"Ciao, mi sono imbattuto nel tuo articolo del 2014 sulle squadre arabe e ho trovato il mio nome. Ho giocato in Giordania finché non è scoppiata la guerra in Siria e l'ambasciata ci ha suggerito di tornare in Italia. Grazie per l'articolo. Luca".
Poche e semplici righe quelle che ci sono arrivate mercoledì 20 maggio, a scriverle Luca Cesarini che riferendosi ad un nostro articolo del 2014 le mille e una squadra ha voluto ringraziarci per la piccola menzione che gli abbiamo tributato.
Luca è stato un discreto centrocampista che ha girato dal Brasile alle Filippine, passando per Thailandia e Giordania. Ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda sulle sue esperienze e ve ne riportiamo il risultato qui sotto.Da dove nasce il tuo girovagare?
Nasce nel 2010 dove quasi per caso mi fu proposto di andare a fare un camp chiamato Barnaball, a Barcellona, dove si allenava il Barcellona B, da lì, i video girati durante i test hanno poi fatto il giro del mondo.
Ci puoi parlare della tua carriera calcistica e del tuo ruolo in campo?
Nasco come ala sinistra, sinistro puro e grande corsa, amo giocate al volo, con tocchi di prima e almeno durante i novanta minuti, due rovesciate e due rabone non me le risparmio, a dispetto dei compagni che poi mi urlano dietro;
dalla fascia ho poi giocato su tutto il fronte d'attacco, dalla trequarti offensiva al ruolo di punta, in Italia ho giocato nel settore giovanile della mia città, poi allievi regionali sempre con squadre del mio paese fino a passare a Roma per giocare e vincere il campionato universitario.
dalla fascia ho poi giocato su tutto il fronte d'attacco, dalla trequarti offensiva al ruolo di punta, in Italia ho giocato nel settore giovanile della mia città, poi allievi regionali sempre con squadre del mio paese fino a passare a Roma per giocare e vincere il campionato universitario.
L’Avaì, dove hai giocato, è da
quest’anno tornato nella massima divisione brasiliana. Ai tuoi tempi quali
erano gli obiettivi della squadra?
Sono felicissimo per i ragazzi, li seguo ancora, anche
perchè con facebook è facile sentirsi anche con un messaggino, sabato scorso ad
esempio il capitano Marquinhos ha ricambiato i complimenti dopo il gol che ha
messo a segno contro il Santos di Robinho che ci ha portato al pareggio alla
prima nel Brasileirao, mentre domenica 24 maggio c’è stata la storica vittoria
sul blasonato Flamengo.
Quando c’ero io si giocava il Catarinense, l’Avaì è la
squadra che ne ha vinti di piu’ e l’obiettivo era laurearsi di nuovo campioni, ho
avuto la fortuna di assistere anche al derby con la Figuereinse, sentitissimo,
al gol di Raphael Coelho non si sentiva piu’ nulla dalle grida della gente.
Come hai accolto la notizia della
promozione?
Sono stato molto contento anche se è molto difficile
ripetersi oltre l’egemonia nel catarinense, in Brasile il campionato è strano, prima
c’è un regionale, dove per esempio se sei nella regione della Val d’Aosta e
vinci, a giugno ti scontri con chi ha vinto nelle altre regioni, perciò è
possibile un Val d’Aosta-Juventus ed è abbastanza impari, pero’ questo fa divertire tutto il brasile,
chiunque se azzecca il campionato regionale può giocare in serie A, ed ecco
perché nascono bomber da 50 gol a campionato e partite da 8-0.
Dopo la tua esperienza in Brasile,
il trasferimento in Thailandia. Differenze?
Tutto diverso tranne una cosa… Il calore della gente, mi
sono venuti a prendere all aereoporto, erano in 15.000 anche agli allenamenti,
i cori li senti anche mentre passi in città e si fermano intere famiglie sullo
scooter per farsi la foto con te, c’è chi dorme nello stadio (anche perché non
ha una casa perciò fa di necessità virtù) e ha il calcio e la sua squadra come
unica fede, si va sempre sotto la curva ospite e si ringrazia inchinandosi, e
loro rispondono con cori e applausi.
In Giordania hai avuto la
possibilità di giocare in uno dei club più importanti, l’Al Ahli, squadra della
capitale Amman. Com’è il calcio da quelle parti?
Il calcio in Giordania è molto strano, ero abituato a stare
sempre con i tifosi, a farli divertire in campo e fuori, in Giordania è tutto
piu serio, allo stadio c’era solo l’esercito e non ho mai visto nessuna donna; la cosa che più mi ha fatto impressione è che gli idoli locali
non vengono riconosciuti mentre ogni volta che ti fermano e dicono che sei
italiano tirano fuori il santino di Baggio o la foto di Schillaci... Mi è
capitato di prendere taxi che avevano sbiadita la foto di Schillaci attaccata
sul cruscotto!
Com’è stato abbandonare
all’improvviso la Giordania a causa della guerra in Siria?
All’inizio pensavo realmente i botti fossero i fuochi d’artificio
per il Ramadam, poi è stato una specie di shock, mi sono accorto che le cose
non andavano quando una sera nel mio hotel arrivò la troupe della RAI, che mi
spiegarono essere scappati da Damasco perche a 80 km di distanza da Amman era
scoppiata la guerra, poi il messaggio dell’ambasciata che invitava tutti ad
andare per evitare rapimenti o ritorsioni verso gli stranieri.
La tua ultima esperienza è stata nelle Filippine, non proprio un posto dove il calcio la fa da padrone. Come ti sei adattato?
Le Filippine sono state per me un pò una seconda casa, ci ho
passato molto tempo visto che avevo chiesto alla mia università di preparare la
tesi lì e di non dover tornare per le lezioni, è come la Thailandia dove il
caldo la fa da padrone e i villaggi sono nella jungla ma i tifosi non si erano
mai avvicinati al calcio, lo sport nazionale è la boxe visto che l’idolo è Manny
Pacquaio e il basket, derivato dal retaggio della colonizzazione USA post
guerra; solo i filippini di origine spagnola lo praticavano, poi grandi
investimenti arrivati dall’Inghilterra e dagli USA (poco prima che arrivassi
Beckham e i Galaxy inaugurarono lo stadio con un’amichevole) hanno creato il
campionato; gadgets, eventi, portato stranieri e mano a mano avvicinato la
gente a questo sport, tanto che fui scelto per il banner pubblicitario della
lega.
Siamo abituati a vedere squadre che
si muovono su comodi aerei e pullman. Credo che dovunque tu sia stato la
logistica era ben più impegnativa. Come funzionano le trasferte nei posti dove
hai giocato?
Le trasferte sono una cosa unica, si fanno 2.000 km con il
pullmann, che sono tutti super pacchiani, a Songklha era a due piani, con
disegni tipo murales dentro e fuori fatti dai tifosi e un toro gigante sopra,
dentro colori sgargianti e musica a palla dentro e altroparlanti fuori, quando
non dormivo mi divertivo come nelle gite delle medie a prendere il microfono e
far ridere tutti con scherzi o cantando canzoni italiane, scherzi che facevo
anche con i tifosi, ecco perchè ero cosi amato.
Hai mai subito atti di
discriminazione?
Mai, anzi ero un idolo delle folle, mi capitava a fine primo
tempo di essere io e il mio amico brasiliano Chayenne Santos a tirare su i
numeri per la lotteria dove un tifoso vinceva il motorino a fine primo tempo.
Nel Songkhla venivo chiamato “farang” all’inizio, che è il soprannome un po’
dispreggiativo con cui in Thailandia chiamano gli stranieri, come in giappone
“naijing”, poi dopo aver imparato a memoria l’inno thailandese è cambiato tutto e mi hanno da lì in poi
trattato come uno di loro.
Quale dei posti che hai girato ti
è più rimasto nel cuore?
Florianopolis, Songkhla, Kamphaengphet e Manila, seconde
case, ho lasciato amici e persone che erano diventate come fratelli, l’affetto
più grande però l’ho ricevuto dai tifosi del Songkhla, che addirittura pagarono
il consierge dell albergo per farsi dire in che stanza ero e farmi una sopresa
per il mio compleanno.
C’è un episodio che ti ha colpito in
particolare dentro alle tue esperienze calcistiche?
La doccia dopo la partita in Thailandia... Non si faceva mai
insieme, vista la presenza di religioni diverse (musulmana, cristiana, indù, buddista)
nessuno doveva vedere l’altro nudo.
C’è un episodio che ti ha colpito
in particolare al di fuori delle tue esperienze calcistiche?
Oltre ai diversi stili di vita mi hanno colpito in Brasile
il fatto che il giorno del derby se eri di una squadra non potevi comprare le
cose dove il negozio era dichiaratamente dell’altra. In Thailandia la loro
gioia di vivere e il fatto che dopo la partita si mangiava tutti insieme,
squadra e tifosi, tutto offerto dal presidente, e il capodanno... Il 13 aprile
dove ci si tira secchiate d’acqua per 24 ore. Nelle filippine purtroppo la
differenza tra ricchi e poveri nello stesso quartiere.
Come sono i campi da gioco?
Ti dico questa… Atterrato per la prima volta ad Hat
Yai, al confine con la Malesia, per raggiungere Songkhla, ho visto degli stadi
sorvolandoli, mi hanno dato la prima impressione di vecchi campi base americani
visti nei film sulla guerra del Vietnam, poi come dappertutto ci sono squadre
che hanno stadi da 80.000 posti ed erba sintetica come il Thunder Castle di
Buriram ed altre campi di patate, la manutenzione è affidata dappertutto ai
tifosi, che pitturano gli spalti e fanno murales ovunque (sotto una foto del campo all'Avaì).
Che atmosfera si respira sugli
spalti o comunque tra i tifosi in generale?
Guarda, ti lascio immaginare dalla foto sotto… Descrive più
di mille parole, Songkhla in Thailandia.
Quante presenze hai totalizzato e
quanti gol hai fatto all’estero?
In totale ho totalizzato una 40ina di presenze, il
fatto è che rimanevo poco per giocare, 1/2 mesi poi tornavo per gli studi, la
stagione migliore e piu’ lunga è stato tutto il girone di ritorno della lega
filippina con 5 gol e 9 assist condite da un cartellino giallo, tra cui una
doppietta all’ultima partita con standing ovation dei tifosi al cambio, che sapevano sarei
tornato in Italia.
Giochi ancora a livello
professionistico o dilettantistico?
Purtroppo ho smesso di girovagare per il calcio, ho un ruolo
importante all’interno di una famosa multinazionale, che ho avuto grazie anche
alla capacità di adattarmi nata dalle mie esperienze, e con il calcio
professionistico ho smesso, lo pratico a livello dilettantistico e con la mia
azienda.
Qual è la tua squadra del cuore?
Sono tifoso dell’Inter... Una cosa che ti prepara per la
vita… E non potevo non esserlo visto che per il mio sinistro fin da piccolo Recoba
è stato il mio idolo.
In chiusura. C’è un posto in
particolare dove avresti voluto o dove vorresti andare a giocare?
Amo i posti con la tifoseria calda, dove si vive il
calcio 24h al giorno, avrei voluto giocare in Argentina, Turchia, magari nel River
e segnare durante il derby con il Boca, o nel Galatasaray contro il Fenerbahce!!
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