" La sentenza più pesante in Brasile è trent’anni, ma la mia prigionia ne è durata cinquanta" (Moacir Barbosa)
"Me la dai sui piedi, triangolo alle spalle di Bigode,a questo punto Augusto non può uscire sempre, deve zonare, vediamo gliinserimenti. Oppure, se devo fare uno contro uno con lui, me lo mangio" (Alcides Ghiggia).
Le due dichiarazione soprariportate, inerenti al celebre Maracanazo, riassumono in buona sostanza chi è stato etichettato come responsabile di quella che è stata una vera e propria tragedia sociale per il Brasile.
Non senza un'evidente componente di razzismo, la colpa del fallimento è stata data ai giocatori di colore della rosa brasiliana, con il portiere Moacir Bardosa messo alla gogna come l'uomo che "ha fatto perdere il Brasile".
Allo stesso modo, ma con meno eco mediatico, anche il terzino sinistro João Ferreira "Bigode" è stato meschinamente tacciato quale colpevole nell'azione di gol di Ghiggia, indipendentemente dal valore assoluto del difensore del Flamengo e dalla qualità dell'azione uruguagia.
Analogamente all'estremo difensore del Vasco Da Gama anni di ottime prestazioni e la stima di tutto l'ambiente calcistico sembrano finire in un perpetuo dimenticatoio, mettendo la parola fine alla sua carriera in nazionale e gettando nell'oblio quella nella squadra di club.
Bigode, suo storico soprannome per i baffi che solitamente sfoggia, è in realtà una vera e propria eccellenza nel ruolo di esterno sinistro, da lui interpretato con grande vigoria fisica ed un'estrema attenzione difensiva; paradossalmente una della sue grandi qualità risiede proprio nell'infallibilità negli uno contro uno, fondamentale che lo porterà invece alla sportiva "dannazione" a seguito del Maracanazo.
Ad ulteriore conferma della bontà del suo profilo calcistico ci sono i successi ottenuti con alcuni dei principali club brasiliani, dopo gli esordi amatoriali con Industrial-RJ e Combate.
A 18 anni entra a far parte dell'Atlético Mineiro. squadra della natia Belo Horizonte, dove impiega solamente per una anno per mettere la sua firma sul Campionato Mineiro conquistato per due volte consecutive nel 1941 e nel 1942 dal Galo.
Il successivo passaggio al Fluminense, le 1943 gli consente un ulteriore salto di qualità, ottenendo nel 1946 la vittoria del Campionato Paulista, unico successo da lui ottenuto con il Tricolor Carioca.
A 25 anni il suo profilo tecnico si sta formando in pieno, denotando quella già descritta esuberanza fisica che ne fa un baluardo insuperabile sulla corsia sinistra ed un attaccante aggiunto quando si tratta di proporsi in fase offensiva (6 gol in 60 partite con la Fluminense in un'era nella quale il concetto di fluidificante era ancora lontana).
Le buone prestazioni con il Fluminense iniziano a farne un giocatore conosciuto e stimato, anche e non solo per il copricapo che è solito sfoggiare durante le partite.
Il 1949 diventa un anno cruciale per la sua carriera, dal momento che si concretizza il suo passaggio al Flamengo, nonché il suo ingresso nel giro della nazionale brasiliana.
Il commissario tecnico Flávio Costa lo inserisce nella lista dei convocati per il Campeonato Sudamericano del 1949, concedendogli l'esordio nella sfida vinta per 5-0 contro la Colombia.
Il torneo si conclude con il successo finale, dopo il necessario spareggio stravinto per 7-0 contro il Paraguay, dopo che le due nazionali avevano concluso appaiate il girone, complice la vittoria dell'Albirroja nello scontro diretto, con Bigode in nuovamente in campo.
La fase di preparazione al Mondiale dell'anno successivo lo vede in concorrenza con Noronha per il ruolo di laterale sinistro, con il commissario tecnico Flávio Costa che non scioglie i dubbi neanche alla vigilia del Mondiale, concedendo a Bigode la titolarità nell'esordio contro il Messico ed a Noronha nel deludente pareggio successivo contro la Svizzera.
Questa resta l'unico incontro nel quale l'esterno del Flamengo non viene impiegato, finendo per giocare in tutte le trionfali successive vittorie fino alla malaugurata sconfitta contro l'Uruguay.
Inutile dire come la sua esperienza con il Brasile termine proprio in quel nefasto pomeriggio del 16 luglio, quando inizia al contrario il processo di accusa verso di lui, con la stampa nazionale scatenata nel definirlo pessimo nell'azione che ha condannato sportivamente e non solo anche il portiere Barbosa.
Non riuscendo a fermare lo scatenato Ghiggia i due difendenti brasiliano vengono accusati di aver idealmente "conficcato un pugnale nel cuore di tutti i brasiliani".
La sua carriera continua comunque con il Flamengo e successivamente ancora nel Fluminense, dove la qualità della sue prestazione resta sempre di altissimo livello; ma non sarà più la stessa cosa, con i mugugni di tifosi avversarsi e di quelli propri che non mancano mai ogni volta che entra in possesso della palla.
Quando si ritira nel 1956, non viene pubblicamente odiato come Moacir Barbosa, ma al tempo stesso viene dimenticato, come se fosse un nome comunque scomodo e connesso al peggior giorno della storia calcistica brasiliana.
Alla delusione sportiva si aggiunge anche quella economica, dal momento che voci di popolo affermano come il suo compenso come uomo immagine per una nota marche di bibite non gli sia mai stato erogato; andando più nello specifico pare che l'accordo prevedesse addirittura un appartamento a Rio de Janeiro.
Da parte sua Bigode ha sempre dimostrato professionalità e inappuntabile self control, non reagendo mai in campo e fuori a provocazione e insulti da parte di chi gli rinfacciasse responsabilità per il "maledetto" gol di Ghiggia.
Al termine della carriera non sono mancate difficoltà ed incertezze, tenuto conto della riservatezza con la quale l'ex calciatore ha vissuto fino alla morte, tenendosi ben lontano dai riflettori, conscio che il suo nome venga sembra associato a quello del Maracanazo.
Un vero peccato che un vero precursore del ruolo di terzino sinistro, esempio per le generazioni future (su tutti A Enciclopedia Nilton Santos), sia oggi platealmente dimenticato e citato solo da chi ha grande conoscenza del calcio brasiliano e dell'evoluzione tecnica e tattica dello stesso.
Purtroppo quel pomeriggio di luglio del 1958 ha rovinato la carriera di una generazione di calciatori degna invece di elogi e menzioni.
Giovanni Fasani
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