mercoledì 27 febbraio 2019

SCHWARZENBECK, CHI ERA COSTUI?

Tante cosi si possono dire ed associare al nome di Hans-Georg Schwarzenbeck, partendo magari dalla sua efficacia quale possente e granitico stopper fino ad arrivare alla sua grande fedeltà al Bayern Monaco, maglia da lui portata e difesa (è il caso di dirlo) per quasi vent'anni fino al 1981.



Per noi italiani e per i popoli latini in generale, il suo nome è da sempre oggetto di buffi grattacapi inerenti alla corretta scrittura del suo cognome e, soprattutto alla pronuncia dello stesso.

sabato 23 febbraio 2019

BAGGIO CONTRO TAFFAREL

Rose Bowl di Pasadena, 17 luglio 1994, finale del Mondiale tra Brasile ed Italia: Roberto Baggio si accinge a tirare l'ultimo rigore per gli azzurri, decisivo in quanto, a causa degli errori di Demetrio Albertini e Daniele Massaro, i brasiliani sono in vantaggio.
Davanti a lui il portiere Claudio Taffarel, il quale viene spiazzato dalla finta del Divin Codino, ma gioisce nel vedere il tiro terminare alto oltre la traversa, per la disperazione di tutti gli azzurri.
Tutti noi tifosi italiani abbiamo nella mente il contrasto tra la gioia del brasiliano e l'atteggiamento cupo di Baggio, fino a quel momento il grande trascinatore della nazionale con gol e prodezze da autentico fuoriclasse.


Chissà se nei moneti precedenti la battuta  la loro mente è andata al primo e fino al momento unico precedente tra i due, avvenuto il 9 settembre 1990.


Si gioca la prima giornata della stagione 1990/1991 e la nuova Juve di Luigi Maifredi esordisce sul campo del neopromosso Parma, squadra che si imporrà come sorpresa della stagione, raggiungendo un inaspettato sesto posto.
La squadra bianconera è stata protagonista del mercato, portando sotto la Mole giocatori come  Roberto Baggio, Paolo Di Canio, Thomas Hassler e Julio Cesar, ben resto entrati nelle grazie e nei sogni di tutti i tifosi.
Il Parma, gestito dalla famiglie Tanzi. ha invece fatto un mercato oculato ma altamente qualitativo, con gli stranieri Georges Grün, Tomas Brolin e Claudio Taffarel quali rinforzi di un gruppo giovane ed in rampa di lancio.
La Juventus passa in vantaggio al 24° minuto con un bel gol del terzino Nicolò Napoli, nel contesto di una partita equilibrata, dove la preparazione non ancora smaltita e le scorie del Mondiale si fanno sentire nelle gambe dei bianconeri.
Al 61° Roberto Baggio viene atterrato in area parmense, inducendo l'arbitro Lanese a decretare il rigore per la Juventus; l'ex fiorentino è il rigorista designato, avendo ottenuto tale investitura in luogo di Luigi De Agostini, rigorista fino alla stagione precedente della Juventus.
Baggio tiene fede alla sua fama di rigorista, spiazzando Taffarel con una dinamica che ricorda in parte quella del Rose Bowl, salvo il particolare che la conclusione termina in rete, spiazzando l'ex Internacional.
Il gol sembra mettere al sicuro la Squadra di Maifredi, apparsa in alcune circostanze in difficoltà a contenere le folate degli uomini di Nevio Scala; questi ultimi non si danno per vinti e fruiscono di un rigore a due minuti dalla fine, che Alessandro Melli trasforma con freddezza.
La Juventus vince quindi per 2-1, positivo esordio di una stagione che si rivelerà fallimentare, con il settimo posto finale a sancire un clamorosa mancata qualificazione alle coppe europee, evento che non capitava da ben 28 anni.
Roberto Baggio sarà il capocannoniere stagionale, dimostrandosi perfetto dal dischetto, con 12 trasformazioni su altrettanti tentavi, a conferma di una freddezza e di una abilità notevole, comune per tutta la sua carriera.
Purtroppo in quel pomeriggio californiano tali virtù sono venute meno, ma forse non sapremo mai se quel rigore di quasi quattro anni prima ha in qualche modo influenzato il corso della storia.......


Giovanni Fasani






mercoledì 20 febbraio 2019

FAHAD AL AHMED AL SABAH L'EMIRO CHE SI SOSTITUÌ ALL'ARBITRO


21 giugno 1982: Paolo Rossi non è ancora “Pablito”, e quel giorno a Valladolid si gioca
la quarta sfida del gruppo D che oppone la Francia al Kuwait, capace quattro giorni prima, nella sua gara d’esordio nella massima competizione calcistica, di imporre un inatteso pareggio alla navigata Cecoslovacchia.
Questa volta non c’è partita: pochi minuti dopo l’inizio del secondo tempo i francesi vincono agevolmente per 3-0 grazie alle reti di Genghini, Platini e Six, mentre almeno la nazionale mediorientale riesce, a un quarto d’ora dalla fine, a segnare il punto della bandiera con un gol dell’attaccante Al Buloushi, scatenando un pittoresco balletto di tifosi e sceicchi in tribuna.



La pratica è comunque archiviata. Ma Alain Giresse, al minuto 78, segna il 4-1, ed ecco che una partita buona solo per gli almanacchi si ritaglia un posto nella leggenda.
È lì che entra letteralmente in scena Al Ahmed Al Sabah, fondatore del Comitato Olimpico del Kuwait e al tempo presidente della Federazione calcistica del suo Paese, invadendo il terreno per sostituirsi all’arbitro.



Convinti di avere sentito un fischio dell’arbitro (ma il fischio arrivava dalle tribune), i giocatori del Kuwait si fermarono, Giresse segnò una rete perfettamente regolare e tutto sembrò chiudersi lì.
Non per lo sceicco che prima, in un conciliabolo a distanza con i dirigenti federali che sedevano in panchina - assieme al ct Carlos Alberto Parreira - fece segno di ritirare la squadra, poi stupendo tutti scese la gradinata dello stadio Zorrilla per conferire direttamente con l’arbitro, il russo Miroslav Stupar.
“Aspettate, ora scendo io”, mimò, ed eseguì. La partita restò interrotta per nove minuti con il campo, tra militari della Guardia Civil, giocatori, ufficiali, tecnici e fotografi, invaso da una sessantina di persone. Ad Al Ahmed Al Sabah, padre-padrone del calcio in Kuwait e dunque abituato al decisionismo, parve normale: se quel Mondiale si fosse disputato nella sua patria, probabilmente avrebbe requisito il pallone e mandato tutti a casa.
Ma alla fine, in effetti, anche allora decise lui: l’arbitro Stupar, evidentemente intimorito o forse semplicemente troppo poco sereno per far valere la propria autorità, annullò così una rete regolarissima, e quando lo sceicco tornò in tribuna applaudendo
toccò ai giocatori francesi e al loro ct Hidalgo lamentarsi, non tanto dell’annullamento del gol quanto delle modalità piuttosto inconsuete. Il 4-1 arrivò poi all’ultimo minuto della gara, grazie a un gol di Maxime Bossis. Quel Francia-Kuwait fu l’ultima gara diretta ai Mondiali da Stupar: la Fifa, subito dopo, lo radiò dalle competizioni internazionali, e la sua carriera cominciò un rapido declino.



Meglio andò allo sceicco, che venne sanzionato con una multa di 5mila sterline, una cifra a quel tempo decisamente elevata, ma risibile in confronto alle sconfinate ricchezze della famiglia reale del Kuwait e di quelle personali dello stesso Fahad, che qualche anno più tardi sarà poi rieletto - ma sarebbe meglio dire riacclamato - alla guida della Federazione. Quella dello sceicco fu la prima invasione di campo “umana” ai Mondiali, tuttavia non fu in assoluto la prima curiosa invasione nella storia del torneo iridato.
L'Emiro morì in circostanze tragiche e cioè quando l’Iraq di Saddam Hussein, nella notte fra l’1 e il 2 agosto 1990, invase il Kuwait dando di fatto inizio alla prima guerra del Golfo, migliaia di soldati iracheni vennero diretti all’aeroporto di Kuwait City per prenderne possesso.
La British Airways, nonostante il deterioramento della situazione politica lo sconsigliasse, decise comunque di operare il volo 149 da Londra a Kuala Lumpu con scalo previsto proprio a Kuwait City. Si rivelò un drammatico errore: da lì, l’aereo non ripartì più, i 367 passeggeri e i 18 membri dell’equipaggio vennero presi in ostaggio. Molti non furono liberati prima di diverse settimane. Ma, fra tutti, un passeggero venne immediatamente identificato e ucciso dalle milizie di Saddam, che poi del suo corpo fecero pubblico scempio. Si trattava di un membro della famiglia reale del Kuwait, il fratello dell’Emiro proprio lo sceicco Fahad Al Ahmed Al Sabah.
Così finì la vita di un uomo che, otto anni prima, era entrato di diritto nella storia dei Mondiali. Già, perché pur non essendo un calciatore, un allenatore e nemmeno un arbitro, lo sceicco Fahad rimane il protagonista assoluto di uno degli episodi più controversi - e francamente più farseschi - mai avvenuto in un Campionato del Mondo.



Danilo Crepaldi

 

domenica 17 febbraio 2019

UN PO' BEST, UN PO' RIVERA, MOLTO DELIKARIS

Gli anni 60 e 70 hanno rappresentato anche per il calcio un periodo di rottura con i costumi del passato, con l'anticonformismo inizia ad accattivare i più giovani ed a far inorridire i benpensanti e gli inguaribili bigotti.
Anche in Grecia in un periodo politico fortemente instabile, segnato dalla "Dittatura dei Colonnelli" e dalla seguente improba restaurazione della democrazia, non mancano personaggi che in qualche modo hanno allineato le lancette del tempo a quelle di buon parte dell'Europa occidentale.
Uno in particolare, Georgios Delikaris, si pone come uno degli esponenti di una nuova generazione di calciatori, fortissimi in campo quanto non allineati nelle scelte di vita.


Nato ad Atene e cresciuto nella realtà del Pireo tra sobborghi e porticcioli, muove i primi passi calcistici nell'Argonaut Piraeus formalmente come ala sinistra, ma in pratica agisce più o meno dove vuole, guidato solo dal suo talento ed in piena anarchia tattica.

sabato 9 febbraio 2019

FITAWARY L'ETIOPE

Con la conquista dell'Etiopia da parte dell'Italia nel 1936 si è assistito ad una consistente migrazione di soldati, operai ed agricoltori da varie parti dell'Italia verso Adis Abeba e dintorni, con lo scopo di migliorare le proprie condizioni di vita.
Il fascismo considerava la capitale etiope il simbolo della propria campagna coloniale, decidendo di investire risorse ingenti per la sua modernizzazione, favorendo lo spostamento di manodopera specializzata nella colonia.
L'integrazione degli italiani con la popolazione locale ha ovviamente dato vita anche a relazioni sentimentali, con conseguenti più o meno volute gravidanze, perdurate fino al 1941, anno nel quale la colonia africana scaccia l'italico invasore.
In Etiopia resta quindi un generazione di meticci, la quale avendo sangue italiano non può che avere nel calcio una valvola di sfogo da una vita non propriamente facile.
Due di questi calciatori, Luciano e Italo Vassallo, sono tra i grandi protagonisti della vittoria etiope nella Coppa d'Africa del 1962, insieme a quello che per molti è il più grande talento autoctono mai prodotto dal paese del Corno d'Africa: Mengistu Worku.


Il preambolo e la successiva specifica sono indispensabili in quanto i giovani italo-etiopi vengono largamente osteggiati in Etiopia, finendo per essere visti come dei veri e propri "figli della colpa", con quest'ultima che ricade nell'avere un genitore rappresentante il cattivo ed approfittatore invasore.