sabato 30 dicembre 2017

MARCEL RADUCANU, PROFESSIONE....TREQUARTISTA!

Il trequartista è a tutti gli effetti il ruolo nel quale il talento e la follia possono trovare libero sfogo in campo, lasciando all'interprete l'arbitrio di decidere quando e come dosare quella magiche capacità avuto in dono.
Quasi impossibile per qualsiasi allenatore imprigionarne l'estro in schemi, rendendo inevitabile il talvolta tacito assenso di accettarne le irrispettose "croci", ma soprattutto le sublimi "delizie".
Indentificato quasi esclusivamente, il trequartista, indicato anche come fantasista a conferma di una particolare vocazione, è spesso un elemento allergico alle regole, spesso indolente e molte volte fiero del suo immane potenziale.
Sovente la capacità tecniche sono talmente elevate che basta una singola giocata per cambiare il corso di una partita, dando conferma a quelli che pensano che tali giocatori "valgono da soli il prezzo del biglietto".
Tali caratteristiche sembrano acuirsi quando si analizza il contesto calcistico dell'Europa dell'Est, dove gli usi e costumi sembrano spianare la strada alla proliferazione di tale elementi, tante in volte in bilico tra l'essere un valore aggiunto o un'estemporanea presenza.
Tra i tanti giocatori identificabili in questa descrizione, un prototipo perfetto è rappresentato dal rumeno Marcel Răducanu ,squisito centrocampista avanzato amante della giocata da urlo e fieramente indifferente a consigli, normative e leggi.


La natia Bucarest è il teatro della sua crescita sportiva, legata già saldamente alla blasonata Steaua, nella quale inizia la trafila delle giovanili a soli 10 anni.

martedì 26 dicembre 2017

L'INFERNO VERDE DEL "GEOFFREY GUICHARD"

Il periodo di maggior gloria della squadra transalpina del Saint Etienne è, senza ombra di dubbio, quello della seconda metà degli anni '70 lasso di tempo in cui gli uomini, sapientemente guidati da Herbin vincono alcuni titoli francesi e sfiorano una coppa dei campioni perdendo la finale per 1-0 contro il Bayern Monaco del "Kaiser" Beckenbauer.
 I verdi dell'ASSE hanno in quegli anni d'oro alcuni fuoriclasse di valore assoluto come il portiere Curkovic, i francesi Larios, Santini e Rochetau, l'olandese ex del grande Ajax di Cruijff Jhonny Rep e soprattutto quello che risulterà essere il più grande giocatore francese di tutti i tempi Michel Platini.
 
 
C'è però una partita che nel piccolo centro urbano francese tutti ricordano. Per i tifosi dei verdi quella non è una partita ma "LA" partita è l'incontro che i nonni raccontano ai nipotini, i padri ai figli di modo che essa venga tramandata di generazione in generazione.

martedì 19 dicembre 2017

EL CILINDRO E LA MALEDIZIONE DEI 7 GATTI NERI

Avellaneda è una città argentina. Avellaneda è una città di tango, amore e passione. Avellaneda è una città "loca por el futbal". Avellaneda è una città e stregoneria. Avellaneda è una città dove pulsano due cuori. Due cuori che rispondono al nome di Racing e Indipendiente.
Queste due squadre vivono in due stadi a neppure 300 metri l'uno dall'altro il "Cilindro" casa del Racing ed il "Libertadores de America" casa dei biancorossi dell'Independiente.

 
Questi due luoghi tutta la passione calcistica della città ma anche tutto l'odio e la rabbia per l'altra metà calcistica della città dando vita ad un derby incredibile su cui sono sorte leggende più o meno vere.
Se alcune sono difficilmente verificabili e credibili, una quella della MALEDIZIONE DEI 7 GATTI NERI e passata alla storia.


Ancora oggi i biancoazzurri del Racing maledicono quella notte del 1967 in cui i fulvi felini fecero la loro irruzione nel calcio cittadino di Avellaneda entrando a piedi giunti sul Racing. Ancora oggi i tifosi dell'Indipendiente godono per quella sera, in cui gli odiati rivali erano sul tetto del mondo e loro i ragazzi del "Libertadores de America" hanno contribuito a tirarli giù dal trono spedendoli all'inferno. 


 
Ma come andarono le cose?
È presto detto.... Nel 1967 il Racing era la squadra più forte del Sud America i biancoazzurri avevano appena alzato al cielo la Coppa Libertadores conquistandosi il diritto a giocarsi l'Intercontinentale contro gli scozzesi del Celtic Glasgow, guidati in panchina, da Jock Stein che l’anno prima aveva trionfato in Coppa dei Campioni a sorpresa battendo l’Inter di Helenio Herrera nella famosa finale di Lisbona.....
Mentre il Racing stava giocando e vincendo contro il Celtic ed i suoi tifosi stavano incollati alle radiolina e alle poche televisioni per godersi il momento in cui la loro squadra sarebbe entrata di diritto nel gota del calcio mondiale fregiandosi del titolo di squadra più forte del mondo, alcuni tifosi dell’Indipendiente entrarono di soppiatto nello stadio del Racing, sotterrando in diversi punti del terreno di gioco i cadaveri di sette gatti neri.
Una sciocca superstizione potrà pensare qualcuno peccato che da quel momento "l'Academia" così com'è soprannominato il Racing non abbia vinto praticamente più nulla, ed il club fu funestato da una serie di disgrazie ancora oggi difficili da spiegare.
Di contro i "Los Diablos rojo" dell'Indipendiente vinsero ben 7 Coppe Libertadores di cui 4 consecutive dal 1972 al 1975 diventando la squadra principale di Avellaneda.
Quando la situazione degenerò, con la retrocessione del Racing in seconda serie all'inizio degli anni '80 tifosi e dirigenza biancoazzurra organizzarono delle vere e proprie messe nere per scacciare la maledzione. Successivamente, falliti i riti satanici si rivolsero, a dei preti esorcisti perché facessero qualcosa, nella fattispecie spezzare la maledizione.
Durante la cerimonia, che naturalmente non andò a buon fine, un prete addirittura si lasciò andare dicendo: "Non potete chiedere a Dio di tifare per il Racing, questa squadra perde sempre!" . Rischiando di venire linciato dai furiosi tifosi de "l'Academia".
Anni fa, un allenatore esasperato e stufo organizzò delle  spedizioni alla ricerca di questi gatti seppelliti per il campo, obbligando i suoi giocatori e non solo a scavare il manto verde del "Cilindro". Fu rinvenuta solamente una delle carcasse degli ormai famosi 7 gatti, da allora il Racing è riuscito a vincere una coppa Interamericana e uno scudetto grazie soprattutto al ritorno del "Principe Milito" eroe del triplete nerazzurro griffato Josè Mourinho. Sarà terminata la maledizione? al destino l'ardua sentenza...




Danilo Crepaldi
 
 
(Fonti: 1000cuorirossoblu e argentinafutbol )

domenica 17 dicembre 2017

CI SONO DUE CINESI A BELGRADO ....

La recente nuova politica cinese a favore dello sviluppo del calcio ha di fatto riacceso i riflettori internazionali sul suddetto campionato, grazie principalmente agli ingenti investimenti messi in atto per attrarre campioni o presunti tali.
Volente o nolente la Cina è diventata uno dei massimi riferimenti per la carriera di un giocatore, al momento con finalità prevalentemente economiche, ma con la previsione di rivaleggiare con Europa o Sudamerica in termini di competitività e blasone (per maggiori informazioni in tal senso consigliamo "Il Sogno Cinese" di Nicholas Gineprini e "Storia Del Calcio Cinese" di Marco Bagozzi e Andrea Bisceglia).
Precedentemente l'interesse verso il calcio nello stato asiatico ha seguito un andamento incostante con picchi massimi seguiti da momenti di scarsa attrazione, direttamente proporzionali alle politiche socio-economiche perseguite dall'apparato governativo.
Negli anni '80 ad esempio si è verificato un flusso inverso a quello attuale, con talenti cinesi acquistati da club europei, anche di alto livello.
Accanto ai trasferimenti di Xie Yuxin allo Zwolle e di Gu Guangming al Darmstadt, nel 1987 il Partizan Belgrado acquista due giocatori cinesi rispettivamente dallo Shanghai Team e dal Bayi: parliamo dell'attaccante Liu Haiguang e Jia Xiuquan, autentici apripista in grado di piazzare lo stato del Dragone Rosso sulla cartina calcistica mondiale.



Entrambi approdano nel campionato jugoslavo nel gennaio del 1987, pagando inevitabili difficoltà di ambientamento, ma vivendo la stessa esperienza in modo leggermente diverso.

martedì 12 dicembre 2017

IVKOVIC IL DIFENSORE CHE PRESE A CALCI IL NAZISMO

Milutin Ivković non è il primo nome che viene in mente né quando si parla di calcio né quando si parla di eroi di guerra, eppure fu entrambe le cose: un calciatore come pochi se ne sono visti e un uomo coraggioso e degno di ammirazione, la cui leggenda vivrà per sempre.
 
 
Tutti i quasi conoscono l'ex portiere della Croazia e della Jugoslavia Tomislav Ivkovic colui che riuscì ad ipnotizzare, per ben due volte, Diego Armando Maradona parandogli altrettanti tiri dal dischetto; in pochi conoscono, invece, la storia di un altro Ivkovic, Milutin jugoslavo anche lui ma di nazionalità serba.

domenica 10 dicembre 2017

LUDO COECK

A partire dagli anni '70 il calcio belga comincia a dimostrare sul campo la bontà di un movimento che solamente negli anni '30 aveva iniziato a dare segni di sé.
La sua crescita esponenziale è ovviamente connessa all'esplosione di una generazione di calciatori ancora oggi ricordata con piacere, tanto da fungere da naturale metro di paragone per la forte rappresentativa dei giorni nostri.
Non solo la selezione belga si riaffaccia a grandi livelli nei grandi tornei, ma anche un club come l'Anderlecht arriva a vincere per due volte la Coppa delle Coppe nella parte finale di tale periodo.
Tra i tanti campioni che guidano tale ripresa balza all'occhio un centrocampista completo e potente, vero trascinatore dei Paars-wit e della nazionale belga, in assoluto uno dei migliori prospetti europei a cavallo tra gli anni '70 ed '80.
Il suo nome è Ludo Coeck e purtroppo per lui il suo talento è stato pari all'incredibile sfortuna che ne ha minato la carriera, fino al tragico epilogo.


La carriera di Ludovic (questo il suo nome completo) prende il via nella natia Berchem, dove con la squadra locale si mette da subito in mostra nel ruolo di centravanti.

domenica 3 dicembre 2017

PIETRO SERANTONI, UNA VITA DA MEDIANO

In tutte le imprese recenti della nazionale italiana appare fondamentale la figura di un mediano di sostanza, deputato a garantire un solido contributo in fase di interdizione e di sostegno ai compagni.
Nel 1982 l'ottimo Gabriele Oriali si erge a grande protagonista sorreggere Bruno Conti e Giancarlo Antognoni ed un modulo che vede la presenza di due punte fisse.
Nel 2006 un generosissimo Gennaro Gattuso corre quasi per due per lasciare libero da compiti di contenimento il compagno Andrea Pirlo e per consentire la presenza di due attaccanti di ruolo e, nel caso, un trequartista (Del Piero o Totti).
Andando più a fondo nelle storia calcistica azzurra non possiamo non notare come il centrocampista di quantità sia una vera e propria peculiarità del nostro calcio, fondamentale anche per successi ormai datati.
A tal proposito vale la pena ricordare come Vittorio Ponzo nel 1938 costruisca una vincente nazionale sia sul talento di Giuseppe Meazza e Silvio Piola, sia sulla presenza di presunti "gregari", chiamati a giocare in funzione delle necessità della squadre e dei suoi assi.
In tale contesto appare di spicco la figura di Pietro Serantoni, eccelso mediano di fatica, che nel torneo disputato in Francia scrive un vero e proprio trattato agonistico di tale sottovalutato ruolo.


Molto particolare è il fatto che inizi la carriera nella natia Venezia nel ruolo di interno, salvo poi nel tempo arretrare la propria posizione per meglio usufruire delle sue potenzialità.