domenica 23 dicembre 2018

L'ALA CON GLI OCCHIALI

In un sport vigoroso come il calcio fa specie pensare a come un giocatore possa scendere in campo con gli occhiali, strumento oltretutto limitativo durante la corsa e controproducente, ad esempio, nel momento di colpire la palla di testa.
In anni più o meno recenti viene alla mente la figura di Edgar Davids, il quale, per questioni di salute, ma, soprattutto, per questioni pubblicitarie ha indossato avveniristici quanto modaioli occhiali neri.
Scavando nella memoria non si può non ricordare l'italiano Annibale Frossi, attaccante campione olimpico nel 1934, sempre caratterizzato dai piccoli occhiali in campo.
Nella stessa epoca nell'attacco della Svizzera spiccava la figura di Leopold Kielholz, centravanti dal grande fiuto del gol facilmente riconoscibile per l'inseparabile occhiale di ordinanza.
In anni dopo la rudezza degli interventi era maggiormente tollerata e dove le lenti a contatto erano ancora e scomode, va elogiato il coraggio di chi indossasse il supporto visivo anche nel contesto di vere e proprie battaglie sportive.
Circa vent'anni dopo in Belgio inizia a farsi notare un ala destra dal dribbling secco e dall'ottima tecnica, il tutto senza mai separarsi dagli occhiali.
A giovare delle qualità di Joseph Armand "Jef" Jurion sono soprattutto i tifosi dell'Anderlecht, i quali non possono dimenticare le sue giocate ed i 10 titoli nazionali ai quali contribuisce.


Il suo rapporto con i Paars-wit inizia molto presto, nel 1954 a 17 anni, dopo essersi messo in mostra nel Ruisbroek come un ala dalle notevoli qualità specifiche del ruolo.
La sua più grande qualità è però certamente il carattere, dimostrato quando le mancanze fisiche, esemplificate dalla forte miopia e dal fisico gracile, hanno fatto dubitare più di un osservatore, salvo gli ovvi ripensamenti dopo la prova del campo.
Nondimeno i genitori non hanno potuto dargli quel sostentamento e quel supporto necessario, essendo impegnati a sbarcare il lunario con ben 9 figli da crescere in un'epoca storica evidentemente difficoltosa.
Fortunatamente per lui nessuna di queste difficoltà gli ha impedito di indossare per 14 anni la maglia dell'Anderlecht ed imporsi come titolare per 12 della nazionale belga, superando nel tempo la tendenza a tenere troppo palla ed a passare la stessa con il contagocce (per sua stessa ammissione).
Un esempio su tutti prova la sua intrepidezza e la sua strafottenza: nella sua partita di esordio con la nazionale control a Francia ridicolizza con finte e giocate il rude Roger Marche, difensore talmente aggressivo e scorretto da essere soprannominato "il cinghiale delle Ardenne"
Nel corso del tempo riesce a implementare le sue conoscenza tattiche, arrivando a cambiare il suo raggio di azione, non limitandosi alla sola corsia di riferimento: non è raro infatti vederlo accentrarsi, così come cambiare fascia o addirittura fungere da vero e proprio attaccante. Un piccolo prototipo del giocatore caro al Totaalvoetbal ancora solamente nei pensieri dei vicini olandesi.



A tal proposito abbina una gran quantità di assist ad una notevole capacità realizativa, quantificata per il solo campionato in 73 reti in 390 partite.
L'ottima media realizzata è in buona parte favorita dalla sua posizione in campo estremamente offensiva, quale attaccante esterno destro in uno spregiudicato 4-2-4.
Sono ovviamente anni leggendari per la squadra di Bruxelles con giocatori del calibro dei difensori Georges Heylens, Pierre Hanon e Jean Paskie, dei centrocampisti Martin Lippens e Wilfreid Puis, dell'attaccante Jocky Stockman e di un giovane Paul Van Hilmst, tutti calciatori che hanno legato la propria leggendaria carriera al suddetto club.
La squadra belga domina alla grande la scena nazionale, ma fatica ad imporsi nel contesto nazionale, come invece farà nella  seconda metà degli ann'70 e nella prima degli anni'80, quando la pingue bacheca verrà arricchita da tre coppe europee.
Nel 1962 tuttavia la squadra allenata da Pierre Sinibaldi si toglie la soddisfazione di eliminare il grande Real Madrid dalla Coppa Campioni, scrivendo una della pagine più belle delle propria storia.
Dopo un pirotecnico pareggio per 3-3 in Spagna è un proprio un gol di Jurion a 5 minuti dalla fine a regalare lo storico successo ad uno stadio Heysel in visibilio.



L'avventura prosegue anche nei quarti di finale contro il CSKA Sofia, con Jurion che segna una bella doppietta nella partita di ritorno, a conferma del suo ottimo rapporto con il gol.
Si rivelerà un avversario ostico invece il Dundee FC ai quarti di finale, ma la soddisfazione per l'ottimo percorso renderà meno amara l'eliminazione.
Nel 1966 Anderlecht e Real Madrid si rincontrano nei quarti di finale della massima competizione europea, ma questa volta sono le Merengues a spuntarla, ribaltando con un sonante 4-2 la sconfitta patita all'andata a Bruxelles, non senza polemiche per la direzione dell'arbitro Joseph Barbéran ; per Jurion c'è la parziale soddisfazione di mettere a segno un'altra rete contro la formazione madrilena, seppur solo utile ad accorciare le distanze nella sconfitta della gara di ritorno.
Per tutto il calcio belga è comunque un periodo di scarsa soddisfazioni, dal momento che la nazionale non riesce ad ottenere la qualificazione al Mondiale per tre edizioni consecutive, fallendo allo stesso modo l'accesso al neonato Campionato Europeo.
Jurion diventa ben presto una colonna della rappresentativa, scendendo in campo ben 64 volte dal 1955 al 1967, senza possibilità di prender parte ai più importanti tornei.




Personali soddisfazioni sono in tale contesto le 9 reti messe a segno e la fascia di capitano indossata per la prima volta nel 1960 contro l'Ungheria e portata fino all'ultima partita disputata nel 1967 in un match contro la Polona.
La stampa sportiva gli tributa sempre apprezzamenti e riconoscimenti, come dimostrano i due Belgische Gouden Schoen (Scarpa d'Oro Belga) vinti nel 1957 e nel 1962, quando giornalisti, membri della federazione, ex arbitri e precedenti vincitori del premio lo premiano quale miglior giocatore dell'anno.
Un anno dopo arriva anche il momento di dire addio all'Anderlecht, formalizzando il suo addio con il passaggio al Gent in seconda divisione, dove svolge la funzione di allenatore/giocatore e dove ottiene una brillante promozione.
La stessa funzione la svolge a Lokeren, dove abbandona l'attività agonistica nel 1974, per dedicarsi pienamente a quella di allenatore, senza però ottenere altri brillanti risultati, ma decidendo di abbandonare il mondo del calcio solamente due ani dopo.
D'altra parte le decisioni improvvise o clamorose fanno da contorno alla sua lunga carriera, come dimostrano certi battibecchi con compagni appena arrivati o screzi con la dirigenza durante la sua ultima stagione, quando polemizza apertamente per un mancato accordo sul rinnovo contrattuale e sul diverso trattamento riservatogli rispetto ad altri giocatori (Paul Van Hilmst su tutti).
Che non abbia peli sulla lingua lo dimostra anche al termine di una sfida della nazionale contro la Bulgaria decisiva per la qualificazione al Mondiale del 1966: la rappresentativa belga perde clamorosamente a Sofia per 2-1 e Jurion al termine della gara accusa gli avversari di doping, chiedendo una mai avvenuta apertura di un'inchiesta.



Come già anticipato il carattere forte è proprio una delle sue peculiarità, avendolo aiutato ad imporsi a grandissimi livelli e a superare ostacoli di vario tipo sin da giovanissimo, arrivando a diventare un leader nel club ed in nazionale, dove la sua voce si è sempre fatta sentire anche con qualche esagerazione.
Anche per questo Jef Juvion non è solo un calciatore che ha giocato con gli occhiali, ma una delle migliori ali del periodo, fiero e stimato esponente della sempre eccellente scuola belga.



Giovanni Fasani





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