venerdì 30 settembre 2016

ROBERTO ROSATO

L'Italia viene universalmente riconosciuta come patria di alcuni tra i più grandi difensori della storia del calcio mondiale, portando avanti tale felice tradizione già dall'era pioneristica.
Il Pallone d'Oro attribuito a Fabio Cannavaro dopo il Mondiale 2006 sembra essere sorta di risarcimento per tutti gli eccelsi campioni trascurati nelle decadi precedenti da una giuria talvolta troppo attenta a chi produce gol invece di evitarli.
Molti dei nomi che possono venire in mente in tale contesto sono autentiche leggende del nostro calcio, ancora nei ricordi e nel cuore di molti tifosi.
Se facessimo però un sondaggio in tale senso, solamente gli appassionati più attempati citerebbero il nome di Roberto Rosato, uno degli stopper più efficaci e completi che il movimento calcistico italiano abbia mai prodotto.



 
Difensore solido e deciso, Rosato può essere identificato come un autentico "mastino", in grado di attaccarsi con puntiglio alla punta avversaria, lasciandogli idealmente davvero pochi palloni giocabile.

venerdì 23 settembre 2016

METTI UNA SERA ALL'ASTANA ARENA

Ad agosto ho avuto la particolare ed insolita possibilità di assistere dal vivo al preliminare di Europa League tra Astana FC e Bate Borisov, esperienza particolare, formativa ed indubbiamente coinvolgente.
Arrivato all'Astana Arena resto colpito dall'imponenza della struttura, che mi appare, senza essere un esperto, un perfetto esempio di moderna architettura da stadio.


L'ambiente è da subito particolare e noto come kazaki e russi, non proprio amiconi nella vita di tutti i giorni, condividono la passione per la squadra locale, dimostrando entusiasmo ed eccitazione per l'imminente match.
Anche all'interno lo stadio è ammirevole, ed è un piacere ammirare un palcoscenico moderno e funzionale, con niente da invidiare ai "sacri" templi del calcio mondiale.


A mio modesto parere stona solamente il terreno in erba sintetica, vero punto di rottura tra il calcio a me caro e quello che sarà invece nel futuro.

martedì 20 settembre 2016

"MARAJA" O "ER MOVIOLA"?

Storicamente il calcio italiano ha sempre attinto intensamente dal Brasile, nella costante e speranzosa ricerca di grandi calciatori in grado di fare la differenza nel nostro campionato.
Non sempre, però, il potenziale campione risultava poi tale alla prova dei fatti, finendo per essere etichettato come "bidone", mandando in fumo il cospicuo investimento del presidente di turno.
Oggi sembra inconcepibile acquistare un calciatore senza averlo mai visto, ma fino a 20 anni fa era una poco felice consuetudine.
Privi di internet e senza una rete di osservatori, presidenti e direttori sportivi dovevano fidarsi di qualche sporadico video o delle recensioni tendenziose di qualche mestierante locale.
Viene da se che in tale fosca realtà non era affatto difficile prendere la cosiddetta fregatura, con motivazioni diverse a seconda della singola situazione.
A volte il giocatore in questione era davvero un campione in patria, salvo poi non ambientarsi in Italia per questioni personali (la classica saudade) o per questioni tecnico/tattiche legate, ad esempio, al diverso ritmo di gioco.
A tal proposito nel 1988 la Roma acquista dal Flamengo Jorge Luís Andrade da Silva, centrocampista con la nomea di "nuovo Falcao", accolto con il titolo di Maraja e ben presto denigrato con quello di Er Moviola.
 
 
In patria il centrocampista si va valere nel classico ruolo di Volante, posizionandosi con maestria davanti alla difesa per dettare con costrutto i tempi della manovra.

sabato 17 settembre 2016

ISRAELE CONTRO TUTTI

Le ben note tensioni politiche e sociali che da sempre accompagnano lo stato d'Israele hanno visto quest'ultimo diventare nemico virtuale di molte altre nazioni.
Il calcio assorbe in pieno tale negativa situazione, con la conseguenza che Israele sia diventato una vera e propria "gatta da pelare" ad ogni sorteggio.
Alla vigilia del Mondiale 1970, ad esempio, sembra che nessuna squadra voglia giocare contro Israele, soprattutto nel continente asiatico, dove viene osteggiato da più nazioni.
Per semplificare le cose il massimo organo calcistico mondiale crea ad hoc un girone comprendente, oltre ad alla rappresentativa israeliana, la Nuova Zelanda e la Corea del Nord.
Quest'ultima si rifiuta categoricamente di giocare contro i giocatori con la stella di David, lasciando che l'accesso della fase finale si decida con un doppio spareggio con la selezione neozelandese.
Quest'ultima viene convinta, pare dietro pagamento, a giocare entrambe le gare a Tel Aviv, rendendo l'esito della sfida ancora più sbilanciato nei confronti di Israele, sulla carta già ampiamente favorito.
In campo non c'è praticamente storia e le due vittorie ottenute (4-0 e 2-0), segnalano la crescita del movimento israeliano e l'ancora lento sviluppo del calcio dalle parti dell'Oceano Pacifico.
Più dura si dimostra invece la sfida finale contro l'Australia, battuta a Tel Aviv per 1-0 con un gol di Giora Spiegel e contenuta a Sydney fino al gol di Mordechai Spiegler all'82° inutilmente pareggiato da Watikiss cinque minuti dopo.
Come risultato di tale situazione lunga e grottesca, Israele ottiene, per la prima e finora ultima volta, l'accesso alla fase finale di un Mondiale.


La rappresentativa che atterra a Città del Messico porta con se un alone di mistero, essendo praticamente sconosciuta a più di un osservatore.

giovedì 8 settembre 2016

MUDASHIRU LAWAL

Il calcio africano ha da tempo compiuto un notevole passo in avanti dal punto di vista tecnico/tattico, grazia alla continua "fuga" di talenti verso il continente europeo e la corrispondente tendenza ad assumere allenatori stranieri come commissari tecnici delle nazionali.
Tale doppio passaggio è stato decisivo soprattutto per la crescita del movimento calcistico della cosiddetta Africa Nera, con la quale si vuole indicare la parte centrale e meridionale del continente.
Nel 1974 lo Zaire balza alle cronache come la prima nazionale proveniente da tale zona a partecipare alla fase finale di un Mondiale; al di là dei pessimi risultati ottenuti e delle tristi interferenze politiche, la nazionale dei Leopardi  si segnala in negativo per l'inesperienza tattica e la povertà tecnica, diventando un triste esempio quanto facile stereotipo del livello calcistico del calcio al di sotto del Maghreb.
Proprio in quegli anni però, vari talenti autoctoni si segnalano per le qualità espresse, finendo per fungere da traino alla crescita del calcio in Africa.
Un esempio in tal senso è rappresentato da Mudashiru Lawal, talento nigeriano poco conosciuto a livello internazionale, ma a tutti gli effetti una leggenda nel suo continente.
 
 
La sua carriera si sviluppa interamente in patria, dove a livello di club ha l'opportunità di giocare con compagini quali Shooting Stars, Stationery Stores ed Abiola Babes, con le quali gioca per ben 16 anni.