venerdì 13 marzo 2015

QUI-ROGA, A VOI ARGENTINA

Più volte ci siamo chiesti come sarebbe finita una determinata partita nel caso in cui ci fosse stato un protagonista in più, ossia quel giocatore che per infortunio o squalifica ha dovuto saltare un importante appuntamento con la storia.
Nel caso di Johan Cruijff l'aver saltato la finale del Mondiale 1978 non era per nessuna delle due cause sopracitate.
Il pluricampione olandese aveva deciso di non partecipare alla rassegna argentina in quanto in forte contrasto con l'allora dittatura del generale Videla, la quale aveva mietuto morte e terrore per circa 7 anni nel periodo compreso tra il 1976 ed il 1983.
Nel 1978 l'Argentina è la nazione designata per ospitare l'11° edizione del massimo torneo mondiale e l'occasione per fare bella figura agli occhi del mondo è troppo ghiotta per la dittatura che decise di investire un gran numero di soldi in televisioni, impianti e servizi vari. Tutto il mondo potè assistere quindi alla "perfetta" organizzazione di Videla e soci, senza sospettare che dietro a tutto quel denaro vi erano celati migliaia di imbrogli.
Il torneo entrò subito nel vivo sin dalle prime battute con la Germania campione che non andò oltre lo 0-0 nella gara inaugurale con la Polonia.
L'Italia vinse tre gare su tre (compresa la partita contro i padroni di casa grazie ad un bellissimo gol di Bettega) guadagnandosi l'accesso alla seconda fase dove troverà la forte Olanda, che pur priva di Cruijff è comunque squadra dura da battere.
Il Brasile strappò anch'esso il pass per la seconda fase grazie ad un gol di Roberto Dinamite che stese l'Austria già qualificata.
Al termine del primo girone l'Albiceleste allenata da Menotti, fu vittima di qualche critica da parte di alcuni tifosi che mal digerirono la sconfitta contro l'Italia; tuttavia i padroni di casa accedono al turno successivo in un girone che li vede uniti a Polonia, Brasile e Perù.
Il regolamento vuole che la vincitrice del girone acceda alla finalissima, mentre la seconda dovrà accontentarsi della finalina di consolazione.
Nella prima gara il Brasile strapazza 3-0 il Perù, mentre una doppietta di Mario Kempes spezza i sogni di gloria polacchi.
La seconda gara mette di fronte le storiche rivali, ma la partita tra l'Albiceleste e la Selecao si trasforma ben presto in un rodeo dove la fanno da padroni calci e pugni, il tutto risolto nello 0-0 finale.
Per uno strano fatto le ultime due partite del girone non vengono giocate allo stesso orario, con il Brasile che affronta la Polonia prima che l'Argentina giochi il suo match contro il Perù; a nulla servono le proteste brasiliane, così è deciso; da chi non si stenta a crederlo.
E' ancora Roberto Dinamite a decidere la sfida di Mendoza contribuendo con una doppietta al 3-1 finale dopo il momentaneo pareggio di Lato.
A questo punto i giochi sono chiari: all'Argentina servirà vincere con 4 gol di scarto contro il Perù per andare in finale ed affrontare l'Olanda che nel frattempo ha battuto l'Italia 2-1 nell'altro girone.
Alle 19:45 l'Estadio Gigante de Arroyito di Rosario è gremito da quasi 40.000 argentini pronti a spingere i propri beniamini verso il poker più importante della loro vita.


La porta peruviana è presieduta da colui che diventerà il principale sospettato della marmellata ordita per qualificare l'Argentina alla finale: Ramon Quiroga è difatti naturalizzato peruviano, ma nato in Argentina, ironia della sorte proprio a Rosario.
Quiroga è soprannominato El Loco per via di un carattere alquanto fumantino e bizzarro (ma efficace) tra i pali; inizia la sua carriera proprio nel Rosario Central per poi accettare, nel 1977, il secondo contratto con lo Sporting Cristal (squadra peruviana della capitale Lima).
Los Celestes però fanno di più: gli garantiscono anche il posto in nazionale qualora lui accetti di ottenere la cittadinanza peruviana.
Di buon grado Quiroga accetta, consapevole che nell'Albiceleste avrebbe avuto poche chance di partire titolare, chiuso da Fillol dopo che Menotti aveva volutamente rinunciato ad un altro Loco, Hugo Orlando Gatti.


Dopo un timido inizio dove il Perù colpsce un palo con Munante, l'Argentina passa dopo 21 minuti grazie ancora a Mario Kempes che si infila nella debole difesa avversaria per battere Quiroga con un preciso rasoterra.
Con l'andare della partita il Perù scompare praticamente dal campo, lasciando ampio spazio alla manovra argentina che raddoppia sul finire del primo tempo con Roberto Tarantini.
Nella ripresa la festa argentina è completata dalla doppietta di Leopoldo Luque, da un altro gol di Kempes e da René Houseman che fissano il 6-0 finale.
La sensazione è però lampante: il Perù ha fatto di tutto pur di tirarsi indietro e lasciare spazio alla vittoria, una vittoria premeditata e frutto di una dittatura che poco ha a che vedere con il calcio giocato.
Il Brasile deve arrendersi a questa goleada accontentandosi della finalina (vinta 2-1) contro l'Italia.


I sospetti di un complotto non furono mai del tutto confermati, solo a distanza di tempo la verità piano piano venne a galla.
E fu un libro a raccontarne i più interessanti particolari, El hijo del Ajedrecista, scritto da Fernando Rodriguez Mondragon, figlio di Gilberto Rodriguez Orejuela, capo del cartello di Calì, uno dei più feroci legato alla malavita colombiana.
Nel libro si racconta di un'ingente somma di denaro offerta ai peruviani pur di far passare l'Argentina; questo denaro fu finanziato appunto, dal cartello di Calì, che si sospettava avesse rapporti con il regime argentino.
Altro particolare fu quello raccontato dal centrocampista peruviano José Velasquez che, nonostante negasse qualsiasi tipo di complotto, ammise che fu strano ricevere la visita di Videla e Kissinger (foto sotto in un'immagine dell'epoca) nello spogliatoio prima dell'inizio della gara.
Ma il primo sospetto in assoluto lo si ebbe circa un anno dopo, quando Quiroga, sotto gli evidenti fumi dell'alcool, rivelò di non essere stato impeccabile (per così dire) nella partita in questione, con la federazione argentina che avviò un'indagine dove però tutti furono assolti, spedendo ben presto il caso nel dimenticatoio.


Molte cose furono dette a proposito di questa particolare sfida con la netta sensazione che del marcio c'era sin dall'inizio, da quando furono decisi gli orari delle sfide dell'ultima gara del secondo turno; un Mondiale nato sotto una stella sbagliata, figlio di una sporca dittatura che ha sempre agito nell'ombra e che si è fatta bella agli occhi del mondo.
Sportivamente parlando avremo sempre il dubbio di come sarebbe poi potuta andare la finale con gli olandesi se in campo ci fosse stato Johan Cruijff, da sempre sensibile alle cause democratiche, a tal punto di dire no anche alla regina Giuliana che lo implorò di partecipare a quel Mondiale.


Matteo Maggio

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