Spesso e volentieri siamo soliti chiamare alcuni calciatori con il soprannome che gli viene affibbiato per le proprie caratteristiche tecniche o semplicemente per abbreviazione del nome. Quanti di noi hanno chiamato una volta nella vita pibe de oro il grande Diego? Credo bene o male tutti.
Se spostiamo la nostra attenzione sul continente nero (tanto per usare un "soprannome") sono diverse le cosiddette pantere nere, alcune di queste si perdono ben presto, altre rimangono nella memoria di appassionati e tifosi. In quest'ultimo caso non si può non fare il nome di Salif Keita, primo giocatore a vincere il pallone d'oro africano nel 1970.
Il vero soprannome di Salif era Domingo, ma ben presto la rapidità ed il fiuto del gol fecero dell'attaccante maliano, classe 1946, la prima pantera nera del calcio africano.
Le giovanili le passa in una squadra minore del calcio maliano, i Pionniers de Ouolofobougou, ma ben presto ci si accorge che il talento è di quelli da accaparrarsi al più presto ed è così che nel 1964 viene ingaggiato dallo Stade Malien, una delle due squadre principali della capitale Bamako.
Nel frattempo Salif debutta anche in nazionale nel 1963, quando all'anagrafe ha appena 17 anni; se a livello personale è una bella soddisfazione, non si può dire lo stesso a livello di club. Nel 1964 viene giocata la prima edizione dell'attuale CAF Champions League e lo Stade Malien raggiunge la finale dopo aver superato 4 turni in cui è compreso un pirotecnico 6-4 ai danni degli ivoriani dell'ASEC Mimosas (ve li ricorderete in un nostro precedente articolo). Ma il 2-1 nella finale del 7 febbraio premia i camerunensi dell'Oryx Douala.
La rivincita si presenta l'anno successivo, quando l'attaccante maliano passa ai rivali cittadini del Real Bamako con cui raggiunge un'altra finale. Questa volta a contendere l'ambito trofeo ci sono gli ivoriani dello Stade d'Abidjan che si impongono sia all'andata che al ritorno. Per Salif la non trascurabile soddisfazione di aver realizzato 14 gol in 8 partite, diventando capocannoniere della manifestazione.
Dopo aver conquistato 3 campionati con la maglia bianconera, accetta, nel 1967 il contratto offerto dai francesi del Saint-Etienne.
Tanto grande è l'entusiasmo di approdare in Europa che Salif si imbarca clandestinamente alla volta di Parigi; una volta arrivato all'aeroporto di Orly, il maliano prende un taxi e comunica allo sbigottito tassista l'indirizzo dello stadio Geoffroy Guichard che dista circa 500 chilometri dalla capitale francese. "Pagherà il club" dirà Keita. Ed il club effettivamente ha pagato. Con la squadra bianco-verde è amore a prima vista, vince 3 campionati consecutivi, 2 coppe nazionali e mette a segno la bellezza di 120 gol in 149 partite, diventando idolo indiscusso della tifoseria Verts. A testimonianza della gratitudine nei confronti del calciatore africano, la dirigenza decise di adottare una pantera nera come simbolo del club. Il felino è tutt'ora uno dei simboli della squadra, nonostante non compaia né sulle magliette né sullo stemma. In terra francese si dimostra anche giocatore di una classe fuori dal comune, come testimoniato dal video che vi proponiamo.
In un periodo in cui i giocatori africani in Europa si contano sulla punta delle dita, ci pensa il particolare carattere di Salif a migrare per altre destinazioni. Nel 1972, appena dopo aver ottenuto un altro secondo posto nella Coppa d'Africa per nazioni, passa ai rivali dell'Olympique Marsiglia suscitando più di una polemica nell'ambiente bianco-verde; l'esperienza sembra essere positiva, la pantera nera mette a segno 10 gol in 18 partite, ma la dirigenza marsigliese propone all'attaccante di ottenere la cittadinanza francese per alcuni problemi amministrativi non meglio specificati. Il maliano rifiuta ed a fine stagione emigra in Spagna per vestire la maglia del Valencia; l'esperienza si rivela piena di alti e bassi, Salif alterna perle assolute a vuoti totali non vincendo nessun trofeo ed andando a rete "solamente" 23 volte in poco più di 70 presenze.
Nel 1976 decide di cambiare ancora aria, lo Sporting Lisbona è alla ricerca di un attaccante che sappia finalizzare le proprie azioni e Keita è l'uomo della provvidenza (evidentemente il bianco-verde gli porta fortuna). Dopo un primo anno di ambientamento, il forte maliano contribuisce con gol e giocate da fuoriclasse alla conquista della Taca Portugal, la coppa nazionale. Solo l'egemonia di Benifca e Porto, priva allo Sporting la gioia di conquistare il titolo.
Con la maglia dei Leoes torna anche una media-gol strepitosa, 32 centri in 63 partite; ma l'età "avanzata" (33 anni) fa prendere al forte africano una decisione che ha il sapore di un fine carriera.
Nel 1979 approda nella lega americana per vestire la maglia del Boston Team, non vince nulla ma realizza 17 gol in 39 partite regalando numerose perle al popolo che si affacciava al calcio proprio in quegli anni, una sorta di spot-campione per il futuro sviluppo del calcio d'oltreoceano.
La scarsa quantità di talento nel proprio paese, fa racimolare appena 13 presenze con la maglia delle Aigles du Mali mantenendo una "media Saint-Etienne" condita da 11 gol.
Terminata la carriera calcistica, Salif rimane impegnato in politica per un breve tempo, prima di dedicarsi alla gestione del suo albergo sulle sponde del fiume Niger.
Ha anche fondato la CSK, un centro di formazione giovanile che ha lanciato diversi giocatori approdati poi in nazionale. Molti di voi si saranno resi conti dell'omonimia con l'attuale centrocampista della Roma; ebbene, Salif è lo zio di Seydou, uno di quei giocatori usciti proprio dall'academie CSK.
E chissà se quel tassista non avesse accettato di buon grado la "scusa" del giovane africano... Probabilmente sarebbe arrivato lo stesso in Europa, ma così c'è ancora più gusto.
Matteo Maggio
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