venerdì 14 settembre 2018

FILO' L'ORIUNDO

Possibile che tale Amphilóquio Marques Guarisi possa essere uno dei ventidue azzurri campioni del mondo nel 1934?
A livello fonetico il nome richiama a ben altre discendenze, facendo trasparire abbastanza chiaramente l'origine sudamericana dello stesso.
Probabilmente i più avvezzi al calcio degli anni'20/30 lo ricorderanno con l'italianizzato nome di Anfilogino Guarisi, con rispetto delle disposizioni del tempo che non permettevano nomi di origine straniera, destinati ad essere modificati nella più prossima accezione italiana.
Siamo infatti nel periodo nel quale non è altresì possibile tesserare giocatori stranieri, con l'unica eccezione degli oriundi, vale a dire quei giocatori discendenti da genitori o antenati italiani nati in nazioni straniere, con il limite di due generazioni.
L'Italia di Vittorio Pozzo baserà il suo successo mondiale su ben cinque oriundi, uno dei quali è proprio Guarisi, nato e cresciuto in Brasile, ma messosi in luce agli occhi del commissario tecnico con la maglia della Lazio.


La sua è una tipica storia di emigranti, con la madre italiana ed il padre portoghese arrivati a San Paolo in cerca di fortuna, cercando di dare un futuro migliori ai propri figli.


Il futuro di Marques (per il momento lo chiamiamo così) è però nel calcio e l'esordio nel Portuguesa de Desportes nel 1922 a soli 17 anni la dice lunga sulle sue indubbie qualità.
Con i rossoverdi in due anni si mette in mostra aglio occhi di tutto l'ambiente paulista, realizzando 21 reti in 50 partite, bottino di tutto rispetto se si considera che si tratta a tutti gli effetti di un'ala.
La sua collocazione più adatta è infatti sulla corsia destra, dove, sfruttando rapidità e tecnica squisita, salta con grande facilità il diretto opponente.
Ben presto diventa un indispensabile fornitore di assist per i compagni, grazie alla precisione del suoi cross, autentiche pennellate sulle teste dei compagni.
I numeri però dicono che non si fa pregare a cercare la conclusione in prima persona, molte volte letale per i portieri, dando al pallone arcuate ed imprevedibili traiettorie.
Le sue giocate gli valgono la convocazione in nazionale a partire dal 1925, quando la Seleçao partecipa alla nona edizione del Campeonato Sudamericano, terminando al secondo posto alle spalle dell'Argentina.
Marques, per tutti ormai Filò, si mette in mostra nella partita con il Paraguay, dove trova la rete nella vittoria per 5-2,  giocando un torneo di grande livello con il compagno al Paulistano Arthur Friedenreich, leggendario attaccante brasiliano, ottimamente imbeccato dalla giovane ala paulista.
Stranamente non viene più preso in considerazione dalla nazionale, nonostante l'anno dopo si dimostri ancora più forte e decisivo, affinando ancora maggiormente le sue indubbie qualità.
Quest'ultime si rivelano decisive per il successo del Paulistano nel Campeonato Paulista, del quale è assoluto protagonista, nonché capocannoniere finale con 16 reti.

Ormai considerato un vero e proprio campione si toglie la soddisfazione di passare al Corinthians nel 1929, vincendo subito il Campeonato Paulista, bissando il successo nella stagione successiva.




Il 1930 sarebbe l'anno del primo Mondiale della storia, ma Filò lo vivrà da spettatore, a causa delle solite liti tra le federazioni di San Paulo e Rio de Janeiro, culminate con la decisione di mandare in Uruguay solamente giocatori facenti parte della seconda, eccezion fatta per Araken in rotta con il Santos.
L'anno successivo,dopo il terzo successo con il Corinthians, sembra giunto il momento di tentare un'avventura diversa, quando gli arriva una succulenta offerta dall'Italia, al tempo meta sportiva ed economica molto ambita.
La Lazio, attratta dalla sua nomea, dai suoi numeri realizzativi ( 33 gol con il Corinthians in 3 anni) e dalle buone recensioni ricevute a seguito di una tournée in Europa nel 1926 con il Paulistano, decide di acquistarlo, andando ad aumentare il numero di nativi brasiliani a disposizione.
Al tempo si parla infatti di Brasilazio, per i tanti figli d'immigrati richiamati in Italia dalla società capitolina, come ad esempio Ninão, Nininho e Niginho, agli annali nei tabellini ufficiali come Fantoni I (Giovanni), Fantoni II (Ottavio) e Fantoni III (Loenidio).
L'allenatore/giocatore è Amilcar, il quale come anticipato rimpingua la squadra di giocatori provenienti dal Brasile, finendo per averne ben 10 in rosa, lui compreso.
I risultati sono mediocri ed il tredicesimo posto finale non è in linea con le ambizioni, nonostante Guarisi (ora lo chiamiamo così) brilli individualmente, mettendo a segno ben 12 reti.
Legato alle sue prime apparizioni in maglia biancoceleste c'è un particolare episodio legato alle sue scarpe: appena arrivato l'ala brasiliana lamenta la mancanza delle sue solite calzature da gioco, realizzate apposta per la forma dei suoi piedi. Dopo tante insistenze e con le inevitabili difficoltà di consegna le suddette gli vengono recapitate alla vigilia della gara contro il Bari, nella quale Guarisi segna una stupenda doppietta.
La stagione successiva cambia la guida tecnica, con l'austriaco Karl Stürmer che riduce la "rappresentativa brasiliana", confermando solo gli elementi più utili e funzionali alla sua nuova proposta di gioco.
I risultati faticano a comunque a superare il muro della mediocrità e i due decimi posti consecutivi dimostrano le difficoltà della squadra, nella quale l'ala destra brasiliana continua a fornire grandi prestazioni ed a segnare con buona continuità.
A dire il vero è improprio considerarlo esclusivamente brasiliano, dal momento che proprio nel 1932 ottiene la cittadinanza italiano grazie alla madre, finendo per essere convocabile dalla nazionale di Vittorio Pozzo.
Dopo quattro partite in Coppa Internazionale vinta davanti all'Austria ed aver trovato il gol in un match di qualificazione per il Mondiale del 1934 contro la Grecia, l'ala della Lazio viene meritatamente inserita nella lista dei convocati per la suddetta competizione, insieme agli altri oriundi Atilio (Attilio) Demaria, Raimundo (Raimondo) Orsi, Luis Monti ed  Enrique (Enrico Guaita).



La sua partecipazione non è semplicemente simbolica, nonostante si limiti ad una sola partita giocata, quella ampiamente vinta contro gli Stati Uniti per 7-1.
Il già citato Guaita, già raccontato in un nostro vecchio articolo, gli viene preferito negli incontri, compresa la finale contro la Cecoslovacchia nel quale il giocatore della Roma segnerà uno dei due gol della vittoria.
Per Guarisi non ci sarà più spazio in nazionale, finendo per collezionare solamente 6 presenze in tutto, forse troppo poco per il valore del giocatore e per la costanza di rendimento sempre dimostrata.
Nei mesi prima della conquista del Mondiale è uno dei protagonista di un derby tanto spettacolare quanto cruento per le botte volate in tribuna ed in campo: tra ombrellate, calci ed autentiche caccie all'uomo la squadra biancoceleste recupera un passivo di tre reti, trascinata da Filò, autore della prima rete.
Da campione del mondo continua la sua esperienza nella Lazio, con la quale ottiene un brillante quinto posto finale nella stagione successiva, fornendo succulenti assist al nuovo centravanti biancoceleste, il grande Silvio Piola, autore di ben 21 reti.
La squadra è rinforzata anche da Attilio Ferraris, titolare della nazionale campione del mondo proveniente dalla Roma e pupillo di Vittorio Pozzo, al quale Guarisi cede volentieri la fascia di capitano in virtù della grande esperienza del compagno.
Con tale gesto si dimostra grande uomo squadra e perfettamente inserito nel contesto laziale, non solo per le grandi giocate in campo, ma proprio per lo spirito e la generosità dimostrata anche fuori dallo stesso.
Dopo altre due stagioni sotto la guida del tecnico cecoslovacco Walter Alt, arriva per lui il momento dell'addio alla società laziale, per la quale ha giocato complessivamente 137 partite mettendo a segno 43 reti.


La scelta più ovvia è tornare a San Paolo nella file del Corinthians, nel quale a 32 riesce a fare pienamente la differenza mettendo a segno 8 reti in 24 incontri.
Siamo però al termine della carriera e le successiva esperienze con Portoguesa Santista ed addirittura nel Palestra Italia nel 1940 valgono lo spazio di saltuarie apparizioni.
A San Paolo e a Roma, sponda laziale, resta il ricordo di un'ala destra pungente e veloce, un'autentica manna dal cielo per ogni attaccante, ma altresì un ottimo realizzatore in un calcio nel quale tante situazioni erano risolte da uno contro uno con il diretto avversario.
Due formidabili realizzatori quali i già citati Arthur Friedenreich e Silvio Piola ne hanno sempre tessuto le lodi, proprio perché consci della sua importanza nelle rispettive realizzazioni.
Anche il grande Vittorio Pozzo ne ha sempre apprezzato le qualità, consentendogli di poter fregiarsi del titolo di campione del mondo schierandolo nella sfida con gli Stati Uniti.
Dimenticato nel corso degli anni, verrò ricordato dalla Lazio in seguito alla sua morte, avvenuta nel 1974 proprio qualche settimana dopo la conquista del primo storico scudetto dalla compagine biancoceleste....



Giovanni Fasani



(Fonti: laziowiki)

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