord sia da est.
Radio Mosca, attraverso la leggendaria voce dello speaker Yuri Levitan, (colui che esordiva con: “Attenzione! Qui parla Mosca…), informava le popolazioni delle avanzate dell'esercito sovietico.
Il governo cecoslovacco di Londra guidato dal presidente Beneš, era al corrente dei preparativi dell'insurrezione che si stava man mano organizzando e li approvava appieno. 
Condizione indispensabile per la riuscita dell’impresa era l'intervento in aiuto all'insurrezione dell'Armata Rossa, nella Polonia sud-orientale: perché il congiungimento degli insorti con l’esercito russo potesse avere luogo, era necessario che l’esercito russo si impadronisse del Passo di Dukla, luogo strategico sul confine tra Polonia e Slovacchia. T
ale offensiva incontrò, da parte nazista, una resistenza durissima e l'operazione Dukla-Prešov si dimostrò una delle più sanguinose sul Fronte Orientale. 
Nei due mesi di battaglia, 21.000 soldati sovietici persero la vita insieme a quasi due mila soldati cecoslovacchi.
 
Ci vollero più di cinquanta giorni per scacciare gli uomini del Terzo Reich dalla Slovacchia. A questa epica pagina nella storia della liberazione europea si deve il nome della squadra di calcio sponsorizzata dall'esercito ceco: ancora oggi, a glorioso memento del passato, essa porta il nome di Dukla Praga.

Il Dukla Praga era inizialmente conosciuto come ATK (Armádní Telocvicný Klub), l'abbreviazione ceca di Club dell'Esercito di Ginnastica.

sabato 22 settembre 2018

MARCOVIO E L'ACADEMIA

Durante la fase non professionistica del calcio argentino, una delle squadre a dettar legge nella Copa  Campeonato è indiscutibilmente il Racing Club, capace di imporsi nella competizione per ben 6 volte consecutive, dal 1913 al 1919.
A garantire tale vera e propria epopea, in quello che è stata fino al 1931 la massima competizione nazionale, è stata una linea di attaccanti ancora oggi citata a ben ragione in termini di leggenda.
L'Academia schiera nella sua linea di delanteros Juan Hospital, Zoilo Canaveri, Alberto Ohaco e Juan Nelusco Perinetti al servizio del realizzatore principale, il grande Alberto Andrés Marcovecchio.



Autentico centravanti d'area di rigore dalle movenze rapide e dal fiuto del gol sviluppato, si dimostra perfetto nel tramutare in rete la mole di gioco che i compagni producono, finendo per imporsi ben presto come uno degli attaccanti più prolifici e decisivi di tutto il Sudamerica.

venerdì 14 settembre 2018

FILO' L'ORIUNDO

Possibile che tale Amphilóquio Marques Guarisi possa essere uno dei ventidue azzurri campioni del mondo nel 1934?
A livello fonetico il nome richiama a ben altre discendenze, facendo trasparire abbastanza chiaramente l'origine sudamericana dello stesso.
Probabilmente i più avvezzi al calcio degli anni'20/30 lo ricorderanno con l'italianizzato nome di Anfilogino Guarisi, con rispetto delle disposizioni del tempo che non permettevano nomi di origine straniera, destinati ad essere modificati nella più prossima accezione italiana.
Siamo infatti nel periodo nel quale non è altresì possibile tesserare giocatori stranieri, con l'unica eccezione degli oriundi, vale a dire quei giocatori discendenti da genitori o antenati italiani nati in nazioni straniere, con il limite di due generazioni.
L'Italia di Vittorio Pozzo baserà il suo successo mondiale su ben cinque oriundi, uno dei quali è proprio Guarisi, nato e cresciuto in Brasile, ma messosi in luce agli occhi del commissario tecnico con la maglia della Lazio.


La sua è una tipica storia di emigranti, con la madre italiana ed il padre portoghese arrivati a San Paolo in cerca di fortuna, cercando di dare un futuro migliori ai propri figli.

giovedì 6 settembre 2018

ANCHE L'UOMO RAGNO PARAVA I RIGORI

Nel corso del tempo la sempre aggiornata nomenclatura calcistica si è aggiornata il termine di "pararigori", riferito ai quei portieri particolarmente abili nel neutralizzare i calci di rigori.
Lo specifico riferimento ha assunto un significato perlopiù quantitativo, sempre più connesso al numero di penalty neutralizzati nel corso della carriera ,indipendentemente dal valore del tiratore o dell'importanza dell'incontro in questione.
Uno dei luoghi comuni legati a tale concetto è quello per il quale Walter Zenga, uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, fosse poco avvezzo nel neutralizzare le massime punizioni, riferendosi in particolar modo alla percentuale di tiri parati ed alla sfortunata semifinale del Mondiale 1990 contro l'Argentina.
In tale indimenticabile sfida il portiere nerazzuro, ritenuto colpevole per un'uscita a vuoto sul gol del pareggio di Claudio Caniggia, non riesce ad opporsi alle conclusioni dagli 11 metri dell'Albiceleste, soprattutto a quella centrale e mal calciata di Julio Olarticoechea.
Tentando di confutare in parte questa superficiale analisi, è intenzione di che scrive proporre di seguito alcune prodezze del carismatico Uomo Ragno, compiute al cospetto di veri e propri specialisti dei calci di rigori o talmente eccezionali da meritare la menzione.


L'elenco sotto proposto si base principalmente su ricordi personali e parate rimaste nella memoria per la loro importanza e straordinarietà, con il proposito di poterlo integrare nel tempo.


1) 19 ottobre 1983 Groningen-Inter 2-0: rigore parato a Adri Van Tiggelen.


Nell'andata dei sedicesimi di finale la squadra di Luigi Radice limita i danni in Olanda, ribaltando poi il risultato negativo nel ritorno a San Siro.
Nella sfortunata gara alla Stadio Oosterpark il giovane portiere neroazzurro, alla sua prima stagione da titolare, compie un notevole intervento sulla conclusione potente e discretamente precisa del terzino sinistro olandese.
 


2)  20 gennaio 1985 Inter-Atalanta 1-0: rigore parato a Marino Magrin


Il fantasista della compagine orobica è una dei migliori tiratori della serie A, come dimostrerà anche nella Juventus quando sarà chiamato a sostituire addirittura Miche Platini.
Nell'occasione il tiro di Magrin è discretamente angolato, ma Zenga mostra intuito e prontezza nel bloccare il tiro dell'avversario.




3) 5 maggio 1985 Sampdoria.Inter 1-2: rigore parato a Trevor Francis


Il portierone neroazzurro è abile a bloccare il tiro dell'attaccante inglese, calciato senza rincorsa e senza dare riferimenti.



4)  24 novembre 1985 Inter-Juventus 1-1: rigore parato a Michel Platini



Difficile ricordarsi di un rigore sbagliato dal grande Le Roi, a meno che di non riferendosi a quello calciato sopra la traversa al Mondiale 1986 contro il Brasile nei quarti di finale.
Nella sfida di San Siro il numero 10 bianconero non calcia benissimo, ma va apprezzata la bravura del portiere milanese nell'aspettare fino all'ultimo: sfortunatamente per lui il fuoriclasse francese ribadirà comunque in rete sulla respinta.





5)  2 marzo 1986 Roma-Inter 3-1: rigore parato a Toninho Cerezo


In una partita dominata dalla squadra giallorossa, quest'ultima sbaglia addirittura due calci di rigore entrambi con Cerezo, rigorista di giornata a causa dell'assenza per squalifica di Roberto Pruzzo.
Mentre il primo penalty viene calciato alto dal giocatore brasiliano, il secondo è ben parato dal portiere neroazzurra, abile a gettarsi sulla sinistra approfittando del tiro preciso, ma non potente.


6) 30 agosto 1987 Brescia-Inter 2-2 (6-4 dcr) (Coppa Italia): rigore parato a Branco


La Coppa Italia 1987/1988 prevede al primo turno gironi eliminatori a 6 squadre a partita unica dove non sono ammessi i pareggi: in caso di parità si procede quindi con i calci di rigore.
L'Inter dopo 90 minuti tirati ed emozionanti perde nonostante Zenga neutralizzi la prima conclusione bresciana del brasiliano Branco. Particolare curioso, quest'ultimo aveva pareggiato sempre su rigore a tre minuti dalla fine dei tempi regolamentari.


7) 2 settembre 1987 Reggiana-Inter 0-0 (8-9 dcr): rigori parati a Cornacchini e Cornacchia


Nello stesso girone di Coppa Italia l'Inter ha la meglio sulla Reggiana dopo ben 20 calci di rigore. Protagonista il numero uno nerazzurro che para la prima conclusione avversaria di Giovanni Cornacchini e l'ultima calciata  da Carlo Cornacchia.A conferma della sua grande personalità è proprio Zenga a calciare e a segnare il decimo rigore della sua squadra, risultato poi decisivo per la vittoria.


8)  6 settembre 1987 Inter-Ascoli 0-0 (5-4 dcr): rigore parato a Casagrande.


L'Inter si aggiudica il primo posto nel girone di Coppa Italia battendo ai calci di rigori l'Ascoli che la precedeva di un punto. L'unico errore dagli 11 metri è del centravanti brasiliano Walter Junior Casagrande, che si fa respingere il tiro dal portiere italiano.



9)  16 aprile 1989 Inter-Pescara 2-1: rigore parato a Gian Piero Gasperini



L'apprezzato allenatore torinese è stato anche un centrocampista dai piedi buoni, particolarmente preciso nella conclusioni dal dischetto.Il suo tiro è estremamente preciso e potente, ma Zenga tiene fede al suo soprannome di Uomo Ragno andando ad intercettare il pallone ad un palmo dal suo palo destro con un balzo eccezionale.







10) 12 febbraio 1992 Juventus-Inter 1-0 (Coppa Italia): rigore parato a Roberto Baggio


Nei quarti di finale si affrontano Juventus ed Inter con andata a Torino: dopo il gol di Paolo Di Canio Lothar Matthäus si fa respingere un calcio di rigore da un giovane Angelo Peruzzi, ma Zenga non è da meno bloccando con sicurezza un penalty di Roberto Baggio nel finale di gara.




11) 5 febbraio 1992 Ascoli-Inter 1-2: rigore parato a Patrick Vervoort


In una stagione negativa per entrambe e compagini, con l'Inter lontana dalle posizioni di vertice ed i marchigiani retrocessi, Zenga compie una gran parata sul punteggio di 1-1 deviando di piede di puro istinto la conclusione del nazionale belga.






Visti i parametri utilizzati e ragionando in termini percentuali citare otto rigori in una lunga carriera può apparire riduttivo e poco significativo.
L'accusa per la quale Zenga non fosse abile nel parare i rigori è allo stesso tempo grossolana e poco fondata se paragoniamo le statistiche in tal senso di altri ottimi portieri (vi rimando in tal senso ai vari siti statistici consultabili).
Ovviamente quando si ricorda la sua figura vengono in mente altre grandi qualità, alcune della quali ne hanno fatto per anni il miglior estremo difensore del mondo, come dimostrano i tre premi "The World's best Goalkeeper" vinti consecutivamente dal 1989 al 1991, anni nei quali la concorrenza nel ruolo non mancava di certo.
I "pararigori" per antonomasia sono altri, ma anche il grande Walter Zenga tutto sommato ci sapeva fare.








Giovanni Fasani


domenica 2 settembre 2018

UN PO' DI GLORIA PER IL "PAESE DEGLI UOMINI NERI"

Nel 1970 a pochi mesi dal suo insediamento il presidente sudanese Ja'far al-Nimeyri ritiene che per il suo paese sia giunto il tempo di riorganizzare la Coppa d'Africa, dopo aver ospitato la prima edizione del 1957, nonostante la situazione sociale sia a dir poco critica.
Dal 1955 è in corso in Sudan una sanguinosa guerra civile tra il governo centrale e gli indipendentisti del Sud, con la conseguenza che le già precarie condizioni di vita della popolazione arrivino davvero a livelli disumani, rendendo il paese uno dei più poveri del pianeta.
Fedele alla sua politica di riforma del paese, con lo sport in primo piano, collegata alla necessità/volontà di consolidare il suo ruolo di quarantenne leader, Ja'far al-Nimeyri ottiene l'organizzazione della competizione, consentendo ai Sokoor Al-Jediane (i Falchi di Jediane) di tornare a competere a livello continentale dopo sette anni.
I fasti degli anni'50, con la rappresentativa capace di raccogliere un secondo posto e due posti, sembrano davvero lontani, come inevitabile conseguenza del clima di terrore e delle pessime condizioni di vita  presenti nel povero stato arabo-africano.
Anche a livello logistico le risorse a disposizione sono limitate, tant'è che gli stadi a disposizione sono solo due per tutti e sedici gli incontri in programma: lo stadio Wad Madani dell'omonima città e lo stadio Internazionale di Khartoum ospitano i due gironi iniziali, con la capitale designata per essere la sede delle semifinali e delle due finali.
Gli addetti ai lavori attribuiscono alla viglia poche possibilità di successo ai padroni di casa, ma la spinta di un pubblico voglioso di avere qualcosa per il quale essere orgoglioso e le pressioni del presidente ribaltano il pronostico: il Sudan vince infatti la Coppa d'Africa, battendo in finale il grande favorito Ghana, etichettato da tempo come il Brasile d'Africa.


Grandi meriti vanno al commissario tecnico Abdel-Fattah Hamad Abu-Zeid, il quale pescando gioco forza nel campionato locale allestisce una rosa tenace e di indubbia qualità, rivelandosi un ottimo gestore di risorse, destreggiandosi tra le tante pressioni subite.