Le due tremende Guerre Mondiali sono state spartiacque non solo a livello umano e sociale, ma anche a livello calcistico, spezzando o limitando carriere che avrebbero potuto essere fulgide per non dire leggendarie.
C'è chi dalla guerra ha ricevuto privazioni, soprusi e menomazioni tali da non riuscire più a riprendersi, come se il conflitto a livello personale non fosse mai davvero terminato.
Allo stesso modo c'è anche chi non ha voluto piegarsi agli ostacoli del fato, combattendo con tutte le proprie forze per ritagliarsi il proprio spazio nell'ambito scelto prima di veder la sua vita rivoltata dalla bellica pazzia: da questo punto di vista la figura di Willy Tröger sarebbe da tramandare i posteri.
Classe 1928 e nativo di Zwickau, in quella che diventerà poi Germania Est, a soli 16 anni si trova tristemente inviato sul fronte, in una guerra che l'apparato nazista sta drammaticamente e testardamente perdendo. Il giovanissimo Willy paga il suo dazio perdendo la mano destra a causa di una granata: al rientro in una patria non ancor definita sembra destinato a riempire il lungo elenco dei mutilati, non sapendo ancora bene come possa ricostruirsi una vita.
Fortunatamente per lui è in possesso di grande volontà e testardaggine, che gli servono per continuare a coltivare il sogno di fare il calciatore, possibilmente nel ruolo amato di centravanti.
Nonostante l'evidente menomazione stupisce tutti per come riesce a coordinarsi ed a sfruttare il fisico massiccio per mettersi in mostra come un autentico uomo gol, finendo per entrare nelle file dell' SC Wismut Karl-Marx-Stadt, società nata nel 1946 con base ad Aue dal 1951, dopo vari cambi di nome voluti dalla nuova organizzazione sportiva vigente nella neonata DDR
Negli anni'50 diventa un fattore determinante per i successi della squadra della Sassonia, con i suoi gol che risultano fondamentali per la vittoria di quattro campionati ed una coppa nazionale, con la stagione 1954/1955 (indimenticabile per la doppietta campionato/coppa) che lo vede vincere il titolo di capocannoniere con 22 reti. In quegli anni con il compagno di reparto Heinz Satrapa fa parte di un reparto offensivo che rappresenta quanto di meglio possa esprimere il calcio del contesto orientale della Germania.
Nello stesso periodo entra anche nel contesto della nazionale, dove, nonostante un inevitabile isolamento politico/sportivo e la mancata partecipazione al Mondiale del 1954, riesce a collezionare 15 presenze, impreziosite da 11 reti, a nuova conferma del suo potenziale realizzativo.
Con l'SC Wismut Karl-Marx-Stadt si fa conoscere in campo internazionale durante la stagione 1958/1959, quando la squadra arriva fino ai quarti di Coppa Campioni, con Tröger in rete nel primo match il Petrolul Ploiești, in un torneo nel quale i compagni Kurt Viertel e Kalus Zink sono trascinatori assoluti.
L'anno prima era stato invece un suo gol al 90° minuto contro i polacchi del Gwardia Varsavia a regalare l'accesso ai ottavi, poi persi contro l'Ajax.
Anche al di fuori della nuova patria si trova a proprio agio con il numero 9 sulla schiena, con gli occhi degli avversari e del pubblico che si focalizzano sulle sue movenze e non sul suo arto menomato. I 114 gol segnati in undici anni di militanza in Oberliga ne fanno un attaccante dal sicuro rendimento, efficace anche quando si tratta di giocare e sacrificarsi per la squadra.
Nel 1962 la sua carriera termina ufficialmente, con il suo nome che diventa di pertinenza solamente degli almanacchi, tante volte dimenticato anche quando l'universo della DDR crollerà insieme al muro nel 1989.
Ma così come El Manco Héctor Castro la perdita della mano non ha rappresentato un freno a coltivare il suo sogno ed il fatto di averlo visto esaudirsi rappresenta un esempio utile anche ai nostri giorni.
Giovanni Fasani
L'anno prima era stato invece un suo gol al 90° minuto contro i polacchi del Gwardia Varsavia a regalare l'accesso ai ottavi, poi persi contro l'Ajax.
Anche al di fuori della nuova patria si trova a proprio agio con il numero 9 sulla schiena, con gli occhi degli avversari e del pubblico che si focalizzano sulle sue movenze e non sul suo arto menomato. I 114 gol segnati in undici anni di militanza in Oberliga ne fanno un attaccante dal sicuro rendimento, efficace anche quando si tratta di giocare e sacrificarsi per la squadra.
Nel 1962 la sua carriera termina ufficialmente, con il suo nome che diventa di pertinenza solamente degli almanacchi, tante volte dimenticato anche quando l'universo della DDR crollerà insieme al muro nel 1989.
Ma così come El Manco Héctor Castro la perdita della mano non ha rappresentato un freno a coltivare il suo sogno ed il fatto di averlo visto esaudirsi rappresenta un esempio utile anche ai nostri giorni.
Giovanni Fasani
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