venerdì 22 luglio 2016

ARIE HAAN

Quando si parla del famigerato "calcio totale" di matrice olandese l'accento viene messo sulla grande completezza tecnico/tattica di ogni calciatore, chiamato sul rettangolo di gioco a disimpegnarsi in più ruoli ed a dare il suo contributo in ogni fase si gioco.
Già il concetto di ruolo sembra superfluo nella complicata alchimia orange, laddove l'intercambiabilità di posizione ed il movimento continuo rappresentano un punto di rottura netto rispetto alle più tradizionali concezioni calcistiche.
Maestro nell'interpretare tale nuova scuola di pensiero è Arie Haan, straordinario  centrocampista olandese, talvolta sottovalutato rispetto ai più appariscenti connazionali contemporanei.
 
 
La sua crescita calcistica avviene nel florido vivaio dell'Ajax, dove il suo talento viene subito notato dall'allenatore della prima squadra Rinus Michels, affascinato dalle doti e dalla personalità del giovane centrocampista classe 1948.
A tal proposito non sono rari i litigi tra i due, causati dalla volontà del giocatore di prediligere in un primo momento gli studi alla carriera calcistica, arrivando anche a rifiutare alcune convocazioni.
Lo strappo si ricuce in fretta e Haan diventa un elemento importante per i Lancieri, arrivando a conquistarsi con il tempo sempre più spazio nelle scelte di Michels.
Spazio che inizia a trovare anche in nazionale, dove viene convocato per la prima volta nel 1969, nel contesto di una rappresentativa emergente e ben identificata nei calciatori di Feyenoord ed Ajax.
In quegli anni la squadra di Amsterdam è grande protagonista  sul palcoscenico nazionale, facendo incetta di campionati e coppe nazionali, ma mancando l'affermazione internazionale, con specifico riferimento alla Coppa dei Campioni, vinta proprio dai rivali del Feyenoord nel 1969/1970.
L'Ajax aveva raggiunto la finale nella stagione precedente, quando era stata però battuta per 4-1 dal Milan di Gianni Rivera.
Finalmente nella stagione 1970/1971  arriva il tanto agognato trionfo europeo nella finale di Londra, dove il coriaceo Panathinaikos allenato da Ferenc Puskás viene battuto per 2-0.
Autore del secondo gol è proprio Haan, subentrato ad inizio ripresa a Sjaak Swart, uscito insieme a Nico Rijnders in quello che è molto di più di un ideale passaggio di consegne.
 
 
All'inizio della stagione successiva Rijnders si trasferisce al RWD Molenbeek, aprendo la strada alla formazione titolare proprio a Hann che in breve tempo diventa una colonna dell'Ajax.
Al grande dinamismo ed alle ottime doti fisiche abbina un senso tattico notevole, che gli permettono di farsi trovare sempre nella posizione corretta, eccellendo nel recupero palla.
In fase di possesso dimostra doti tecniche notevoli, coniugate ad ottime intuizioni offensive, che si materializzano in tempestivi inserimenti senza palla.
Pur essendo un centrocampista trova la rete con buona continuità, principalmente in virtù di un'altra sua grande dote, il tiro da fuori.
Il talento nativo di  Finsterwolde dispone di un piede destro preciso e potente, che gli consente di trovare la porta anche da distanze siderali.
Questa sua "arma" unita alla disciplina tattica ed alla corsa infinita lo rendono uno dei centrocampisti più completi del panorama europeo ed un punto di forza assoluto dei biancorossi di Amsterdam.
Con questi ultimi arriva a vincere praticamente tutto, mettendo in bacheca 3 campionati, 3 Coppe d'Olanda, 1 Coppa Intercontinentale e ben 3 Coppe dei Campioni consecutive.
A questi trionfi si aggiunge anche la vittoria nella prima Supercoppa Europea ufficiale, vinta contro il Milan con un roboante 6-0, in un match chiuso proprio da un gol di Haan (l'anno precedente la squadra olandese si era imposta nello stesso torneo non ancora riconosciuto, battendo in finale i Rangers, grazie anche a due gol del giovane centrocampista).
L'era del grande Ajax si sta però chiudendo e tale successo sembra essere il vero "canto del cigno" della formazione olandese, la quale si vede privata anno dopo anno dei suoi migliori talenti.
La riproposizione del calcio totale di rivede però in nazionale, dove l'Olanda di Rinus Michels incanta il mondo con il suo calcio meraviglioso, garantito anche dalle prestazioni di Haan, schierato però in un ruolo per lui inedito.
Viene infatti schierato come difensore, a causa dell'assenze per vari motivi di Barry Hulshoff, di Aad Mansveld e soprattutto di Rinus Israël.
Il centrocampista dell'Ajax si disimpegna al meglio in una mansione mai ricoperta prima, mettendo ancora una volta in mostra la sua proverbiale sagacia tattica, in un torneo che vede l'Olanda battuta dalla Germania Ovest nell'atto conclusivo.
Nel 1975 la diaspora dei campioni dall'Ajax verso altre squadre, aperta da Johan Cruijff, coinvolge anche Haan, il quale accetta di buon grado l'offerta dell'Anderlecht.


 A Bruxelles ritrova il connazionale Rob Rensenbrink ed un gruppo di giocatori belgi di altissimo livello, ritenuti in patria tra i più forti di ogni epoca: François Van der Elst, lo sfortunato Ludo Coeck, Gilbert Van Binst, Franky Vercauteren ed i difensori Jean Thissen e Hugo Broos.
Nelle sei stagioni passate con Les Mauve et Blanc vince un campionato, una coppa nazionale, 2 Coppe delle Coppe e 2 Supercoppe Europee, confermandosi ancora una volta come un elemento cardine del centrocampo ed in assoluto uno dei leader della squadra.
Addirittura le Coppe delle Coppe potrebbero essere 3, se la squadra belga non venisse sconfitta nella finale di Amsterdam dall'Amburgo nella stagione 1976/1977.
Anche in tale contesto continua a segnare con grande continuità, sorprendendo più di un portiere con le sue potenti conclusioni dalla media/lunga distanza (nel solo campionato segna 35 reti in 199 presenze).
Nel frattempo la sua esperienza con la nazionale continua tra alti e bassi, tra i quali spicca la mancata convocazione per la fase finale dell'Europeo del 1976, chiuso dalla squadra allenata da George Knobel con un deludente terzo posto.
Nel 1978 partecipa alla spedizione mondiale in Argentina, con una squadra sulla carta fortemente indebolita dall'assenza di Johan Cruijff.
L'Olanda disputa un ottimo torneo, trascinata anche dalle ottime prestazioni di Haan, che, tornato a fare il centrocampista, si mette in mostra come uno degli elementi più positivi.
Durante la rassegna si guadagna lo storico soprannome di Bombardiere, in virtù delle due realizzazioni con tiri dalla lunga distanza contro Germania ed Italia.
Contro gli azzurri il gol arriva addirittura con una cannonata da 35 metri che batte imparabilmente Dino Zoff, regalando all'Olanda l'accesso alla finale.
 
 
In quest'ultimo match la squadra di  Ernst Happel si arrende ai padroni di casa dell'Argentina, vedendo per la seconda volta consecutiva interrompersi i propri sogni di vittoria nell'atto finale, sempre al cospetto della nazionale ospitante.
Tale doppia delusione rappresenta una rarità nella carriera di Haan, abituato a vincere con continuità a livello di club.
Nemmeno i successivi Europei del 1980 sorridono alla formazione olandese, eliminata nel girone iniziale da Germania Ovest e Cecoslovacchia.
Per il centrocampista dell'Anderlecht è l'ultimo grande torneo disputato con la nazionale, mettendo fine ad ogni velleità personale di vincere qualcosa in tale contesto.
A livello di club le vittorie continuano però ad arrivare, anche se nel 1981 decide di abbandonare Bruxelles per trasferirsi allo Standard Liegi, allenato da Raymond Goethals, suo primo mentore nella stagione d'esordio in terra belga.
 
 
Nelle due stagioni disputate con i Les Rouches vince due volte il titolo nazionale, perdendo però la finale di Coppa delle Coppe 1981/1982 contro il Barcellona.
Anche in questa caso la squadra beneficia della presenza di talenti notevoli quali Michel Preud'homme, Eric Gerets, Walter Meeuws e Guy Vandersmissen, ma ancora una volta il contributo di Haan è decisivo per il salto di qualità, grazie a continue prestazioni di altissimo livello ed al solito apporto in termini di gol (12 nelle 65 apparizioni in campionato).
Molte ombre restano comunque sulla vittoria del campionato 1981/1982 a causa di un tentativo di corruzione avvenuto nella gara contro il Waterschei, risultata decisiva per l'assegnazione del titolo.
Tra varie polemiche ed udienze, nel 1984 Haan viene scagionato da ogni accusa, al pari della società, alla quale non viene comminata nessuna sanzione, mentre vari giocatori dello Standard Liegi vengono squalificati.
Nel 1983, abbandonata anche la nazionale dopo 35 presenze e 6 reti, ritorna in patria per giocare un'ultima stagione con il PSV, con il quale gioca solamente 18 volte, prima di mettere fine alla sua lunga e vincente carriera ad Hong Kong con la maglia del Seiko SA.
Durante la stessa Arie Haan si è imposto come uno dei giocatori più completi e moderni dell'epoca. laddove la modernità si spiega con la perfetta interpretazione dei nuovi dettami calcistici, nobilitati in ogni fase dal suo grande talento.
Per ogni allenatore è stato una chiave tattica fondamentale, mentre ogni tifoso ricorderà per sempre le sue imparabili bombe.
 
 

 
Se il calcio totale ha fatto nascere giocatori in grado di "fare bene ogni cosa in campo", Arie Haan ne rappresenta pienamente un prototipo perfetto, anche più dei compagni maggiormente celebrati da pubblico e critica.
 
 

Giovanni Fasani


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