venerdì 26 giugno 2020

DIEGO E BERND AL MARAKANA

L'esperienza di Diego Armando Maradona con la maglia del Barcellona non è propriamente la più positiva e felice della sua carriera, laddove cattive abitudini, infortuni, risse e gelosie hanno giocato un ruolo fondamentale nel frenarne l'estro in campo.
Ancora oggi se associamo il Pide de Oro al Barça ci ricordiamo del terribile infortunio causatogli dal difensore dell'Athletic Bilbao Andoni Goikoetxea e della incredibile rissa scatenata dal campione argentino qualche mese dopo sempre contro la formazione basca per giunta sotto gli occhi di Re Juan Carlos.
Il suo arrivo in Catalogna nel 1982 lo vede contrapposto per carattere e leadership tecnica al tedesco Bernd Schuster, raffinato e baffuto centrocampista dall'indole irascibile poco incline a vedersi detronizzato dalla fama anche mediatica dell'argentino.
Quando i due decidono di cooperare per il bene della squadra si assiste davvero ad un gran spettacolo, come avviene 20 ottobre 1982 allo stadio Marakana di Belgrado, quando con una doppietta a testa danno prova di grandissimo talento.






In una stagione che vede alternarsi ben tre allenatori, la compagnie blaugrana è impegnata in Coppa delle Coppe, dove, dopo aver maramaldeggiato nei sedicesimi contro i ciprioti dell'Apollon Limassol, si trova agli ottavi ad affrontare la temibile Stella Rossa.

giovedì 11 giugno 2020

Il PORTIERE CON LA BAMBOLA

Nel 1938 la Francia si impegna ad organizzare la terza edizione del Mondiale in un clima politico teso e pesante, con i regimi totalitaristici già pronti per il portare il mondo verso la Seconda Guerra Mondiale solamente un anno dopo.
Tecnicamente è un torneo molto atteso, con formazione europee quali Italia (campione in carica), Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia e Germania (rinforzata da alcuni giocatori austriaci dopo l'Anschluss) a misurarsi con poco conosciute formazioni proveniente di oltreoceano.
Dai Caraibi arriva la matricola Cuba, mentre dal Sud America arriva un grande Brasile, con la stella Leônidas destinatario di molte attenzioni mediatiche in quanto raccontato a ragione come un autentico fenomeno.
Dal gruppo 10 di qualificazione emerge a sorpresa e senza giocare la formazione delle Indie Orientali Olandesi, attesa invece con curiosità e con simpatia.
Quest'ultimo sentimento aumenta ancora di più quando la formazione allenata dall'olandese Johan Mastenbroek scende in campo per il match contro l'Ungheria: l'occhio degli spettatori è tutto per i magiari, in particolare Gyula Zsengeller, György Sárosi e Géza Toldi, ma ben presto l'attenzione ricade sul portiere degli asiatici, Tan Mo Heng, il quale tiene sotto il braccio quello che sembra un bambolotto.


Incredulità e ilarità scoppiano sugli spalti dello Stade Municipal Velodrome di Reims, con il pubblico che sembra ancora più convinto di essere in procinto di vedere un autentico massacro sportivo, con la formazione isolana quale ignava e ridicola comparsa.

venerdì 29 maggio 2020

COME CALCIAVA ERNST HAPPEL

Ernst Happel è stato senza dubbio uno dei più grandi allenatori del XX secolo, sia in termini di vittorie, sia per i metodi di allenamento e motivazionali, ancora oggi utilizzati ed implementati ad altissimi livelli.
Se delle sue doti in panchina si sa tanto (non tutto vista la scarsa comunicatività del personaggio), meno si sa della sua carriera di calciatore, passate per la quasi totalità con il Rapid Vienna, salvo una breve parentesi in Francia con l'RC Paris.
Il campo il futuro Zauberer (mago) era un difensore tignoso e attento, passato alla storia dei biancoverdi come uno dei migliori giocatori di tutti i tempi, nel ruolo di stopper o di libero come dimostrato nella parte finale della carriera.
Pur avendo mansioni prettamente difensive era un giocatore dai notevoli mezzi tecnici, esemplificati al meglio dalla precisione del tiro, letale soprattutto nei calci da fermo, come sperimenta a suo spese il Real Madrid nel 1956 al Praterstadion.




Negli anni'50 il Rapid Vienna vive un periodo molto positivo della sua storia, riuscendo con continuità a vincere il titolo nazionale e mettendosi in mostra nella neonata Coppa dei Campioni, nel periodo in questione dominata sotto tutti i punti di vista dal Real Madrid del presidentissimo Santiago Bernabeu.

martedì 28 aprile 2020

ADRIANO BASSETTO, CHI ERA COSTUI?

Il 22 settembre 1946 fa il suo esordio in seria A la neonata Sampdoria, nuova formazione genovese creata dalla fusione tra Sampierdarenese e Andra Doria, potendo mantenere il titolo sportivo della prima e sovvenzionarsi con le risorse della seconda.
La compagnia ligure scende in campo allo stadio nazionale contro la Roma, subendo tre reti dal Fornaretto Amedeo Amadei, ma riuscendo a segnare quello che risulta essere il suo primo gol nel massimo campionato. L'autore di tale marcatura è senza dubbio uno dei talenti più fulgidi del periodo, ma anche uno dei più sottovalutati e troppo presto dimenticati: il suo nome è Adriano Bassetto.



A dire il vero il suo nome dovrebbe suscitare qualcosa nella mente degli appassionati, principalmente per il fatto di aver segnato 149 reti nella massima serie italiana in 329 partite; tale imponente quantitativo assume maggior rilevanza se si pensa che il giocatore vicentino ha sempre giocato da mezzala, con il numero 8 sulle spalle o, a volte, con un più significativo numero 10.

venerdì 24 aprile 2020

JENO EUGEN VINYEI, PER I CECOSLOVACCHI EUGEN PRSOVSKY

Al termine del secondo conflitto mondiale la situazione geopolitca europea si presenta a dir poco caotica, con confini cambiati a seguito di trattati e territori scambiati tra gli stati vincitori.
In quel periodo sono in tanti le persone a non avere di fatto certezza della propria nazionalità, con le minoranze site in determinate nicchie visti e gestiti come veri e propri apolidi.
Il mondo del calcio non è esente da tale fenomeno, con tanti giocatori che, magari appena tornati dal fronte, si trovano in una situazione sportiva diversa, dovendo per forza adeguarsi variando non solo la propria nazionalità, ma talvolta anche il proprio nome.
Questo, infatti, è quando accade a Jeno Eugen Vinyei, terzino sinistro magiaro divenuto Eugen Prošovský per poter proseguire la carriera in Cecoslovacchia.



L'esterno nativo di Miskolc è una dei migliori interpreti del ruolo del periodo, ritenuto da molti un vero precursore di quel terzino fluidificante che solamente anni dopo troverà maggior applicazione in tutta Europa.

mercoledì 1 aprile 2020

IL DIFENSORE CON LA CARABINA

Se doveste trovarvi dalle parti dell'Estadio Palestra Italia a San Paolo, antica casa del Palmeiras, provate a chiedere ai tifosi locali chi per loro ha meglio rappresentato gli ideali del Verdão:  senza alcun dubbio i più attempati sostenitori vi risponderebbero Valdemar dos Santos Figuiera, difensore arcigno in campo per 584 volte con la squadra dello stato di San Paolo.




A dire il vero è molto più conosciuto con il nomignolo di Valdemar Carabina, derivatogli da un episodio particolare quanto raro capitato durante la sua carriera. Durante un match giocato sul campo di Pacaembu il baffuto difensore lascia partire un tiro di incredibile potenza che non lascia scampo al portiere avversario, portando il commentatore Mario Moraes ad esclamare:"Um tiro mais forte que o tiro de uma carabina!!!”.

martedì 24 marzo 2020

IL CENTRAVANTI PIU' FORTE DELLA GUERRA

Le due tremende Guerre Mondiali sono state spartiacque non solo a livello umano e sociale, ma anche a livello calcistico, spezzando o limitando carriere che avrebbero potuto essere fulgide per non dire leggendarie.
C'è chi dalla guerra ha ricevuto privazioni, soprusi e menomazioni tali da non riuscire più a riprendersi, come se il conflitto a livello personale non fosse mai davvero terminato.
Allo stesso modo c'è anche chi non ha voluto piegarsi agli ostacoli del fato, combattendo con tutte le proprie forze per ritagliarsi il proprio spazio nell'ambito scelto prima di veder la sua vita rivoltata dalla bellica pazzia: da questo punto di vista la figura di Willy Tröger sarebbe da tramandare i posteri.


Classe 1928 e nativo di Zwickau, in quella che diventerà poi Germania Est,  a soli 16 anni si trova tristemente inviato sul fronte, in una guerra che l'apparato nazista sta drammaticamente e testardamente perdendo. Il giovanissimo Willy paga il suo dazio perdendo la mano destra a causa di una granata: al rientro in una patria non ancor definita sembra destinato a riempire il lungo elenco dei mutilati, non sapendo ancora bene come possa ricostruirsi una vita.