Nel corso degli anni'70, la squadra peruviana del Club Universitario de Deportes diventa una solida realtà del calcio sudamericano, ottenendo importanti risultati in Copa Libertadores, con apice assoluto la finale dell'edizione del 1972 persa contro l'Independiente.
Tre anni più tardi il cammino dei Meringhe si ferma nel girone di semifinale, dopo aver concluso da imbattuti il primo raggruppamento ed aver avuto la soddisfazione di vincere in casa del Peñarol, nel leggendario Estadio del Centenario,grazie ad un gol di Oswaldo "Cachito" Ramirez, ma soprattutto in virtù delle grandi parate del portiere Juan Cáceres, detto Papelito.
Quest'ultimo si toglie anche la soddisfazione di parare un calcio di rigore al grande attaccante Fernando Morena al termine della gara , confermando in pieno i giudizi che lo vogliono quale uno dei migliori portieri del periodo. La sua abilità è amplificata da quella mancanza fisica che sembra rendere il suo impiego come portiere paradossale oppure un controsenso: al portiere peruviano manca infatti un dito di una mano, per la precisione l'indice della mano destra, perso mentre lavorava in un panificio di Chancay.
Nella parate sul tiro dagli undici metri dell'attaccante del Peñarol si dimostra sia freddo nel restare fermo, sia pronto a raggomitolarsi su se stesso per recupero il pallone ed impedire all'avversario di riprendere il pallone dopo l'iniziale respinta.
Talento e senso della posizione sono a tutti gli effetti due peculiarità dell'estremo difensore nativo di proprio di Chancay, dimostrate in pieno anche nelle esperienze passate (principalmente nell' Asociación Deportiva Colegio Nacional Iquitos) e successivamente alla suddetta annata con l'Universitario con le maglie di Alianza Lima e Melgar.
Oltre a doti tecniche al Papelito non è mai mancata la faccia tosta e la sicurezza nei proprio mezzi, esemplificata al meglio dalla dichiarazione post match contro il Peñarol:"C'erano circa sessanta mila uruguaiani che non smettevano di cantare alle mie orecchie, ma non mi sono mai distratto".
Se nella Liga 1 peruviana si è guadagnato stima ed accumulato presenze, la stessa cosa non si può dire per l'ambito della nazionale, con la quale ha collezionato una sola presenza per di più coincidente con una sonora sconfitta contro l'Ecuador.
Le cinque reti subite mettono in cattiva luce Cáceres aglio occhi dello staff tecnico, il quale decide di dare piena fiducia a Eusebio Acasuzo per la successiva Copa America, torneo vinto tra l'altro proprio dalla Blanquirroja.
Uscito con rammarico dalle selezioni rientra prepotentemente tra i convocabili alla vigilia del Mondiale del 1978, grazie alle ottime prestazioni in campo e al solito granitico carattere che lo rende un importante uomo spogliatoio.
La sua forte indole viene fuori anche al momento dell'assegnazione dei numeri di maglia, nel frangente in cui nessuno vuole prendere la numero 13, vista come portatrice di sventure: il Papelito è abituato ad affrontare ogni avversità di petto e non sarà certo un numero sulla schiena ad intimorirlo, per cui comunica al commissario tecnico Marcos Calderón di essere ben lieto di vestire l'innominabile casacca.
Assisterà al torneo da panchinaro, assistendo il titolare Ramón Quiroga, protagonista della tristemente famosa Marmelada Peruana, ovvero la partita nella quale subisce 6 gol dall'Argentina venendo accusato di aver facilitato gli stessi a causa di un mai provato accordo economico facilitato dalla sua origine argentina.
Nel calderone di polemiche e accuse successive al match ogni calciatore peruviano sembra sapere qualcosa che non può dire, ed un uomo come Cáceres mal si combina con una simile situazione.
La sua sarebbe una storia quasi unica ovunque, soprattutto per il periodo in questione, tranne che in Perù, dove un suo contemporaneo gioca anch'egli nella massima divisione con un'amputazione; El Manco Jaime Santillana Gonzales scende in campo infatti con il massimo ardore pur non avendo il braccio sinistro con la maglia dell'ADO Chalaco, a causa di uno sparo accidentale ricevuto durante l'adolescenza.
Decisamente il Perù non è un posto convenzionale dal punto di vista calcistico, ma che forza d'animo!!
Giovanni Fasani
Oltre a doti tecniche al Papelito non è mai mancata la faccia tosta e la sicurezza nei proprio mezzi, esemplificata al meglio dalla dichiarazione post match contro il Peñarol:"C'erano circa sessanta mila uruguaiani che non smettevano di cantare alle mie orecchie, ma non mi sono mai distratto".
Se nella Liga 1 peruviana si è guadagnato stima ed accumulato presenze, la stessa cosa non si può dire per l'ambito della nazionale, con la quale ha collezionato una sola presenza per di più coincidente con una sonora sconfitta contro l'Ecuador.
Le cinque reti subite mettono in cattiva luce Cáceres aglio occhi dello staff tecnico, il quale decide di dare piena fiducia a Eusebio Acasuzo per la successiva Copa America, torneo vinto tra l'altro proprio dalla Blanquirroja.
Uscito con rammarico dalle selezioni rientra prepotentemente tra i convocabili alla vigilia del Mondiale del 1978, grazie alle ottime prestazioni in campo e al solito granitico carattere che lo rende un importante uomo spogliatoio.
La sua forte indole viene fuori anche al momento dell'assegnazione dei numeri di maglia, nel frangente in cui nessuno vuole prendere la numero 13, vista come portatrice di sventure: il Papelito è abituato ad affrontare ogni avversità di petto e non sarà certo un numero sulla schiena ad intimorirlo, per cui comunica al commissario tecnico Marcos Calderón di essere ben lieto di vestire l'innominabile casacca.
Assisterà al torneo da panchinaro, assistendo il titolare Ramón Quiroga, protagonista della tristemente famosa Marmelada Peruana, ovvero la partita nella quale subisce 6 gol dall'Argentina venendo accusato di aver facilitato gli stessi a causa di un mai provato accordo economico facilitato dalla sua origine argentina.
Nel calderone di polemiche e accuse successive al match ogni calciatore peruviano sembra sapere qualcosa che non può dire, ed un uomo come Cáceres mal si combina con una simile situazione.
La sua sarebbe una storia quasi unica ovunque, soprattutto per il periodo in questione, tranne che in Perù, dove un suo contemporaneo gioca anch'egli nella massima divisione con un'amputazione; El Manco Jaime Santillana Gonzales scende in campo infatti con il massimo ardore pur non avendo il braccio sinistro con la maglia dell'ADO Chalaco, a causa di uno sparo accidentale ricevuto durante l'adolescenza.
Decisamente il Perù non è un posto convenzionale dal punto di vista calcistico, ma che forza d'animo!!
Giovanni Fasani
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