Per
chi ama le curiosità del calcio Carlos Humberto Caszely è “solo” il primo
giocatore a cui venne mostrato un cartellino rosso ai Mondiali.
Per i cileni
sopra i 50 anni quest'uomo con i baffoni invece è un mito. Bandiera del Colo
Colo, squadra più titolata del Paese, colonna e trascinatore della Nazionale.
Ma per chi l'11 settembre 1973, quarant'anni fa, viveva il golpe di Augusto
Pinochet dalla parte del governo di Salvador Allende, il baffuto attaccante è
stato un eroe. Ecco la sua storia.
Dal canto suo Allende in occasione della finale di Copa contro l'Independiente fa saltare il protocollo visitando a Buenos Aires il Colo Colo e facendosi fotografare abbracciato proprio a Caszely.
Ma
il sogno del nuovo Cile di Allende finisce qualche mese dopo. E' l'11 settembre
1973 e un gruppo di militari guidati da Augusto Pinochet prende il potere,
bombardando il palazzo presidenziale e trasformando lo Stadio Nazionale di
Santiago in un campo di concentramento dove vengono rinchiusi e torturati molti
sostenitori di Allende. Ma Carlos non c'è, in estate ha accettato l'offerta
degli spagnoli del Levante e si è trasferito nella Spagna di Francisco Franco.
Il suo primo impatto con la neonata dittatura è del 21 novembre, due mesi dopo
il colpo di stato. All'Estadio Nacional è in programma il ritorno dello
spareggio per l'accesso ai Mondiali 1974 contro l'Unione Sovietica. Una partita
che non avrà mai luogo, perchè la Nazionale di Oleg Blochin si rifiuta di
giocare in quell'impianto.
Un match che si trasforma in una farsa. Davanti allo stadio stracolmo la squadra cilena scende in campo senza avversari e con un copione preordinato. Al fischio d'inizio dell'arbitro, regolarmente designato, i giocatori della Roja si dovranno passare la palla e uno, il capitano Francisco Valdes segnare nella porta vuota. E così accadde. Con Valdes e Caszely, noti entrambi per le loro simpatie per Allende che per paura e con vergogna non hanno la forza di interrompere la sceneggiata.
Un match che si trasforma in una farsa. Davanti allo stadio stracolmo la squadra cilena scende in campo senza avversari e con un copione preordinato. Al fischio d'inizio dell'arbitro, regolarmente designato, i giocatori della Roja si dovranno passare la palla e uno, il capitano Francisco Valdes segnare nella porta vuota. E così accadde. Con Valdes e Caszely, noti entrambi per le loro simpatie per Allende che per paura e con vergogna non hanno la forza di interrompere la sceneggiata.
Una
vergogna che Carlos proverà a cancellare qualche mese dopo, alla vigilia della
Coppa del Mondo. Pinochet vuole vedere e salutare la Roja prima del Mondiale.
Durante l'incontro il dittatore saluta e stringe la mano a tutti i componenti
della squadra. A tutti. Meno che a uno. Carlos Caszely che le sue mani le tiene
bene intrecciate dietro la schiena, quando Pinochet si presenta da lui.
Un gesto, ripetuto ogni volta che incontrerà Pinochet che gli vale ancor di più l'etichetta del Rojo, del Rosso ma che ha anche una valenza personale. Mentre è in Spagna la DINA, la Polizia politica del regime arresta Olga Garrido, la mamma di Carlos. Per settimane è una dei molti desaparecidos della dittatura. Quando viene liberata racconta di vessazioni e torture.
Nonostante sia considerato un sovversivo El rey del metro cuadrado in Germania per i Mondiali del 1974 ci va. Ma la sua avventura finisce dopo 67 minuti e con un mare di polemiche.
Un gesto, ripetuto ogni volta che incontrerà Pinochet che gli vale ancor di più l'etichetta del Rojo, del Rosso ma che ha anche una valenza personale. Mentre è in Spagna la DINA, la Polizia politica del regime arresta Olga Garrido, la mamma di Carlos. Per settimane è una dei molti desaparecidos della dittatura. Quando viene liberata racconta di vessazioni e torture.
Nonostante sia considerato un sovversivo El rey del metro cuadrado in Germania per i Mondiali del 1974 ci va. Ma la sua avventura finisce dopo 67 minuti e con un mare di polemiche.
Caszely viene espulso (il primo cartellino rosso della
storia) nel match d'esordio contro la Germania Ovest e su di lui piovono
critiche e sbeffeggi. “Caszely espulso per violazione dei diritti umani” scrive
la stampa di regime. Si è fatto espellere per non giocare contro i comunisti
della DDR, aggiungono.
Il Cile esce (zero vittorie e due pareggi con Australia e Germania Est) e sono in due a pagare. Il tecnico e Caszely. L'attaccante è escluso dal nuovo selezionatore della Nazionale Caupolicán Peña .
Per cinque anni la Roja la seguirà da tifoso e il suo essere “rosso”, secondo alcuni, gli precluse una maglia prestigiosa, la bianca ma franchista del Real Madrid.
Il Cile esce (zero vittorie e due pareggi con Australia e Germania Est) e sono in due a pagare. Il tecnico e Caszely. L'attaccante è escluso dal nuovo selezionatore della Nazionale Caupolicán Peña .
Per cinque anni la Roja la seguirà da tifoso e il suo essere “rosso”, secondo alcuni, gli precluse una maglia prestigiosa, la bianca ma franchista del Real Madrid.
Carlos
però è troppo forte. Nel 1979, appena tornato al suo Colo Colo dopo 5 anni in
Spagna Caszely viene richiamato e trascina il Cile in finale di Copa America e
lo porta ai Mondiali spagnoli del 1982. Qui contro l'Austria sbaglia un rigore
che di fatto elimina la sua Nazionale. E otto anni dopo volano ancora le
accuse. L'ha fatto apposta, dice qualcuno. Per il Rey del metro cuadrado è in
pratica la fine della sua storia con la Nazionale.
.Giocherà altri tre anni in Nazionale, con un'
ultima partita e un ultimo supergol contro il Brasile. Ma con il calcio non si
spegne la sua voglia di opporsi alla dittatura. E' il 1985 e Caszely, ormai un
ex della Nazionale, incontra ancora Pinochet alla Moneda, il palazzo
presidenziale. Si presenta e stavolta lo saluta (ma non gli stringe la mano).
Ha una cravatta rossa vistosissima. “Lei porta sempre la cravatta? domanda il
dittatore. “Sì, non me la tolgo mai. La porto dalla parte del cuore”. "Io gliela
taglierei" è la risposta di Pinochet mimando le forbici con le dita.
Ma la vera rivincita sul dittatore l'ormai ex attaccante del Colo Colo se la prende nell'autunno 1988. Il Cile, dopo 15 anni di dittatura sta decidendo il suo futuro attraverso un referendum che dovrà dire se Pinochet dovrà rimanere ancora al potere.
Tra gli spot della campagna per il no, ce n'è uno in cui parla una signora sessantenne, racconta le torture e le vessazioni che ha subito. E alla fine della testimonianza appare lui, Carlos Caszely, El Rey del Metro Cuadrado. “Per questo il mio voto è No. Perché la sua allegria è la mia allegria. Perché i suoi sentimenti sono i miei sentimenti. Perché il giorno di domani potremo vivere in una democrazia libera, sana, solidale, che tutti possiamo condividere. Perché questa bella signora è mia madre”, sono le sue parole.
Il no vincerà con il 55% dei voti ma Carlos Caszely rifiuterà di entrare in politica, scegliendo di raccontare il calcio come giornalista. Il lavoro che svolge ancora oggi.
Danilo Crepaldi
Ma la vera rivincita sul dittatore l'ormai ex attaccante del Colo Colo se la prende nell'autunno 1988. Il Cile, dopo 15 anni di dittatura sta decidendo il suo futuro attraverso un referendum che dovrà dire se Pinochet dovrà rimanere ancora al potere.
Tra gli spot della campagna per il no, ce n'è uno in cui parla una signora sessantenne, racconta le torture e le vessazioni che ha subito. E alla fine della testimonianza appare lui, Carlos Caszely, El Rey del Metro Cuadrado. “Per questo il mio voto è No. Perché la sua allegria è la mia allegria. Perché i suoi sentimenti sono i miei sentimenti. Perché il giorno di domani potremo vivere in una democrazia libera, sana, solidale, che tutti possiamo condividere. Perché questa bella signora è mia madre”, sono le sue parole.
Il no vincerà con il 55% dei voti ma Carlos Caszely rifiuterà di entrare in politica, scegliendo di raccontare il calcio come giornalista. Il lavoro che svolge ancora oggi.
Danilo Crepaldi
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