mercoledì 31 maggio 2017

ROY LASSITER


Era la metà dell' ultimo decennio del '900, il Genoa, come succedeva da un po’ d' anni a quella parte, aveva fallito i suoi obbiettivi stagionali che parlavano di ritorno in Serie A. Genova  era avvolta da una cappa di caldo insopportabile e tutti correvano, appena potevano, a refrigerarsi nelle acque del mar Ligure che non saranno state blu come quelle dei Caraibi ma che da sempre riuscivano a regalare allegria e fresco a turisti ed indigeni.
Non tutti, però, erano sulle spiagge; gli ultras del Genoa erano a Pegli incuranti del calore che il sole buttava loro addosso appiccicandogli sciarpe e maglie rossoblu alla pelle. Erano arrabbiati non tanto per la mancata promozione quanto per la vendita agli odiati cugini blucerchiati dell' "aereoplanino" Vincenzo Montella idolo del tifo del Grifone. Vittime della protesta il presidente Spinelli e la sua dirigenza, rei di aver ancora una volta illuso e tradito il popolo genoano il cui pensiero andava ancora ai tempi gloriosi di Aguilera e Skuhravy, che, nonostante fossero ancora recenti, apparivano lontani anni luce proprio come i nove scudetti di cui il Genoa si fregiava.
Spinelli aveva pochi soldi e poche idee per calmare i tifosi e l' esperimento che aveva portato Alexi Lalas a Padova, due anni prima, aveva garantito un buon giocatore più soldi e pubblicità per il club veneto...Decise quindi di buttarsi anche lui sull' esotico mercato statunitense ingaggiando un bomber a stelle e strisce: Roy Lassiter. Roy era un giocatore di colore che in quel momento nelle file del Tampa Bay stava segnando grappoli di gol. Negli States era considerato il futuro dell' ancora acerbo calcio statunitense; colui che avrebbe dato gloria alla nazionale di Washington D.C.
Gloria sempre cercata e mai ottenuta.



Lassiter era nato a Washington e da bambino si trasferì nel North Carolina, dove si avvicinò allo sport: giocò inizialmente, da buon americano a Basket e a Baseball, sognando dapprima l' NBA e poi la Major League ma il buon Dio aveva altri piani per lui.

domenica 28 maggio 2017

IL COMMIATO DELLA DDR

Con la formale caduta del muro di Berlino del 9 novembre 1989 cessa di fatto la divisone della Germania in due differenti nazioni, con ovvie ripercussioni anche sul versante sportivo, recepite con qualche mese di ritardo.
Calcisticamente parlando si aprono le porte per la creazione di un'unica rappresentativa nazionale, costruita principalmente sul forte blocco occidentale.
Alla luce di tale immane cambiamento, la rappresentativa orientale cessa ufficialmente di esistere il 12 settembre del 1990 con un prestigioso atto finale.


L'occasione è una partita con il Belgio a Bruxelles, inizialmente valida per le qualificazioni all'Europeo 1992 e successivamente "declassata" a partita amichevole, proprio per l'imminente scomparsa della rappresentativa della DDR.

giovedì 25 maggio 2017

EL REY DE COPAS RADDOPPIA

Domenica 9 dicembre 1990 il Milan di Arrigo Sacchi conquista la sua seconda Coppa Intercontinentale consecutiva infliggendo un pesante 3-0 ai malcapitati avversari.
"Non c'è stata partita" è l'opinione comune, con la stampa italiana che incensa, giustamente, la squadra rossonera e denigra quella sudamericana vista esclusivamente come una compagine di corridori avvezzi anche al rude contatto fisico.
Quello che in pochi sanno è che la squadra in questione, il Club Olimpia (chiamato anche Olimpia Asuncion) è una delle migliori squadre del Sudamerica, soprattutto per il modo con il quale ha conquistato la Copa Libertadores la stagione precedente.



La compagine paraguaiana ottiene infatti il suo secondo successo nella manifestazione contro pronostico, condotta in panchina dal grande tecnico uruguaiano Luis Alberto Cubilla, già alla guida del Rey de Copas anche nel primo successo del 1979.

domenica 21 maggio 2017

BARESI CAPOCANNONIERE....

Il nome di Franco Baresi è sinonimo di eccellenza qualora ci si riferisca al ruolo di libero o più in generale quando si vuole citare un immenso campione.
L’immensità che diventa regola come era solito chiamarlo Carlo Pelegatti è stato davvero un difensore leggendario ancora oggi preso ad esempio per la pulizia degli interventi, la sagacia tattica ed il carisma.
Nell'arco di una lunghissima carriera gli sono state attribuite le più lusinghiere qualità, ma difficilmente qualcuno lo può ricordare per i gol fatti, così come sembra apparentemente non appartenergli un titolo di capocannoniere.
Pochi ricordano però che nell'edizione della Coppa Italia 1989/1990 il libero di Travagliato è risultato il miglior realizzatore con 4 gol, grazie alle sua precisione dal dischetto, fondamentale che lo ha reso invece sfortunato protagonista al Mondiale del 1994.


Baresi è sempre stato un buon rigorista, dall'alto di una storica freddezza che lo ha sempre accompagnato in ogni giocata; durante la sua militanza nel Milan solamente la presenza di provetti tiratori, su tutti Van Basten, non gli ha permesso di essere nominato tiratore principale.

giovedì 18 maggio 2017

ANTONIO RATTIN

La scena di Antonio Rattin che ci mette 11 minuti ad uscire dal campo durante la sfida tra Inghilterra ed Argentina nel Mondiale 1966 è saldamente ancorata nelle memoria di tutti gli sportivi.
Ancora oggi non ci si spiega come un arbitro tedesco possa aver espulso un giocatore argentino per ingiurie, quando i due non avevano una lingua in comune.
Pare che il grande El Rata avesse uno sguardo minaccioso e che il signor Kreitlein non fosse poi dispiaciuto di espellere un argentino in detta partita, visto il gioco rude praticato dell'Albiceleste al cospetto dei padroni di casa.
Dietrologie e polemiche a parte il numero dieci argentino resta nell'immaginario collettivo per quella serafica uscita dal rettangolo di gioco, nonché per la successiva scelta polemica di sedersi proprio sul tappeto rosso riservato alla famiglia reale.



Un episodio pittoresco ed opinabile che rischia di gettare nebbia su quello che è stata una vera e propria icona del calcio argentino, in special modo del Boca Juniors al quale Rattin ha dedicato tutta la carriera.


Classico Volante di grande fisicità, fa della concretezza la suo dote migliore, ergendosi sin da giovanissimo come insuperabile diga di centrocampo, mettendo altresì in mostra una spiccata personalità.

sabato 13 maggio 2017

GIOVANNI DE PRA', A DIFESA DI UNA FEDE

In un mondo del calcio ormai schiacciato da interessi economici e non solo la locuzione "altri tempi" viene utilizzata in relazione ad aspetti del lato nobile di quello che è (era?) lo sport più bello del mondo.
Fedeltà alla maglia, rispetto dei tifosi ed attaccamento ad un contesto sportivo sembrano concetti ormai obsoleti, facilmente accantonabili di fronte a lauti guadagni ed a promesse di celebrità.
Togliendo le ormai rarissime "mosche bianche" occorre andare indietro nel tempo per scovare personaggi disposti a cucirsi idealmente una maglia sulla pelle, fino a considerarla parte essenziale della propria vita.
Negli anni '20 il Genoa ha l'onore di schierare in porta quello che per ogni tifoso rossoblù è un'autentica leggenda, tale da essere ricordato ad oltre cent'anni dalla sua nascita.
Giovanni De Prà è in tal senso un esempio concreto di come si possa sposare per tutta la vita una causa sportiva, per giunta essendo uno dei più grandi portieri della storica del calcio italiano.



Talento purissimo e precoce, muove i primi passi calcistici nella natìa Genova, mettendo in mostra doti innate nello Spes Football Club, compagine fondata nel 1913 e militante nelle categorie secondarie del panorama calcistico italiano pre-girone unico.