Il 13 dicembre 1933 il funambolico Renato Cesarini imprime il suo nome nella storia del calcio italiano e nella relativa nomenclatura segnando la rete del 3-2 nella sfida tra Italia e Ungheria, mandando in visibilio il pubblico dello stadio di Torino, dove aver materialmente allontanato dalla palla il compagno di squadra Raffaele Costantino.
La partita, valida per la seconda edizione della Coppa Internazionale, trova il suo epilogo proprio pochi secondi prima del triplice fischio finale, proprio con un colpo di astuzia del campione di Senigalia, da quel momento icona dei gol segnati negli ultimi minuti di gioco.
L'equilibro creatosi prima della sua prodezza era stato garantito dai gol dei compagni Julio Libonatti ed Orsi (anch'essi oriundi) e dalla doppietta magiara di quello che Vittorio Pozzo definisce un autentico "sfondareti": Istvan Avar.
Quest'ultimo è in effetti uno degli incubi del commissario tecnico italiano, insieme alla "gazzella" Ferenc Hirzer, irresistibile attaccante ammirato anche con la maglia della Juventus.
Avar è un attaccante corpulento e possente, assolutamente letale nei sedici metri avversari, dove diventa difficile impedirgli di girarsi e scatenare la sua potenza.
Il titolo di capocannoniere del torneo in questione, ottenuto con 8 reti, la dice lunga sul suo stato di forma al momento, uno dei migliori di una carriera sempre contraddistinta dal gol.
Curiosamente, essendo nato nella città Arad, gioca per i primi anni con la nazionale rumena, essendo davvero complicata la storia della la cittadina della Crișana:(solamente con il Trattato di Trianon del 1920 la città entra a far parte del territorio rumeno dopo il periodo austro-ungarico).
Per lui poco cambia, dato che con la Romania segna 3 reti in 2 partite, mentre con la nazionale magiara, con la quale esordisce nel 1929, ne realizza 24 in 21.
Due di queste le riserva nella famosa partita contro l'Italia mettendo davvero in difficoltà la retroguardia di Pozzo, segnandole nel giro di appena 7 minuti, la prima al 53° e la seconda al 60°.
La sua nomea di grande realizzatore è ben conosciuta dalla compagine italiana, con Virginio Rosetta, Eraldo Monzeglio e Alfredo Pitto che ben ne conoscono le qualità, ma poco possono fare di fronte al suo vigore ed alla sua tecnica.
Ovviamente siamo in un'epoca dove filmati e veritieri resoconti non sono disponibili, per cui poco si può sapere nelle specifico di ciascun avversario, dovendo far affidamento sulla nomea degli stessi, talvolta densa di partigiani toni mielosi.
Nel caso di Aver però qualsiasi voce pervenuta all'orecchio dei difendenti italiani si rivela corretta, anche se sarebbe sufficiente dare un'occhiata ai numeri realizzativi per rendersi conto del suo valore quale attaccante.
Nel 1931 milita infatti nell'Újpesti con il quale mantiene una media gol superiore ad una realizzazione a partita: quando lascerà i Lilák, nel 1936, lascerà in eredità 161 gol segnati in 150 partite, nonché il ricordo di un eccelso centravanti.
Con la nazionale invece continuerà a devastare le difese avversarie fino al 1935, togliendosi la soddisfazione di segnare all'Inghilterra nel 1934, di segnare un inutile gol ai Mondiali del 1934 contro l'Austria e di bucare nuovamente la porta italiana in un'amichevole dello stesso anno persa per 4-2.
Nulla a che vedere con la sconfitta di tre anni prima, decisiva anche per la vittoria del torneo della compagnie di Vittorio Pozzo, dove la sua doppietta viene cancellata nel punteggio e nella memoria collettiva dal gol di Cesarini, da quel momento passato alla storia.
Ma senza la doppietta di Istvan Avar non è dato sapersi se ai nostri giorni la famosa "zona Cesarini" non avrebbe avuto modo di essere ancora in essere a 86 anni di distanza.
Nulla a che vedere con la sconfitta di tre anni prima, decisiva anche per la vittoria del torneo della compagnie di Vittorio Pozzo, dove la sua doppietta viene cancellata nel punteggio e nella memoria collettiva dal gol di Cesarini, da quel momento passato alla storia.
Ma senza la doppietta di Istvan Avar non è dato sapersi se ai nostri giorni la famosa "zona Cesarini" non avrebbe avuto modo di essere ancora in essere a 86 anni di distanza.
Giovanni Fasani
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