La possibilità di poter organizzare una
grande manifestazione tra nazionali ha sempre rappresentato un grande
privilegio ed un’occasione irripetibile per il pubblico di casa.
Sovente tale avvenimenti sono ricordati con
grande emozione dagli spettatori, proprio per il particolare fascino da essi
trasmesso e per il particolare clima respirabile durante il loro svolgimento.
In talune situazioni la nazione ospitante è
risultata poi essere quella vincitrice della competizione, sfruttando al meglio
il fatto di poter “giocare in casa” un simile importante torneo.
Ovviamente si è
più volte assistito al fenomeno per il quale il paese organizzatore fosse anche
quello favorito alla vigilia o comunque uno dei papabili vincitori; in tal
senso l’assegnazione è quasi sempre andata a paesi dal notevole potenziale
economico, in grado di assicurare strutture di qualità ed un notevole bacino
d’utenza.
Ma, fortunatamente, possiamo rendere omaggio anche ad
eventi nei quali la nazione “padrona di casa”, pur non accompagnata da positivi
pronostici, sia poi riuscita a trionfare, scrivendo pagine indimenticabili
nella propria storia sportiva.
Uno dei casi più celebri è quello della Bolivia,
che nel 1963 organizza e vince la ventottesima edizione della Copa America,
traendo grandissimi stimoli dalle particolari condizioni ambientali e
sviluppando una speciale motivazione nei giocatori.
La nazione sudamericana ottiene il diritto di gestire la manifestazione per il forte volere della propria classe politica, desiderosa di presentare al grande pubblico il paese e di dare una grande soddisfazione alla propria gente.
La formula del torneo prevede che le 7 nazioni
partecipanti si affrontino in 21 incontri dal 10 di marzo al 31 dello stesso
mese e vengono selezionati due soli stadi per lo svolgimento delle gare,
l’Hernando Siles di La Paz e il Felix Capriles di Cochabamba.
Appare immediatamente evidente come già in questa
formula si possono notare alcune delle particolarità che contraddistinguono
tale edizione della manifestazione e che hanno parzialmente aiutato la Bolivia
nel suo strepitoso cammino.
Innanzitutto l’esiguo numero di squadre al via
dipende dalla decisione di Uruguay, Cile e Venezuela di non prendere parte alla
Copa America, per ragioni che vanno ricercate anche nei pessimi rapporti tra le
varie federazioni.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che le due squadre
più blasonate, Brasile ed Argentina, si presentino senza i giocatori più
affermati, con l’Albiceleste che propone addirittura una formazione giovanile.
Inoltre, come noto, la Bolivia ha una conformazione
morfologica particolare, essendo attraversata per una buona parte dalla cordigliera
delle Ande. Le due città sede della manifestazione si trovano esattamente in
questa zona, tanto che La Paz ha un’altitudine di 4000 metri e Cochabamba
di 3000. E’ quindi innegabile come la maggior abitudine dei giocatori boliviani
a tali elevati livelli possa essere visto come un vantaggio rispetto agli
avversari.
Andando oltre questi aspetti favorevoli, la Bolivia è
protagonista di una competizione eccezionale, grazie ai valori espressi ed al
contributo di giocatori che nel corso di essa raggiungono il massimo livello in
carriera.
L’analisi di tale cavalcata non può che partire dal commissario tecnico, il brasiliano Danilo Alvim Faria, vero artefice della vittoria finale e personaggio fondamentale per il salto di qualità dei suoi uomini.
L’analisi di tale cavalcata non può che partire dal commissario tecnico, il brasiliano Danilo Alvim Faria, vero artefice della vittoria finale e personaggio fondamentale per il salto di qualità dei suoi uomini.
La scelta
della federazione boliviana cade su di un allenatore molto giovane, il quale ha
appena terminato un lunga carriera spesa tra America Footbal Club, Canto do
Rio, Vasco da Gama e Botafogo.
Inoltre ha una
lunga esperienza nella nazionale brasiliana, dove si è distinto come brillante
centrocampista; curiosamente è stato uno dei giocatori brasiliani protagonisti
del celebre Maracanazo, ovvero della storica sconfitta contro l’Uruguay nel
Mondiale del 1950.
Arrivato
all’inizio del 1963, il tecnico si guadagna da subito le critiche dei tifosi e
degli addetti ai lavori, a causa delle brutte prestazioni disputate nella coppa
Paz del Chaco. Quest’ultimo torneo, seppur
amichevole, risulta molto sentito in patria, essendo storicamente giocato con
partite di andata e ritorno contro gli storici rivali del Paraguay.
Nell’edizione
in questione la Bolivia perde entrambi gli incontri in modo pesante, rimediando
uno 0-3 nel prima match ed addirittura un 1-5 nel secondo.
A seguito di
tali pesanti sconfitte e delle polemiche, Danilo rivede le sue decisioni in
termine di schemi e scelte, arrivando a selezionare con cura i convocati per
l’imminente Copa America.
In porta dà fiducia ad Arturo Lopez, mentre nel
pacchetto arretrato propone un trio di difensori tignosi ed estremamente attenti, formato
da Roberto Cainzo, Eduardo Espinoza ed Eulogio Vargas.
Nel reparto di
centrocampo imposta con la squadra con due mediani, dotati di buon fisico e di
buoni fondamentali tecnici. Uno dei due è Alberto
Torres Vargas, poliedrico giocatore in grado di disimpegnarsi anche come
difensore centrale.
Insieme a lui
Danilo dà fiducia ad una delle novità rispetto alle prime sfortunate uscite, vale
a dire Wilfredo Camacho, giocatore
completo in ogni fondamentale e dotato di grandissimo carisma.
Arrivato
nell’età della piena maturità calcistica, Camacho è dotato di grande rapidità e
di un’acuta visione di gioco, unita ad un’ottima capacità di proposizione
offensiva, qualità sulla quale punta molto il commissario tecnico brasiliano.
A conferma
della sua grande duttilità tattica ci sono i vari ruoli da lui ricoperti in
carriera; dopo aver esordito come attaccante, ha arretrato progressivamente la
sua posizione ed in certe gare è stato anche impostato come difensore centrale.
Davanti alla
coppia mediana si sviluppa la fase offensiva della squadra, attraverso due vere e proprie ali e tre attaccanti dalle caratteristiche eterogenee.
Tra questi lo
staff tecnico si affida a nomi quali Edgar
Quinteros, Renan Lopez, Fortunato Castillo, Maximo Alcocer, Ausberto Garcia e al quasi quarantenne Victor Ugarte.
Se
quest’ultimo rappresenta il giocatore più vecchio della selezione, un altro
attaccante risulta essere il più giovane della stessa, vale a dire Ramiro Blacut.
Il
diciannovenne attaccante in forza agli argentini Ferro Carril Oeste è il vero
“uomo nuovo” della Bolivia e viene visto da Danilo come l’elemento in grado di
cambiare le sorti di un incontro con la sua rapidità ed il suo senso del gol.
La scelta crea anche qualche malumore tra i media boliviani, soprattutto per la
scarsa esperienza del giocatore, reduce solo da una parziale stagione nella
propria squadra di club.
L’esordio per
la Bolivia avviene contro l’Ecuador, squadra etichettata come la più
abbordabile del torneo, ma abituata anch’essa all’elevata altidutine.
La partita è
molto avvicente e termina con il sorprendente risultato di 4-4, con la Bolivia
in vantaggio per 2-0 grazie alle reti di Lopez e Castillo che si fa riprendere
e addirittura superare, tanto che al 55° Raymond Contreras porta sul 4-2 l'Ecuador. La squadra di
Danilo reagisce e le reti di Alcocer e Camacho, arrivate negli ultimi 10
minuti, le permettono di evitare la sconfitta. Nonostante il punto acciuffato
nel finale di gara, si sollevano molte critiche e notevoli dubbi sulla
tenuta difensiva della squadra.
La partita
successiva viene giocata contro la Colombia e ha luogo 7 giorni dopo
l'esordio, grazie alla particolare formula del calendario del torneo. Durante
tale periodo il commissario tecnico rivede le sue decisioni e da fiducia a
giocatori non impiegati nel primo match, come il difensore Hugo Palenque,
il centrocampista Antonio Aguirre e l'attaccante Abdul Aramayo,
poco considerati alla vigilia del torneo.
Il match
inizia in salita, con Botero che porta in vantaggio i colombiani al 5° minuto
di gioco. Così come nel primo impegno la reazione della Bolivia è veemente ed
una doppietta di Alcocer ribalta il risultato già nel primo tempo; una
ritrovata solidità difensiva permette alla squadra di mantenere il vantaggio
fino alla fine, garantendo la prima vittoria nella coppa.
La terza
partita mette di fronte la rappresentativa di Danilo contro il
soprendente Perù, capace nei precedenti incontri di battere Argentina ed
Ecuador.
L'allenatore
brasiliano torna alle soluzioni difensive originarie ed a centrocampo da
fiducia a Jesus Herbas.
Dopo il vantaggio
di Camacho al 1° minuto, la partita diventa incerta, con la squadra peruviana
che pareggia al 12° con il gol di Gallardo. All'inizio del secondo tempo è il
solito Alcocer ha riportare in vantaggio i suoi, ma al 63° Leon riequilibria
nuovamente le sorti dell'incontro.
Al 76° arriva
la prima rete nel torneo di Ausberto Garcia, che regala alla Bolivia la
vittoria per 3-2.
Tre giorni
dopo si gioca la quarta partita della Copa America e l'avversario è il
Paraguay, squadra a punteggio pieno nel girone, in una sorta di rivincita del
Paz del Chaco da poco giocato.
La Boliva
entra in campo spinta dal pubblico, con le novità di Mario Zabalaga e Max
Ramirez dal primo minuto.
Danilo è
ancora alla ricerca del giusto assetto, ed anche in questa sentita partita cambia
qualcosa, al fine di trovare l'undici giusto con il quale giocarsi la vittoria
finale.
La sua squadra
lo ripaga con una delle migliori prestazioni della manifestazione, vincendo per
2-0 grazie alle reti di Castillo al 27° e di un positivo Garcia a due minuti
dalla fine dell'incontro.
A questo punto la squadra boliviana è prima
classifica con ancora due gare da disputare, contro Brasile ed Argentina
La giornata succesiva prevede lo scontro con
quest'ultima rappresentativa, che ha un solo punto di distanza al pari del
Paraguay.
Le scelte tattiche rispecchiano quelle della partita
precedente, con la sol novità di Blacut dal primo minuto.
Anche questa partita risulta aperta ed altalenante,
con la Boliva in vantaggio due volte, grazie a Castillo ed al primo gol nel
torneo proprio di Blacut. In entrambe le circostanze ci pensano le reti
dell'attaccante argentino Mario Rodriguez a rimettere in corsa la sua
nazionale, ma all'88° la rete di Camacho fa esplodere lo stadio di La Paz e
fissa il risultato sul 3-2 finale.
A 90 minuti dalla fine la squadra di Danilo ha un
punto di vantaggio sul Paraugay, che risulta impegnato contro l'Argentina,
ormai in lotta solo per il secondo posto.
La Bolivia deve invece affrontare il Brasile, ormai
tagliato fuori per la vittoria finale e protagonista di un torneo deludente
dopo le prime due vittorie ottenute.
Nonostante il Paraguay stia pareggiando contro l'Argentina, la
partita giocata a Cochabamba è tutt'altro che scontata e termina con ben 9 gol
segnati.
Il Brasile passa in vantaggio al 22° con Flavio e da
quel momento ha origine la "grandinata di gol" con Ugarte che
pareggia al 29°, poco prima che ancora Flavio riporti in vantaggio la Seleçao.
Dopo soli 5 minuti arriva il pereggio di Camacho al quale fa seguito il gol di
Garcia all'inizio del secondo tempo, che porta in vantaggio la Bolivia.
Al 57°arriva il gol di Alcocer, che risulta essere
il suo quinto nella Copa, ma l'ultimo in carriera.
Pochi minuti dopo questa realizzazione subisce un duro
intervento dal difensore Procopio che gli procura una doppia frattura ad una
gamba, costringendolo ad uscire dal campo ed a terminare quel giorno la sua
carriera.
Ugarte realizza il susseguente rigore e i successivi
gol di Marco Antonio Garcia ed Amir servono solo a fissare il risultato sul 5-4
consegnando la Copa America per la prima volta alla Bolivia.
A rendere ancora più leggandaria tale affermazione vi è il fatto di aver chiuso il torneo senza sconfitte, infilando 5 vittorie consecutive dopo il pareggio iniziale con l'Ecuador.
Negli anni successivi nessuno dei protagonisti riesce a ripetersi su questi livelli e solo nei confini nazionali il nome di tali ottimi interpreti viene ricordato e celebrato.
Blacut viene votato come miglior giocatore della Copa America 1963 e due anni più tardi ha un'esperienza europea nel Bayern Monaco, dove però non riesce mai ad entrare in campo.
La gloria ricercata dalla Bolivia nel 1963 è quella di vincere in casa la Copa America e sotto la guida di un sagace Danilo vi riesce, mettendo in mostra giocatori di inimmaginabile livello e sopperendo a qualche lacuna tecnica con un grande spirito.
Non entrando nel merito degli indubbi fattori che hanno avvantaggiato la squadra, sembra giusto rendere merito ad una storica e meritata affermazione, seppur davvero ottenuta "a sorpresa".
Giovanni Fasani
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.