domenica 5 agosto 2018

IL DIVINO DEL PALMEIRAS

Con una visione prettamente romantica si può affermare come certi calciatori esprimano con le loro giocate una vera e propria forma d'arte: un tocco delicato, un'elegante veronica o anche semplicemente il modo di condurre il pallone possono incantare anche il pubblico più esigente, indipendentemente dal contesto e dal risultato di una partita.
A cozzare contro tale visione c'è l'attuale ed inossidabile visione materialista del gioco, particolarmente incentrata sul vincere senza badare al modo e sul fare polemica quando questo non avviene, finendo per sminuire la parte meravigliosa del nostro amato sport.
Chi ama il calcio considera invece certi giocatori un vero e proprio patrimonio collettivo, essendo essi il vero veicolo attraverso il quale l'arte pallonara si tramanda da decenni; quando si è al cospetto di simili naturali talenti l'unica reazione possibile è l'applauso di stima e riconoscenza.
In termini di applausi il pubblico dell'Estadio Palestra Italia si è letteralmente spellato le mani di fronte a Ademir da Guia, straordinario numero 10 talmente prodigioso da essere definito O Divino.
 

Tali doti provengono geneticamente dal padre, il grande difensore Domingos da Guia, colonna della nazionale al Mondiale del 1938 ed assoluta leggenda del calcio brasiliano.
Anche gli zii sono stati calciatori professionisti, in particolare Ladislau da Guia, ancora oggi il capocannoniere di tutti i tempi di Bangu con 229 gol in 333 partite tra il 1922 e il 1940.
Il figlio è però quanto di più diverso ci possa essere sul campo, dal momento che eccelle in tutte quelle particolarità tecniche che da sempre rendono spettacolari i giocatori brasiliani.
Dall'alto di una tecnica finissima e da un controllo di palla quasi irreale, Ademir da Guiga è un vero spettacolo per gli occhi, impreziosendo il tutto con la giusta concretezza al momento giusto.
Dal corpulento genitore ha ereditato altezza e lunghe leve che vanno a completare un quadro fisico/tecnico davvero vicino alla perfezione; sembra impossibile levargli il pallone dai piedi, trovandosi di fronte un portento in termini di finte ed improvvisi cambi di direzione, altresì immune da ogni contatto fisico grazie appunto al fisico tonico e resistente
Mai come in questo caso le immagine a disposizione possono dare pieno riscontro a quello che le parole possono solo esaltare.


 
Ritornando al concetto di concretezza non sembra banale segnalare come cotante doti non sono quasi mai fine a se stesse, soprattutto quando il numero 10 si trova nei pressi della porta e può mettere in mostra la grande facilità di calcio; in particolare è il piede destro ad essere dotato di potenza ed estrema precisione, rendendolo, da buon brasiliano, uno specialista anche dei calci da fermo.
Dopo gli esordi con Ceres e Bangu è grazie all'approdo al Palmeiras che il giocatore carioca completa la sua evoluzione, diventando fondamentale per i successi che il Verdão ottiene nel periodo della sua militanza (dal 1961 al 1977).
Le 901 presenze ufficiali e  215 gol segnati la dicono lunga sulla sua decisività nella conquista di una lista prestigiosa di 17 trofei: 5 Campionati Paulista, 1 Taça Brasile, 1 Taça Roberto Gomes Pedrosa, 1 Torneo Rio-San Paolo, 1 Torneo del IV Centenario di Rio de Janeiro, 3 Trofei Ramon de Carranza, 1 Torneo Laudo Natel ed 1 Torneo Mar del Plata.
Non esiste un conto preciso di quanti assist abbia invece fornito ai compagni, in virtù della precisione del suo piede e di una fantasia che solo chi possiede un talento speciale può possedere.
Oltre alle immagini ed ai significativi dati, vi sono due importanti riconoscimenti di stima che servono ancora di più a nobilitarne la figura ed il talento.
L'ex difensore Orlando gli renderà merito dicendo: "Ademir ha giocato in modo così elegante che sembrava non giocare in divisa, ma in giacca e cravatta".
Un'altra leggenda come il brasiliano come Socrates lo descrive con parole toccanti e piene di ammirazione:"Il calcio ci ha offerto nella sua traiettoria un grande ballerino, Ademir da Guia, la collocazione impeccabile, la fronte eternamente sollevata, la fastidiosa calma, il passaggio perfetto, la semplicità dei gesti, la portata dei passi, la lentezza e il ragionamento spietato erano sicuramente nella nostra memoria. Ademir rappresentava il vertice di serenità e competenza. Camminava lungo il prato come un cigno, incantando tutti".
Negli ultimi anni si è provato a paragonarlo ad altri campioni più conosciuti al grande pubblico, finendo per trovare chiari tratti comuni con la figura di Zinedine Zidane.

 
Pur non amando i paragoni tra giocatori di epoche diverso, è innegabile che il modo con il quale Ademir tiene a bada più avversari, con finte e sombreri, ricordi molto lo stile dell'altrettanto grande Zizou.
Anche nelle caratteristiche fisiche e nella buona capacità nel gioco aereo il paragone sembra reggere, nonostante chi scrive riscontri  coincidenze anche con Falcao, soprattutto nella comune capacità di inserimento senza palla nell'area avversaria.
La leggiadria nella corsa e l'assoluta naturalezza con la quale tratta il pallone accomuna Ademir con entrambi i campioni citati, talvolta anche nella ricerca narcisista della giocata di gran classe.
Inutile evidenziare come il profilo in questione sia di altissimo livello, indipendentemente dal gioco dei paragoni e dalle poche soddisfazioni avute nell'ambito della nazionale.
L'unico possibile rimpianto in una carriera densa di soddisfazioni potrebbero essere infatti le sole 9 presenze con la Seleçao, delle quali 6 nel 1965 e 3 nel 1974, dopo un'assenza di 9 anni.

 
Il motivo non può essere certo ricondotto alla mancanza di talento, ma probabilmente al fatto di essere un accentratore di gioco, talmente bravo e carismatico da togliere palloni e visibilità ad altre stelle contemporanee.
La stampa critica lo ha sempre additato di essere un po' troppo individualista e di eccedere troppo in quelle giocate che, seppur manna per ogni appassionato, possono essere viste come meri ghirigori stilistici.
Non di meno gli sono risparmiati appunti sulle inevitabili pause durante la partita, particolare comunque che sembra essere comune a tutti i giocatori dotati di talento speciale.
Nel corso degli anni si è anche parlato di un dualismo con il grande Rivelino, con quest'ultimo sempre preferito per caratteristiche e per capacità di adattamento in un contesto di fuoriclasse.
Dal canto suo Ademir ha sempre imputato le sue mancate convocazioni ai sempre aspri contrasti tra le varie federazioni brasiliane, dando quindi una motivazione più politica che tecnica.
Senza entrare nel merito sono molti nel 1970 sono in molti a stupirsi della sua mancata convocazione per il Mondiale messicano, nonostante in quella rappresentativa sia davvero difficile trovargli un posto, dovendo per forza togliere uno tra Rivelino, Tostão, Jairzinho o Clodoaldo, fermo restando l'intoccabilità di Pelè.
Quattro anni dopo si guadagna la convocazione per il Mondiale in Germania, potendo però giocare solamente la sfortunata finale per il terzo posto con la Polonia, venendo sempre accantonato in luogo di Rivelino.
Quello che non ha avuto dalla nazionale lo ha avuto ampiamente dal Palmeiras del quale è ancora oggi un'icona, venendo inserito con merito nel gruppo di giocatori maggiormente amati dai tifosi.
Anche al giorno oggi viene venerato e durante le sue uscite pubbliche ottiene ovazioni e tanti attestati di stima: qualche anno fa, da arzillo vecchietto, si è tolto la soddisfazione di scendere in campo in una partita benefica, realizzando anche un rigore con un potente esterno destro. Ovviamente la maglia indossata non poteva che essere quella del Palmeiras.


La passione e la voglia di sentirsi importante non sono mai mancata ad Ademir neanche al termine della carriera, avvenuto in una partita contro il Corinthians all'Estàdio Morumbi.
Nel 2004 ha anche un'esperienza politica, diventando membro del consiglio municipale di San Paolo nelle file del Partito Comunista.
Tuttavia la sua grande passione, quasi una ragione di vita, è il Palmeiras, alla quale ha dedicato quasi tutta la carriera ed ha regalato autentiche magie con la maglia numero 10.
"Il Palmeiras è la mia vita" è quello che ha sempre affermato a a chi gli chiedeva cosa rappresentare per lui il Verdão, formalizzando un rapporto inossidabile anche la passare del tempo.
Per ogni amante del "vero" calcio Ademir da Guia rappresenta quanto più di bello il calcio può offrire, laddove un magico tocco, un passaggio inaspettato o una conclusione perfetta possono tramutare uno sport in una vera arte.
Ed in tal caso O Divino può essere davvero definito un grande artista.






Giovanni Fasani


(Fonti: www.theblizzard.co.uk)



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