Alcuni giocatori dimostrano di essere speciali sin dall'esordio, quando anche ad un occhio non propriamente esperto sembra evidente di trovarsi di fronte ad un vero fenomeno.
L'aver assistito al debutto di uno di questi fenomeno è motivo di orgoglio, una di quelle cose da raccontare ai nipotini e della quale vantarsi con gli amici in un ambito più conviviale.
In tal senso dalle parti di Poznań è impossibile dimenticare la prima partita di Teodor Aniola, preludio di una carriera durata 16 anni tutti spesi con la maglia Kolejorz.
La disinvoltura e la spontaneità con la quale gioca è figlia della sua crescita quale calciatore autodidatta: il classe 1925 non ha la possibilità di giocare in una vera squadra giovanile, essendo il periodo che intercorre tra le due guerra non propriamente facile per il contesto polacco. Ad aiutarlo ad affinare la sua dimestichezza con il pallone trova il fratello Jana di tre anni più giovani, anche lui avviato alla carriera di calciatore.
Solamente nel 1945 il Kolejowy Klub Sportowy Poznań (in seguito Lech Poznań) si accorge del ventenne dalla tecnica sopraffina e dalle giocate sbalorditive, alacremente tesserato dal club stesso, conscio di aver trovato un giocatore eccezionale.
L'esordio ufficiale avviene il 1 luglio dello stesso anno, in un match contro il Polonia Jarocin, valido per la seconda serie polacca, categoria dalla quale la squadra di Poznań non riesce ad emergere.
Il giovane attaccante mette a segno una sontuosa tripletta nella maramaldeggiante vittoria per 11-3, mettendo in mostra un talento raro ed una gran determinazione del buttarsi su ogni pallone, finendo per entrare in tutte le azioni offensive della sua squadra.
Il pubblico ci mette poco ad eleggerlo ad idolo assoluto, attribuendogli il soprannome di Diabel, ovvero Diavolo, in virtù della tremenda efficacia con la quale tramuta in gol buon parte della sua azioni.
Pur essendo come impostazione un centrocampista offensivo, con vocazione a partite sul centrodestra, riesce a trovare la via della rete con una continuità di un attaccante, contribuendo nel 1947 alla promozione nella massima serie, segnando 23 gol in 15 partite.
La squadra che si affaccia al massimo torneo lo vede formare un trio offensivo di altissimo livello, con i compagni Edmund Bialas e Henryk Czapczy, ben presto a proprio agio anche di fronte al formante e prestigioso campionato polacco. La stampa esalta le qualità del terzetto offensivo, coniando il termine di trio ABC.
Dopo una prima stagione nella quale mette a segno 12 reti completa in breve tempo una straordinaria crescita tecnica che lo porta nei successivi tre campionati a vincere il titolo di capocannoniere, segnando sempre 20 reti al termine degli stessi.
Le soddisfazioni a livello personale non sono accompagnate però da successi a livello di collettivo, con la squadra di Poznań che non riesce a competere con le più forti realtà del calcio polacco.
In un'altra epoca un giocatore di questo tipo sarebbe potuto approdare in contesti di maggior prestigio, magari avendo anche la possibilità di emigrare per giocare ai massimi livelli e riuscire a guadagnare cifre impensabili.
Purtroppo per lui la Polonia degli anni'50 non è lo scenario esatto per ambire a simili obiettivi, ancor meno ci sono le condizioni per andare oltre confine per cimentarsi quale calciatore professionista (anche per questo a fine carriera sarà costretto a trovare lavoro nel settore ferroviario, dopo la poco felice esperienza quale allenatore).
La sua famelica indole per il gol lo porta a "cannibalizzare" ogni situazione offensiva, imponendosi ogni anno come il principale realizzatore della sua squadra e guadagnandosi i favori della stampa locale, sicuro nel nominarlo come il miglior giocatore polacco del periodo.
Inoltre il suo attaccamento al club non gli consente di abbandonare Poznań per altri lidi, nonostante i rapporti con la dirigenza non siano propriamente idilliaci; più volte Aniola ha avuto modo di lamentarsi per il trattamento economico non soddisfacente, non venendo però ripagato di nessun tipo di miglioramento.
Nel 1959, stanco di un trattamento che non ritiene idoneo decide di abbandonare i Kolejorz per vestire la maglia del Warta Poznań, generando non poco clamore tra i tifosi e la stessa dirigenza. Quest'ultima reagisce chiedendo una squalifica di sei mesi per Aniola, confiscandogli anche l'appartamento a lui concesso per vivere con la famiglia, costringendolo a tornare sui suoi passi e ad unirsi nuovamente al Lech nel frattempo retrocesso.
Immediatamente il suo apporto di gol e giocate porta i Kolejorz alla promozione, soddisfazione che funge da canto del cigno della sua carriera, in quanto l'anno seguente decide di smettere, senza più scendere in campo.
I sontuosi numeri realizzativi parlano di 139 reti segnate in 196 partite ufficiali, cifra assolutamente sbalorditiva che si pensa che non siamo di fronte ad un attaccante puro, ma ad uno dei centrocampisti più forti della sua epoca.
In una carriera di alto livello ci sono però due grossi rimpianti, entrambi non imputabili a qualche sua mancanza; del primo abbiamo già parlato, vale a dire nell'impossibilità di vincere qualcosa con il suo club, soddisfazione che avrebbe ampiamente meritato e che solo il contesto storico nel quale ha giocato gli ha impedito.
Il secondo concerne la nazionale maggiore, selezione per la quale ha giocato solamente 7 volte dal 1950 al 1954, segandovi in 2 occasioni, ma senza lasciare il segno come invece fatto con il Lech Poznań
Ambito questo nel quale il nome del Diabel suscita ancora grande emozione, anche per via di quel fenomenale esordio, tratto distintivo dei veri e propri fuoriclasse.
L'esordio ufficiale avviene il 1 luglio dello stesso anno, in un match contro il Polonia Jarocin, valido per la seconda serie polacca, categoria dalla quale la squadra di Poznań non riesce ad emergere.
Il giovane attaccante mette a segno una sontuosa tripletta nella maramaldeggiante vittoria per 11-3, mettendo in mostra un talento raro ed una gran determinazione del buttarsi su ogni pallone, finendo per entrare in tutte le azioni offensive della sua squadra.
Il pubblico ci mette poco ad eleggerlo ad idolo assoluto, attribuendogli il soprannome di Diabel, ovvero Diavolo, in virtù della tremenda efficacia con la quale tramuta in gol buon parte della sua azioni.
Pur essendo come impostazione un centrocampista offensivo, con vocazione a partite sul centrodestra, riesce a trovare la via della rete con una continuità di un attaccante, contribuendo nel 1947 alla promozione nella massima serie, segnando 23 gol in 15 partite.
La squadra che si affaccia al massimo torneo lo vede formare un trio offensivo di altissimo livello, con i compagni Edmund Bialas e Henryk Czapczy, ben presto a proprio agio anche di fronte al formante e prestigioso campionato polacco. La stampa esalta le qualità del terzetto offensivo, coniando il termine di trio ABC.
Dopo una prima stagione nella quale mette a segno 12 reti completa in breve tempo una straordinaria crescita tecnica che lo porta nei successivi tre campionati a vincere il titolo di capocannoniere, segnando sempre 20 reti al termine degli stessi.
Le soddisfazioni a livello personale non sono accompagnate però da successi a livello di collettivo, con la squadra di Poznań che non riesce a competere con le più forti realtà del calcio polacco.
In un'altra epoca un giocatore di questo tipo sarebbe potuto approdare in contesti di maggior prestigio, magari avendo anche la possibilità di emigrare per giocare ai massimi livelli e riuscire a guadagnare cifre impensabili.
Purtroppo per lui la Polonia degli anni'50 non è lo scenario esatto per ambire a simili obiettivi, ancor meno ci sono le condizioni per andare oltre confine per cimentarsi quale calciatore professionista (anche per questo a fine carriera sarà costretto a trovare lavoro nel settore ferroviario, dopo la poco felice esperienza quale allenatore).
La sua famelica indole per il gol lo porta a "cannibalizzare" ogni situazione offensiva, imponendosi ogni anno come il principale realizzatore della sua squadra e guadagnandosi i favori della stampa locale, sicuro nel nominarlo come il miglior giocatore polacco del periodo.
Inoltre il suo attaccamento al club non gli consente di abbandonare Poznań per altri lidi, nonostante i rapporti con la dirigenza non siano propriamente idilliaci; più volte Aniola ha avuto modo di lamentarsi per il trattamento economico non soddisfacente, non venendo però ripagato di nessun tipo di miglioramento.
Nel 1959, stanco di un trattamento che non ritiene idoneo decide di abbandonare i Kolejorz per vestire la maglia del Warta Poznań, generando non poco clamore tra i tifosi e la stessa dirigenza. Quest'ultima reagisce chiedendo una squalifica di sei mesi per Aniola, confiscandogli anche l'appartamento a lui concesso per vivere con la famiglia, costringendolo a tornare sui suoi passi e ad unirsi nuovamente al Lech nel frattempo retrocesso.
Immediatamente il suo apporto di gol e giocate porta i Kolejorz alla promozione, soddisfazione che funge da canto del cigno della sua carriera, in quanto l'anno seguente decide di smettere, senza più scendere in campo.
I sontuosi numeri realizzativi parlano di 139 reti segnate in 196 partite ufficiali, cifra assolutamente sbalorditiva che si pensa che non siamo di fronte ad un attaccante puro, ma ad uno dei centrocampisti più forti della sua epoca.
In una carriera di alto livello ci sono però due grossi rimpianti, entrambi non imputabili a qualche sua mancanza; del primo abbiamo già parlato, vale a dire nell'impossibilità di vincere qualcosa con il suo club, soddisfazione che avrebbe ampiamente meritato e che solo il contesto storico nel quale ha giocato gli ha impedito.
Il secondo concerne la nazionale maggiore, selezione per la quale ha giocato solamente 7 volte dal 1950 al 1954, segandovi in 2 occasioni, ma senza lasciare il segno come invece fatto con il Lech Poznań
Ambito questo nel quale il nome del Diabel suscita ancora grande emozione, anche per via di quel fenomenale esordio, tratto distintivo dei veri e propri fuoriclasse.
Giovanni Fasani
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