mercoledì 29 agosto 2018

IL CAVALLO DI TIMISOARA

La Romania è un riferimento imprescindibile del calcio europeo, vuoi per la classe storicamente espressa dai suoi giocatori, vuoi per la grande passione da sempre manifestata dai propri appassionati.
A quest'ultima si deve la precoce esplosione del movimento calcistico rumeno già a partire dagli anni'30, in forte anticipo su tutti gli altri paesi dell'Europa dell'Est.
La particolare partecipazione al Mondiale del 1930 e le poco soddisfacenti prestazioni ai successivi due la dicono comunque lunga sulla voglia di calcio presente nella nazione centro-orientale, anche in un momento instabile dal punto vista politico e sociale.
Proprio in quegli anni inizia ad impressionare Ștefan Dobay, inarrestabile attaccante esterno incontenibile con la palla trai i piedi ed impressionante per la potenza del suo tiro.



Iscritto all'anagrafe come Istvan, nel 1909 successivamente trasformato nel rumeno Stefan, cresce in una umile famiglia di Újszentes, città fondata da coloni ungheresi (da qui la spiegazione del nome di battesimo) facente parte dell'Impero  Austro Ungarico.

martedì 21 agosto 2018

PALLONE ENTRA QUANDO DIO VUOLE

Dopo aver parlato con famigliari, calciatori ed amici Danilo Crepaldi è pronto a pubblicare un'interessantissima biografia sul grande Vujadin Boškov (Pallone entra quando Dio vuole - Vita, miracoli e aforisimi di Vujadin Boškov).
Ne proponiamo un paio di estratti, ringraziando l'autore per la disponibilità. 

 
Parlò a Takac, a Pantelic, a Stanic e a tutti gli altri. Individuò i problemi di spogliatoio e li risolse così come risolse quelli fra Zarko Nikolic e Ivica Brzic.
I due erano i difensori centrali del Vojvodina erano due ottimi giocatori, ma pur allenandosi entrambi al meglio non riuscivano a rendere.
I due non andavano d'accordo e bisticciavano di continuo mandando su tutte le furie il tecnico Stankovic che rispondeva urlando ed arrabiandosi chiedendo a Vujadin di mandar via uno dei due. Vujke osservava la situazione in silenzio, valutando il modo per risolverla arrivando alla conclusione che i due avrebbero dovuto diventare amici.
In un giorno di Giugno del 1965, in un clima afoso convocò entrambi i giocatori nel suo studio.
Li lasciò seduti li per più di mezz'ora facendoli arrovellare sul motivo della convocazione. Il clima era caldo ed i due ben presto cominciarono a sudare le camicie bianche che portavano li si appiccicavano alle pelle e ben presto cominciarono a dare segni di nervosismo. Fu in quel momento che Vujadin, in giacca e cravatta fece il suo ingresso.
"Buongiorno ragazzi come va?"
"Bene Mister grazie" risposero i due all'unisono
"Vi chiederete perchè vi ho convocati qui?"
Vujke non attese la loro risposta e continuò nel suo discorso
"Siete qui perchè voi siete due grandi giocatori...ma per la Vojvodina siete un problema...ed oggi io devo risolvere questo problema".
I due guardarono per terra certi che avrebbero ricevuto una, sacrosanta, punizione per il comportamento avuto durante la stagione. Brzic, in particolare, provò vergogna dato che a volerlo a Novi Sad era stato proprio Vujke.
"Allora adesso la stagione è finita e voi due andrete in vacanza insieme per una settimana a Dubrovnik a spese del club..ora andate".
I due si guardarono stupiti ed annuirono e per la prima volta da quando giocavano insieme si scambiarono uno sguardo di stupita intesa. La stagione successiva diventarono uno dei punti di forza della Vojvodina e soprattutto amici inseparabili.
Quando Stane chiese a Vujadin se aveva punito i due giocatori, egli rispose: "Più di quel che pensi, gli ho obbligati a diventare amici".
 





Nel principato, tuttavia, i blucerchiati trovarono l'inferno ed anche i quasi 10.000 tifosi blucerchiati giunti a Monte Carlo a seguito della squadra sembravano ammutoliti. Vierchowod arrancava su Weah e Diaz sembrava avere 10 anni di meno. La Sampdoria barcollava e ad un minuto dal duplice fischio che avrebbe sancito la fine del primo tempo incassò il gol del vantaggio monegasco firmato George Weah.
Vujadin rientrò nello spogliatoio come una furia, si fermò sulla soglia per calmare i nervi e parlottò con Pezzotti.
"Noi in difficoltà e io sa già cosa fare".
Nel frattempo nello spogliatoio doriano non volava una mosca, un silenzio che pesava come un macigno e quando iniziò a parlare ai giocatori sembrò togliersi un peso dalle spalle.
"Va bene, ragazzi noi ora stiamo perdendo 1-0 ma questo non è neanche primo tempo...c'è ancora partita di Genova e 45 minuti qua. Io vi dico che ora più facile perchè noi attaccare sotto nostri tifosi. Sono venuti qua in tanti e voi farete loro felici. Perchè noi siamo Sampdoria e oggi qui Sampdoria non può perdere!".




Danilo Crepaldi

mercoledì 8 agosto 2018

IL FEYENOORD E LA VECCHIA SIGNORA RUMENA

All'indomani della vittoria del Feyenoord nella Coppa Campioni 1969/1970 tutta l'Europa fa la conoscenza con il nuovo calcio forgiato nei Paesi bassi, guardando con curiosità e con campanilistico timore alla successiva edizione, che vede al via oltre che il club di Rotterdam anche l'Ajax di Rinus Michels.
In molti auspicano la possibilità di vedere uno scontro diretto tra le due compagini olandesi, da sempre una sfida tesa e sentita ed, al momento, anche il confronto tra due tra i più grandi allenatori di tutti i tempi, Michels appunto e Ernst Happel, in una fase di implementazione del famigerato Totaalvoetbal.
Le attese vengono tradite però proprio dal Feyenoord il quale al primo turno viene sorprendentemente eliminato da una presunta matricola rumena, l'UTA Arad, abile a prevalere nel doppio confronto.


La squadra della Crișana è tornata a vincere il campionato dopo 14 anni nel 1969, rompendo l'egemonia della squadra di Bucarest e del Petrolul Ploieșto, nobilitando il suo soprannome di Bătrâna Doamnă (Vecchia Signora).

domenica 5 agosto 2018

IL DIVINO DEL PALMEIRAS

Con una visione prettamente romantica si può affermare come certi calciatori esprimano con le loro giocate una vera e propria forma d'arte: un tocco delicato, un'elegante veronica o anche semplicemente il modo di condurre il pallone possono incantare anche il pubblico più esigente, indipendentemente dal contesto e dal risultato di una partita.
A cozzare contro tale visione c'è l'attuale ed inossidabile visione materialista del gioco, particolarmente incentrata sul vincere senza badare al modo e sul fare polemica quando questo non avviene, finendo per sminuire la parte meravigliosa del nostro amato sport.
Chi ama il calcio considera invece certi giocatori un vero e proprio patrimonio collettivo, essendo essi il vero veicolo attraverso il quale l'arte pallonara si tramanda da decenni; quando si è al cospetto di simili naturali talenti l'unica reazione possibile è l'applauso di stima e riconoscenza.
In termini di applausi il pubblico dell'Estadio Palestra Italia si è letteralmente spellato le mani di fronte a Ademir da Guia, straordinario numero 10 talmente prodigioso da essere definito O Divino.
 

Tali doti provengono geneticamente dal padre, il grande difensore Domingos da Guia, colonna della nazionale al Mondiale del 1938 ed assoluta leggenda del calcio brasiliano.

mercoledì 1 agosto 2018

PRENDIAMO ROMARIO? NO, EDMAR

Al termine del campionato 1987/1988 il contesto calcistico italiano applaude il gioco espresso dal Pescara di Giovanni Galeone, uno dei tecnici fautori di una nuova mentalità calcistica più spettacolare, capostipite della quale è il neo scudettato Arrigo Sacchi.
La società abruzzese ha usufruito  di un gruppo di calciatori di notevole livello, all'interno dei quali i due stranieri, il brasiliano Leo Junior e lo jugoslavo Blaž Slišković, hanno dato un notevole contributo qualitativo.
In fase di calcio mercato in vista del nuovo campionato Slišković decide di andare in Francia nel Lens, lasciando un vuoto in fase offensiva che il presidente Pietro Scibilia decide di colmare puntando su talenti brasiliani.
Dal Bayern Leverkusen acquista Milton Queiroz da Paixão, detto Tita, attaccante dai buoni mezzi realizzativi messi in mostra in patria e anche nella precedente stagione in Germania, dove ha contribuito alla vittoria della Coppa Uefa.
Dal Corinthians, invece, si assicura per circa un miliardo le prestazioni di quello che sembra un portentoso realizzatore, secondo quanto dicono le statistiche e considerando la sua titolarità nella nazionale brasiliana.
A dispetto di tali prestigiose credenziali Edmar Bernardes dos Santos, nei tabellini solo come Edmar, delude le aspettative, anche perché viene presto indicato come una soluzione di ripiego.


A quanto pare infatti la prima scelta del Pescara sarebbe nientepopodimeno che il formidabile Romario, fresco capocannoniere dei Giochi Olimpici ed indicato, con ragione, come uno dei futuri fuoriclasse del calcio internazionale.