mercoledì 21 ottobre 2015

ASPETTANDO COLAUSSI

Nel 1938 la nazionale italiana si presenta in Francia con la ferma intenzione di riconfermarsi campione del mondo, dopo il successo di quattro anni prima.
La squadra allenata da Vittorio Pozzo parte come una delle favorite, potendo contare sulla classe di giocatori quali Meazza e Piola, ancora oggi celebrati come tra i più forti attaccanti italiani di tutti i tempi.
La squadra azzurra viene accolta molto male dal pubblico transalpino, sia per questioni di carattere politico, sia per le ancora vive polemiche del Mondiale precedente dove, a detta di molti, la rappresentativa italiana ha fruito di alcuni macroscopici errori arbitrali.
In un clima sufficientemente teso, il commissario tecnico sembra apparentemente sicuro di tutte le scelte tecniche, potendo contare su di una rosa di eccelsa qualità.
Nel ruolo di ala sinistra decide di aspettare fino all'ultimo il recupero di uno dei migliori interpreti di detto ruolo, scatenando anche qualche polemica tra i giornalisti e gli addetti ai lavori.
Questi ultimi contestano la precarietà delle condizioni dell'ala in questione, per via di alcuni acciacchi evidenziati nel finale di campionato: Pozzo non avvalora tali pareri ed addirittura chiede al contestato giocatore di rimandare il proprio matrimonio per poter partecipare al torneo.
Visto il fortunato epilogo ed il contributo dato da Gino Colaussi, pare evidente come la scelta di convocarlo sia stata a tutti gli effetti vincente.


Nato a Gradisca d'Isonzo nel 1914, cresce calcisticamente nell'Italica Gradisca, prima di passare, alla Triestina nel 1930.
Nei primi anni di carriera è conosciuto come Colaussi II, essendo in attività anche il fratello maggiore Giordano, attaccante con varie esperienze nel campionato di serie B.
A Trieste si mette subito in mostra come un'ala sinistra rapida e veloce, in grado di andare con facilità al cross, così come di puntare direttamente la porta.
La sua esile struttura fisica associata ad un ottimo dribbling lo rendono difficilmente contenibile dall'esterno avversario, anche in virtù di un campionario di finte sempre in evoluzione e moderno per i tempi.
Altra grande qualità è la sua confidenza con la rete, nonostante parta sempre da posizione defilata o da lontano: davanti alla porta mantiene sempre la giusta freddezza e il suo piede sinistro si dimostra preciso anche dalla media-lunga distanza.
Il commissario tecnico Pozzo ne apprezza altresì lo spirito indomito e la grande disponibilità al sacrificio, che lo rendono un giocatore molto completo e di assoluta affidabilità.
Di tali qualità beneficia appunto la Triestina che negli anni '30 si dimostra squadra di buon livello, sebbene non riesca ad andare oltre la sesta posizione (stagioni 1935-1936 e 1937-1938).
Alcuni giocatori Alabardati attirano comunque l'attenzione della nazionale maggiore, interessata alle prestazioni non solo di Colaussi, ma anche di Piero Pasinati e Bruno Chizzo.
L'ala di Gradisca d'Isonzo fa il suo esordio nel 1935, in concomitanza con la Coppa Internazionale iniziata nel 1933 e vinta dagli azzurri a spese di Austria ed Ungheria.
Durante tale torneo Colaussi segna sia all'andata che al ritorno contro la rappresentativa magiara, risultando decisivo per il successo finale della nazionale italiana.
Nel 1938, come anticipato, parte alla volta di Parigi con i compagni Pasinati e Chizzo, senza avere la certezza di partire titolare per l'imminente Mondiale.
La cavalcata dell'Italia parte negli ottavi di finale contro la Norvegia e Colaussi non viene schierato nell'undici titolare: la squadra di Pozzo di impone sugli scandinavi solo ai supplementari, quando un gol di Piola fissa il risultato sul 2-1.
Alla luce di una prova non brillantissima, l'allenatore azzurro inserisce Colaussi nella tesissima partita contro i padroni di casa della Francia. L'ala della Triestina è all'altezza della situazione, tanto da sbloccare la partita dopo 9 minuti.
Una doppietta del solito Piola rende inutile il momentaneo pareggio di Heisserer e l'Italia approda in semifinale al cospetto del Brasile, squadra indicata come la favorita assoluta della manifestazione.
La supponenza brasiliana si esemplifica nella decisione di lasciare fuori la stella Leonidas, provato dalla "battaglia" contro la Polonia e risparmiato per la finale.
Nella partita giocata a Marsiglia gli azzurri mettono fine ai sogni dei verdeoro imponendosi per 2-1, con un ottimo Colaussi a realizzare la prima rete.


La squadra azzurra affronta in finale la forte Ungheria, battendola per 4-2 al termine di un duro ed equilibrato incontro: assoluti protagonisti sono Silvio Piola ed ancora Colaussi, autori di una doppietta ciascuno.


Quest'ultimo esce dalla rassegna mondiale ottenendo quella visibilità internazionale che gli è sempre mancata nella Triestina.
In virtù della volontà di vincere anche a livello di club, accetta nel 1949 l'offerta della Juventus, da tempo interessata alle prestazioni del calciatore, ma sempre rifiutata dallo stesso per rispetto della società triestina.
Dopo 10 anni lascia quindi la suddetta squadra, per la quale ha giocato 248 partite di campionato segnando 42 reti.
L'esperienza a Torino non è molto fortunata, a causa di alcuni acciacchi e del servizio militare che limitano fortemente la qualità delle sue prestazioni.
In merito subisce pesanti critiche da molti giornalisti, che non esitano a definirlo "bollito" ed a bocciare totalmente l'investimento della società bianconera.
In concomitanza con la sua nuova avventura, termina il suo fortunato rapporto con la nazionale italiana, dopo 25 partite e ben 15 gol.
Colaussi gioca 40 partite in due campionati, segnando 7 reti e dando comunque un buon contributo alla conquista della Coppa Italia 1941/1942.
Al termine di questa stagione si esaurisce la sua esperienza alla Juventus e decide di accettare l'offerta del Vicenza, dove gioca per 3 stagioni; in tale contesto sembra venire meno la sua proverbiale velocità di esecuzione, ma mantiene un'ottima media realizzativa, segnando 23 gol in 47 apparizioni.
Nel 1945 ritorna a Trieste dove gioca la sua ultima stagione nella massima serie al termine della guerra, che gli permette di essere il secondo giocatore per numero di presenze nella storia dei Giuliani ( al primo posto c'è l'amico Piero Pasinati).


Il suo amore per il calcio lo convince a proseguire l'attività giocando per due stagioni con il Padova, con il quale nel 1948 vince il girone B di serie B e si guadagna la possibilità di ritornare in serie A.
Le sue condizioni fisiche non gli permettono di misurarsi nuovamente in tale contesto e per lui inizia una lunga serie di esperienze come allenatore-giocatore con le maglia di Ternana, Tharros ed Olbia.
Questo finale di carriera in tono minore non gli ha consentito di essere ricordato come alcuni suoi più celebri contemporanei, ancora oggi vivi nelle memorie di più generazioni.
Tuttavia siamo di fronte ad una delle migliori ali delle storia del calcio italiano, in grado di risultare decisiva per la conquista del secondo mondiale della squadra azzurra.
La scelta di restare per molto tempo a Trieste ha di fatto limitato le sue vittorie ed i riconoscimenti della stampa, sempre molto vicina alle squadre di vertice.
In un calcio ormai scomparso il suo attaccamento alla maglia va vista come un enorme pregio, in barba ai successi ed alla fama.
In fondo stiamo parlando comunque di un campione del mondo.....


Giovanni Fasani

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