venerdì 30 gennaio 2015

POLITICALLY CORRECT

Calcio e politica, un binomio che ormai accompagna molto spesso le nostre giornate calcistiche. Non è certamente un mistero che ogni squadra abbia le proprie radici politiche; porto come esempio la mia città, Milano; Da una parte i Casciavit, ossia come venivano chiamati i tifosi del Milan da quelli dell'Inter, storicamente legati alla classe operaia e dell'altra i Bauscia, ossia come i tifosi del Milan chiamavano quelli dell'Inter che avevano radici più borghesi. Insomma, due termini molto simpatici che identificano (anche) politicamente una bellissima rivalità che dura da più di 100 anni.
Questo è per lo meno lo spirito con cui dovrebbero affrontarsi due rivali, cittadine e non; ma purtroppo col tempo abbiamo scoperto che non è così, per lo meno in molti casi.
Ciò che vogliamo riportare oggi alla memoria è una partita che per periodo storico e diversità di cultura, può essere definita come una delle sfide più politiche che il mondo del calcio abbia mai conosciuto.
Marsiglia, 5 dicembre 1997: tutto è pronto per il sorteggio dei gironi della 16° edizione del Campionato del Mondo. 4 le nazionali al debutto (Croazia, Giamaica, Giappone e Sudafrica) e tanta attesa per capire come saranno composti i gruppi con la nuova formula che per la prima volta vede presenti 32 squadre.
Le palline girano, vengono estratte e ad un certo momento ci si blocca. Unitamente a Germania e Jugoslavia, capitano nel Gruppo F Iran e Stati Uniti.


I conflitti che si svilupparono in Iran verso la fine degli anni 70 hanno messo a dura prova le relazioni internazionali delle due superpotenze che prima di allora mai si erano affrontate su un campo da calcio; a tal proposito il Presidente della Federazione statunitense commentò così dopo il sorteggio: "E' la madre di tutte le partite". Per la FIFA fu semplicemente un allarme rosso, una bega da evitare, ma tant'è, l'urna aveva emesso il suo verdetto.
Dopo alcuni mesi di seria preoccupazione e di riunioni per prendere adeguate misure di sicurezza in vista di possibili attentati terroristici, si arrivò al fatidico match; ad alimentare un pochino di tensione il fatto che entrambe le squadre si presentarono alla partita avendo perso il primo incontro (l'Iran venne sconfitto 1-0 dalla Jugoslavia, gli Stati Uniti 2-0 dalla Germania con secondo gol di Klinsmann, attuale CT degli americani); insomma, chi perde può già iniziare a fare le valigie.
Prima dell'inizio della gara, risultato tranquillo e senza nessuno scontro particolare, sorse un problema: secondo il regolamento FIFA la squadra sorteggiata con la lettera B (l'Iran in questo caso) doveva prendersi carico di andare lei incontro a stringere la mano alla squadra A (gli Stati Uniti), non un grosso problema per la maggior parte, un enorme problema per l'Ayatollah Ali Khamenei che non volle assolutamente che i "suoi" andassero a stringere la mano agli americani. Per quieto vivere e per buona pace dell'Ayatollah, la FIFA acconsentì che dovevano essere gli americani ad andare incontro agli iraniani.
A scongiurare che in campo si possano verificare scontri che vadano al di là dei semplici falli, i 22 giocatori decisero di farsi fotografare assieme prima del fischio d'inizio, regalando alla storia del calcio una delle più belle diapositive dell'intero panorama umano.


Ma veniamo al calcio giocato. Lione, 21 giugno 1998: da una parte l'Iran, ultima ed unica partecipazione prima di Francia 98 ad Argentina 78 dove realizzò 2 gol subendone 8, mostrando un calcio non all'altezza delle rivali. Arrivato in terra francese grazie allo spareggio thriller contro l'Australia, l'Iran ha in Ali Daei il suo faro in attacco e nello spogliatoio.
Dall'altra gli Stati Uniti, affacciatisi al calcio di livello già da qualche anno; e se la prima esperienza ad Italia 90 fu disastrosa, lo stesso non si può dire del Mondiale casalingo di 4 anni dopo dove passò il primo turno, salvo poi essere eliminata dal Brasile agli ottavi di finale per merito di un gol di Bebeto ad un quarto d'ora dalla fine; fu comunque un Mondiale stra-riuscito sia a livello organizzativo che a livello di squadra.
Negli Stati Uniti ci sono in campo Kasey Keller, portiere in forza al Leicester e Brian McBride che bene sta facendo in patria con i Columbus Crew. Il resto della rosa, a parte il difensore David Regis che gioca in Germania nel Karlsruhe, milita nella MLS, nata appena 5 anni prima e non ancora considerato torneo da palcoscenici di primo piano.
Stessa situazione per il tecnico iraniano Jalal Talebi che schiera tre elementi che militano in Germania: il già citato Ali Daei (FOTO), 149 presenze e 106 gol (record iraniano) col Team Melli, protagonista per altro di una stagione non fortunatissima al Bayern Monaco a fine millennio; suo compagno d'attacco quel giorno Khodad Azizi, in forza al Colonia con cui non ha mai brillato nelle tre stagioni passate in Renania. A centrocampo infine Karim Bagheri, uno dei primi registi moderni ed autentica bandiera del Persepolis con cui ha chiuso la carriera dopo le esperienze all'Arminia Bielefeld ed al Charlton.
Il resto è un gruppo molto unito che trova nel portiere Ahmadreza Abedzadeh e nel difensore Mohammad Kakhpour i suoi giocatori più esperti.


Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da una partita carica di tensione, le due squadre si affrontarono a viso aperto regalando al pubblico della Gerland un discreto spettacolo. Dopo pochi minuti gli iraniani reclamano per un netto fallo di Keller su Azizi ma l'arbitro svizzero Urs Meier non concede il rigore tra lo stupore della panchina mediorentale.
Gli Stati Uniti si fanno vedere subito con una traversa centrata dai McBride ed un palo colpito da Claudio Reyna, ma al 40' un perfetto cross di Javad Zarincheh pesca la testa di Hamid Estili che segna un gran gol e su cui Keller non può nulla.
Nella ripresa sono ancora gli Stati Uniti ad iniziare meglio e come una sorta di sfortuna divina è Regis a colpire il palo ad Abedzadeh fuori posizione; ma lo stesso Abedzadeh è protagonista qualche minuto più tardi quando esce a valanga su Milan Hejduk che aveva sparato a colpo sicuro da pochi passi, un miracolo che tiene in vita le speranze iraniane.
Con gli americani riversati in avanti alla ricerca del pareggio, è Ali Daei a lanciare in porta Mehdi Mahdavikia che dopo una corsa di 50 metri conclude alle spalle di Keller per il 2-0 a 6 minuti dalla fine. 3 minuti più tardi a nulla servirà il colpo di testa di McBride, se non a far passare qualche patema alla retroguardia guidata da Kakhpour.
Al fischio finale esplode la gioia del popolo iraniano; in campo sono numerosi i festeggiamenti e lo stesso avviene nei locali e nelle piazze principali del paese, con la gente che si riversa in strada per festeggiare il primo storico successo dell'Iran ad un Mondiale; un successo ottenuto sull'"arcinemico" statunitense che però non sarà sufficiente a qualificarsi per gli ottavi di finale.


Si tende spesso ad associare il calcio alla violenza anche per episodi che non c'entrano nulla, ma che vengono comunque inseriti nel mondo del pallone solo perché i protagonisti professano una discutibile fede per una determinata squadra.
Con questo non voglio dire che il calcio non abbia le sue colpe, ma non tutte le violenze sono colpa del calcio quando esso è protagonista. Questo Iran-Stati Uniti è andato al di là della violenza, è riuscito, seppur per una sera, a tenere uniti due popoli, regalando uno spettacolo che rimarrà nella memoria di tutti gli sportivi.


Matteo Maggio

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