Nel 1962 il Brasile centra lo storico bis nella Coppa Rimet, riproponendosi al mondo come massimo punto di riferimento calcistico e mostrando a tutti il valore di quel campione che risponde al nome di Garrincha.
Per noi italiani invece il Mondiale cileno è solamente sinonimo di una cosa: “La Battaglia di Santiago”.
Con questo denominazione si vuole indicare la partita giocata nella capitale cilena tra i padroni di casa e la nazionale italiana, persa da quest’ultima per 2-0.
Con questo denominazione si vuole indicare la partita giocata nella capitale cilena tra i padroni di casa e la nazionale italiana, persa da quest’ultima per 2-0.
Come tutti sappiamo tale match viene ricordato principalmente per il gran numero di scorrettezze in campo, sfociate in vere e proprie risse, sfuggite più o meno involontariamente all’improponibile arbitro inglese Ken Aston.
In un clima da Far West gli italiani Ferrini e David vengono espulsi per duri interventi di gioco, nonostante i giocatori cileni si rendano protagonisti di ben più violenti comportamenti anche a gioco fermo.
Uno di questi, figlio di un ex pugile, nei primi minuti del primo tempo sferra un pugno al povero Humberto Maschio, rompendogli il setto nasale e menomandolo per l’intero match.
Sorprendentemente la terna arbitrale non si accorge di nulla ed il suddetto calciatore non subisce provvedimenti disciplinari.
Nel secondo tempo replica il deprecabile comportamento assestando un altro gancio sinistro al già citato Mario David, uscendone ancora impunito.
Come anticipato l’Italia esce di fatto dalla competizione a causa della sconfitta, con federazione e stampa che si scagliano indignate contro il comportamento del Cile, con particolare riferimento alle “gesta” dell’improvvisato boxeur.
Quanto fatto da quest’ultimo è ovviamente censurabile e lesivo di ogni etica sportiva e civica, ma vale la pena ricordare che Leonel Guillermo Sanchez Lineros è uno dei giocatori sudamericani più forti del periodo ed uno degli eroi della Roja.
La sua crescita calcistica avviene nell’Universidad de Chile dove mette in mostra doti di grande livello, compresa una grandissima tenacia.
Proprio con La U spende quasi tutta la carriera, dimostrandosi un'ala sinistra dalla grande
velocità e dallo spunto irresistibile.
In campo gioca con grande generosità che lo porta talvolta
ad eccedere, non mostrando remore o limiti nel fronteggiare avversari più
corpulenti.
Il suo baricentro basso gli consente di essere sempre
coordinato ed anche nei pressi dell’area di rigore fa valere una massiccia
fisicità, a dispetto di un’altezza non significativa (174 cm).
Dispone di un tiro potente e preciso che lascia partire preferibilmente di sinistro e con il quale trova la rete con facilità.
Al tal proposito emerge la sua diversa interpretazione del ruolo di esterno offensivo: Sanchez punta direttamente la porta invece di spostarsi sull’esterno ed in molte occasioni funge da vero e proprio attaccante.
I numeri a proposito lo eleggono come proficuo realizzatore, soprattutto ad inizio carriera dove raggiunge più volte la doppia cifra. Addirittura nel 1959 arriva a realizzare 26 reti in campionato, stabilendo il suo personale primato.
Dispone di un tiro potente e preciso che lascia partire preferibilmente di sinistro e con il quale trova la rete con facilità.
Al tal proposito emerge la sua diversa interpretazione del ruolo di esterno offensivo: Sanchez punta direttamente la porta invece di spostarsi sull’esterno ed in molte occasioni funge da vero e proprio attaccante.
I numeri a proposito lo eleggono come proficuo realizzatore, soprattutto ad inizio carriera dove raggiunge più volte la doppia cifra. Addirittura nel 1959 arriva a realizzare 26 reti in campionato, stabilendo il suo personale primato.
La sua esperienza con l’Universidad termina nel 1969, dopo
417 partite e 161 reti nella massima divisione cilena.
Durante la sua permanenza il club vince ben sei titoli
nazionali e si guadagna il soprannome di Ballet Azul, venendo ricordata come una delle più
forti di sempre nella storia calcistica cilena.
Nel 1969 a 33 anni accetta di trasferirsi al Colo Colo,
suscitando qualche polemica tra i tifosi dell’Universidad, per i quali Sanchez
è un vero e proprio idolo.
A dire il vero non è la prima volta che il giocatore ha la
possibilità di cambiare squadra: nel 1963 sembra ormai cosa fatta il suo
passaggio al Milan, salvo poi saltare a causa della norma sugli stranieri, che
non consente alla squadra italiana di tesserare un terzo straniero.
Dopo il Mondiale del 1962 riceve altre ottime offerte, ma
per varie ragioni non si sposta da Santiago, fino al 1969, quando appunto passa
ai rivali del Colo Colo.
Con l’Eterno Campeon gioca una sola stagione, che, a dispetto dei soli 2 gol da lui segnati, si
conclude con la vittoria del campionato, il settimo per Sanchez.
Dopo questa vincente esperienza gioca per altri tre anni nel
Palestino e nel Ferrobadminton, dove a 37 anni si ritira dall’attività
agonistica.
Seppur
possa essere identificato come una gloria dell’Universisad de Chile, Sanchez è
un vero e proprio eroe di tutto il calcio cileno, proprio per quanto fatto con
la maglia della nazionale.
In tale contesto incanta già durante la Copa America 1956, quando il Cile termina al secondo posto dietro l’Uruguay: durante il torneo si rende protagonista di grandi prestazioni, soprattutto nella gara interna vinta con il Brasile per 4-1, dove segna un gran gol. Nello stesso torneo va ancora in rete nel match contro il Perù, realizzando l’ultimo gol nel 4-3 finale.
Come anticipato in apertura di questo articolo il torneo da tutti atteso è il Mondiale del 1962, ospitato proprio dal Cile e dove Sanchez si fa conoscere agli occhi del mondo.
Ovviamente tale celebrità non dipende esclusivamente dalle scazzottate alle quale ha dato avvio contro l’Italia, ma per i 4 gol da lui realizzati durante il torneo: tali reti lo rendono capocannoniere al pari di Garrincha, Jerkovic, Ivanov, Vavà e Florian Albert.
Dopo la doppietta nella gara di apertura contro la Svizzera, si ripete nei quarti di finale contro la forte URSS, per poi segnare su rigore in semifinale contro il Brasile, nella gara persa per 4-2.
Il Cile termina il torneo al terzo posto e Sanchez è ovviamente considerato uno dei massimi artefici di tale notevole risultato.
Nel 1968 termina la sua avventura con la nazionale, lasciando la Roja con un bilancio di 84 presenze e 23 gol.
Il suo nome resta legato a quanto successo nel 1962, in una
sorta di personale bilanciamento tra il “diavolo” e l’”acqua santa”.
Quanto da lui fatto contro l’Italia è indubbiamente
censurabile e non degno di quanto da lui dimostratocon il pallone tra i piedi.
In Cile la cosa è ancora giustificata come personale vendetta dei giocatori alla pessime parole spese dai giornali italiani sul degrado sociale della nazione cilena in quegli anni.
Limitandoci al lato puramente calcistico, è giusto considerare Leonel Sanchez un vero e proprio simbolo del calcio cileno ed uno dei migliori interpreti sudamericani del suo ruolo.
In Cile la cosa è ancora giustificata come personale vendetta dei giocatori alla pessime parole spese dai giornali italiani sul degrado sociale della nazione cilena in quegli anni.
Limitandoci al lato puramente calcistico, è giusto considerare Leonel Sanchez un vero e proprio simbolo del calcio cileno ed uno dei migliori interpreti sudamericani del suo ruolo.
Meglio
quindi valutarlo per le prestazioni sul campo, piuttosto che per quanto
mostrato su di un ipotetico ring.
Giovanni Fasani
Giovanni Fasani
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