giovedì 26 settembre 2019

PATAGONIA 1942 : LA LEGGENDA DEL MUNDIAL DIMENTICATO


Quella del “mundial” dimenticato, il mondiale di calcio che si presume sia stato giocato nel 1942 (mai riconosciuto dalla FIFA), è una vicenda che per come c’è concesso conoscerla, si colloca su un’ipotetica linea di demarcazione tra la storia e la leggenda.
La storia vuole che in quell’anno il mondiale non fu giocato, causa seconda guerra mondiale che dilaniava i paesi europei, quasi come se non esistesse un domani; la leggenda narra invece l’opposto, che quell’anno il mondiale si giocò.
In modo atipico e non convenzionale ma fu giocato nella Patagonia Argentina, lontano dagli orrori della guerra e organizzato da un conte di origini balcaniche emigrato, che risponde al nome di Vladimir Otz.



Si narra che il suddetto aristocratico fosse un personaggio piuttosto stravagante e molto ricco capace di comprare un palazzo antico nella vecchia Europa per poi smontarlo e ricostruirlo nella Patagonia argentina. Nel 1941 Otz si era messo in testa di organizzare in Patagonia il quarto mondiale di calcio e così scrisse più lettere a Julies Rimet l'ideatore dei campionati del mondo; quest'ultimo inizialmente fu d'accordo, ma poi fece inspiegabilmente marcia indietro.
Il conte non si arrese e scrisse a molte federazioni calcistiche europee e sudamericane alcune risposero alla chiamata altre no. In Patagonia erano presenti fra gli altri Scozia, Inghilterra, Spagna, Italia, Francia, Germania e Brasile, mentre risposero negativamente Argentina (che il conte sostituì con la nazionale del Regno di Patagonia ) ed il Cile sostituito dalla nazionale Mapuches. Un popolo indios ormai senza terra, ma che si sentiva una fiera nazione in quanto abitava da secoli la Patagonia, ma con l'arrivo di conquistadores e inglesi le terre dei loro avi li erano state sottratte, una delle tante storie tristi ed intrise d'ingiustizia nei confronti dei natii del nuovo mondo.
Gli inglesi parteciparono ad un mondiale per la prima volta. Gli italiani, campioni del mondo in carica, fra le loro fila avevano anche un professionista tal Puricelli. I tedeschi erano ufficialmente in Patagonia per costruire una linea telefonica, ma in verità Hitler voleva sbarcare sul continente americano sperando di ottenere la vittoria del mondiale per scopi propagandistici; fra le loro file vi era anche un professionista tal Kramer un'occhialuto centravanti dotato di un gran tiro.

Gli altri giocatori erano operai minatori, soldati,poliziotti ecc. Fra gli arbitri si segnalava la presenza di William Brad Cassidy (figlio d’arte, e non solo, del noto criminale Butch Cassidy), rifugiatosi in Patagonia dopo aver rapinato le banche di mezzo Sud America.La leggenda dice che la coppa Rimet fu realmente messa in palio in questo stravagante mondiale ma come sia arrivata in Patagonia non è ben chiaro. Si narra che Otz l'avesse fatta arrivare dall'Italia tramite un'emigrante a cui era stata affidata dalla FIGC per proteggierla dall'avidita dei nazisti e che al termine del mondiale andò persa e che quindi quella messa in palio nel 1950 in Brasile fosse una copia.
Un'altra ipotesi narra che lo stravagante aristocratico commissionò una coppia della Rimet ad un'orafo di Buenos Aires. Quale sia la verità non è dato di saperlo. Comunque la coppa Rimet, prima dell'inizio della competizione giunse a Cipolletti una delle principali sedi di quel mondiale e ad attenderla vi erano migliaia di persone. La coppa venne fotografata ed ancora oggi molte di quelle foto troneggiano nei bar della Patagonia.
L'entusiasmo in Patagonia era alle stelle. La partita d'esordio fu fra i campioni del mondo dell'Italia e la squadra del Regno di Patagonia, compagine voluta dal conte Otz, in sostituzione dell'Argentina e formata da funamboli e trapezzisti di un circo che risultano belli da vedere ma pochi pratici tanto che gli italiani vinsero semplicemente la partita con il punteggio di 4-0.
La prima semifinale fu fra l'Italia e la Germania nazista. Ebbero la meglio i tedeschi che s'imposero per 4-3 dopo i supplementari anche a causa di Brad Cassidy che con uno scandaloso arbitraggio favorì la sconfitta degli azzurri.
Cassidy era un personaggio stravagante solito comunicare a suon di colpi di pistola con i giocatori (assodato dal conte Otz in persona); la Germania ariana avrebbe superato l’Italia littoriana grazie a due calci di rigore ed un gol viziato da un chiaro fallo.
Quella fu la prima ed ultima volta nella storia, che la Germania superò l'Italia in una gara valevole per la coppa del mondo. La partita in questione fu maschia con dure accuse di comportamenti sleali da ambo le parti, i teutonici accusavano gli italiani di accecarli con del peperoncino mentre gli azzurri accusarono i rivali tedeschi di aver corrotto il vulcanico direttore di gara.
L'altra semifinale fu giocata fra l'Inghilterra e gli indios Mapuches che erano arrivati in semifinale dopo aver travolto a sorpresa la Spagna (5-0) e la Francia (3-1) esprimendo un gioco di alto livello che rispecchiava la rabbia e l'orgoglio di un popolo che era stato privato della sua terra e a cui inglesi ed argentini stavano distruggendo le proprie tradizioni.
 Si mormorava che i Mapuche fossero dotatati di poteri magici e che fossero in grado di ipnotizzare gli avversari. Il loro punto forza era il portiere Nahuelfuta dotato di straordinaria acrobaticità e dotato di uno sguardo magnetico che intimoriva gli avversari e faceva innamorare le fanciulle ( si dice che una delle sue "vittime" fu la nipote del conte Otz Helena ).
Ma veniamo alla semifinale; il direttore di gara era un maggiore dell'esercito inglese designato direttamente dal conte Otz, cosa che mandó su tutte le furie i Mapuches che minacciarono di ritirarsi dalla competizione, ma che comunque alla fine, dopo mediazione dello stesso Conte Otz, scesero regolarmente in campo. Gli inglesi si portarono rapidamente in vantaggio ma i Mapuches pareggiarono sul finire della prima frazione. Nella ripresa la partita fu dura e a due minuti dalla fine un tiro del centravanti mapuche sbattè sulla traversa per poi rimbalzare in campo. Gol non gol? Le due squadre protestarono ma a risolvere la questione ci pensó il conte che sospese la gara ed ordinó a Guillermo Sandrini un cineoperatore da lui stesso assoldato per riprendere il mondiale di sviluppare la pellicola per dare al direttore di gara la possibilità di prendere la giusta decisione.
Dopo alcune ore la pellicola venne sviluppata ma le immagini erano sgranate e poco chiare ma con molto "Fair Play" il maggiore inglese concesse il gol mandando i Mapuches in finale. La notte prima della finale soldati tedeschi fecero irruzione in alcuni villaggi Mapuche infortunando alcuni giocatori che così non poterono giocare la finale ma non trovarono il portiere Nahuelfuta che leggenda narra avesse trascorso quelle ore con Helena la nipote del conte Otz nonostante quest'ultima fosse fidanzata con il centravanti dei tedeschi Kramer.
Ad arbitrare fu ancora Cassidy e curiosamente a vincere la finale però non furono i teutonici ma i Mapuches, che furono capaci di soffiare la Rimet “fantasma” dalle mani dei più quotati e protetti contedenti. La partita fu comunque bellissima e ricca di colpi di scena. I Mapuches in uno stadio gremito passarono in vantaggio a metà primo tempo grazie ad un colpo di tacco del proprio centravanti, ma prima della fine Cassind salì in cattedra regalando un rigore ai tedeschi, ma Kramer dal dischetto si fece ipnotizare da Nahuelfuta che devió in angolo. Nella ripresa altro rigore per i teutonici sul dischetto ancora Kramer che in segno di sfida si tolse gli occhiali... breve rincorsa e tocco laterale per un compagno che eluse l'uscita del portiere Mapuche servendo nuovamente Kramer che in netto fuorigioco pareggió. Gli indios protestano furiosamente ed a farne le spese fu Nahuelfuta che venne espulso dal campo sotto la minaccia della pistola di Cassidy.
La partita riprese ma in quel momenti cominció a piovere! Un diluvio, una tempesta! Glii spettatori iniziarono ad abbandonare le tribune quando il centravanti indio Mandalah con una rovesciata degna di Pelè, in Fuga per la vittoria, riportó in vantaggio i Mapuche. Cassidy fischió la fine! I Mapuche erano campioni del mondo ma in quel momento la diga di Bariloche sede della finale cedette e la furia dell'acqua investì tutti. Nessuno pensó più alla partita tutti scapparono e la premiazione non ebbe luogo e la coppa venne perduta fra le acque. Molti morirono di altri si persero le tracce, ma qualcuno sopravvisse ed è grazie a loro che questa storia è stata tramandata.

Difficile stabilire, dove termina la storia e comincia la fantasia e nonostante le smentite ufficiali, sono in molti a pensarla diversamente e a chiedersi come mai la questione non venga discussa pubblicamente o semplicemente approfondita. Tra i molti, spiccano personalità come:Josè Altafini, Gigi Buffon, Darwin Pastorin, Fabio Caressa, Roberto Baggio e Jorge Valdano.

Ad alimentare la leggenda, soprattutto negli ultimi anni, ha contribuito il film: “ Il Mundial Dimenticato” di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni (produzione italo-argentina, 2011).




La pellicola mischia il sacro al profano, il calcio ad un delicato momento storico (spaziando anche su altri delicati temi come l’emigrazione degli europei in sud america) e il regista, per sua stessa ammissione, ha svolto un massiccio lavoro di ricerca, al riguardo, appellandosi alla competenza di importanti personalità storiche, giornalistiche e perl’appunto calcistiche. Girato tra Argentina, Inghilterra, Germania, Italia e Brasile, il film viene presentato al grande pubblico a mo’ di falso documentario (mokumentary creativo) e vede il giornalista argentino Sergio Levinsky (più grande ricercatore al riguardo) condurre un’inchiesta susseguita al rinvenimento dello scheletro dell’unico cameramen il gia citato Guillermo Sandrini che presenziò all’evento, attraversando l’America Latina e l’Europa, fino a Roma, Cinecittà, ove sono state trovate alcune delle sequenze più significative della ricostruzione di quel che si suppone avvenne in quell'epoca.

Mito o realtà? Non sono io la persona più adatta a dirlo, ma la storia è talmente bella che ho pensato valesse la pena raccontarla.




Danilo Crepaldi

 

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