Un vecchio adagio asserisce che i grandi campioni possono giocare bene in qualsiasi ruolo, essendo il loro talento superiore a qualsiasi dettame tecnico-tattico o a qualsiasi limite funzionale.
Tale tesi viene sicuramente confermata dalla figura di György Sárosi, giocatore ungherese che nell’arco della carriera si è disimpegnato egregiamente in più zone del campo.
Si segnala subito come un giocatore dalla classe innata, in grado di muoversi sul campo con grande grazia, abbinata sempre ad una notevole concretezza.
Negli anni ’30 è davvero raro trovarsi di fronte ad un tale fenomeno tattico ed appare immediatamente ovvio come il giocatore nato a Budapest nel 1912 sia un autentico simbolo della sua epoca.
Sárosi è il classico giocatore che “vede” la giocata da fare prima degli altri, sia quando si tratta di saltare un uomo, sia quando si tratta di intercettare un passaggio avversario.
Il suo modo di approcciarsi al calcio è davvero a 360 gradi e tale qualità gli permette nel tempo di fare la differenza in più ruoli, anche molto diversi tra loro.
In pratica è sempre in grado scegliere la giocata giusta da fare, facendo leva su di un talento cristallino e su di una sapienza tattica di altissimo livello.
Nei primi anni di carriera gioca come centromediano, grazie al suo fisico prestante ed alla sua precisione nei passaggi.
Le doti fisiche gli consentono di essere abilissimo nel gioco aereo, mettendo a disposizione la sua abilità in ogni zona del campo.
Anno dopo anno avanza però il suo raggio d'azione, dimostrando una straordinaria confidenza con il gol.
Inizialmente allarga la sua posizione sulla zona destra o sinistra del campo, per poi specializzarsi nel ruolo di seconda punta, o mezzala con licenza di puntare direttamente verso la porta.
Non di rado il suo proverbiale fiuto per il gol lo porta a giocare direttamente come punta centrale, ruolo che interpreta al meglio, con movimenti perfetti coronati da una freddezza glaciale nei pressi della porta.
Sono poche le immagini a disposizione, ma la seguente è sufficientemente esplicativa della sua tecnica e della sua maestria nell'andare in rete.
I numeri relativi alla sue realizzazioni sono sbalorditivi: con il Ferencvaros (sua squadra per tutta la carriera) segna 351 reti in 382 partite, vincendo per tre volte il titolo di capocannoniere del campionato ungherese e trascinando le Aquile Verdi alla vittoria di 5 titoli nazionali.
Per buona parte della carriera gioca con il fratello Bela, di 7 anni più giovane, il quale nel 1939 decide di abbandonare l'Ungheria per costruirsi una discreta carriera in Italia ed in Spagna.
Le reti di György Sárosi portano anche al successo in altrettante edizioni della Coppa d’Ungheria più l’ambita affermazione nella Coppa dell’Europa Centrale del 1937.
In finale la squadra ungherese sconfigge la Lazio con un pirotecnico 5-4, nel quale Sárosi la fa da mattatore con una bella tripletta.
Anche a livello internazionale quindi, si fa valere al meglio, come dimostrano i tre titoli di miglior realizzatore conquistati nella suddetta competizione (1935, 1937 e 1940).
Le sue qualità lo rendono un elemento cardine anche della nazionale magiara, della quale inizia a far parte dal 1931 esordendo in un’amichevole contro la Jugoslavia.
Anche con l’Ungheria si dimostra grande realizzare e giocatore di categoria superiore, segnando 42 reti in 62 apparizioni.
In tale contesto non riesce però a vincere nulla, nonostante le buone prestazioni da lui offerte, specie nella Coppa Internazionale, della quale è capocannoniere nell’edizione 1933-1935 e 1936-1938.
Prende parte da protagonista anche ai Mondiali del 1934 e del 1938, ponendosi come punto di riferimento di una squadra fortissima, ma poco assistita dalla fortuna.
Nell'edizione disputata in Italia la squadra allenata da Ödön Nádas viene eliminata dalla fortissima Austria ai quarti: nel match terminato 2-1 Sárosi va a segno su rigore, segnando il suo primo gol ad un Mondiale.
Quattro anni dopo l'Ungheria si presenta in Francia come una delle favorite, grazie al suo leggendario gioco palla a terra e ad un reparto offensivo di altissimo livello composto, oltre che da Sárosi, da Gyula Zsengeller, Pál Titkos, Jenő Vincze e Ferenc Sas.
Il giocatore del Ferencvaros è anche il capitano della squadra e nel corso della competizione incanta il pubblico transalpino con giocate sopraffine.
La squadra magiara raggiunge a suon di gol la finale di Parigi, dove viene però sconfitta per 4-2 dall'Italia di Vittorio Pozzo.
Sárosi segna il gol del momentaneo 1-1, il quinto per lui nel torneo, distinguendosi per un gesto di grande sportività.
Al termine dell'incontro va a stringere la mano al fuoriclasse azzurro Meazza e gli dice: "la vittoria è andata certamente ai migliori".
Un gesto di grandissima sportività per un uomo speciale, che nel corso della carriera si laurea anche in legge, diventando avvocato e magistrato.
Il suo futuro è comunque sempre nel mondo del calcio, nelle vesti di apprezzato allenatore in moltissime squadra italiane.
Sfruttando la conoscenza della lingua (la madre era italiana), Giorgio Sarosi (il suo nome italianizzato) viene scelto per portare il tanto decantato calcio danubiano anche in Italia.
Lo farà con alterne fortune, vincendo uno scudetto con la Juventus, ma soprattutto lavorando con grandissima passione con i giovani.
A tutti i suoi giocatori ha insegnato come stare in campo, ma probabilmente nessuno è riuscito a farlo come György Sárosi.
Giovanni Fasani
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