La scena di Antonio Rattin che ci mette 11 minuti ad uscire dal campo durante la sfida tra Inghilterra ed Argentina nel Mondiale 1966 è saldamente ancorata nelle memoria di tutti gli sportivi.
Ancora oggi non ci si spiega come un arbitro tedesco possa aver espulso un giocatore argentino per ingiurie, quando i due non avevano una lingua in comune.
Pare che il grande El Rata avesse uno sguardo minaccioso e che il signor Kreitlein non fosse poi dispiaciuto di espellere un argentino in detta partita, visto il gioco rude praticato dell'Albiceleste al cospetto dei padroni di casa.
Dietrologie e polemiche a parte il numero dieci argentino resta nell'immaginario collettivo per quella serafica uscita dal rettangolo di gioco, nonché per la successiva scelta polemica di sedersi proprio sul tappeto rosso riservato alla famiglia reale.
Un episodio pittoresco ed opinabile che rischia di gettare nebbia su quello che è stata una vera e propria icona del calcio argentino, in special modo del Boca Juniors al quale Rattin ha dedicato tutta la carriera.
Classico Volante di grande fisicità, fa della concretezza la suo dote migliore, ergendosi sin da giovanissimo come insuperabile diga di centrocampo, mettendo altresì in mostra una spiccata personalità.
L'esordio con gli Xeneizes avviene a tal proposito molto presto, nel 1956, dopo che il giovane centrocampista aveva iniziato la trafila giovanile nel Tigre.
Essendo lui un personaggio leggendario, il suo esordio non può essere banale; la sua prima partita con il Boca coincide addirittura con un Superclasico, che almeno inizialmente rischia di non giocare.
Solamente pochi giorni prima si era infatti procurato la rottura del polso, ma, nonostante il dolore, decide di giocare lo stesso, sostituendo il gesso con una protezione che gli consenta di scendere in campo.
I suoi 190 centimetri di altezza uniti ad una corporatura massiccia sembrano attribuirgli più dei 19 anni con i quali si presenta senza timori al pubblico della Bombonera.
Oltra che un fisico statuario possiede anche piedi lunghissimi, ai quali è legata una divertente quanto significativa leggenda: il Boca Juniors non da ha disposizione scarpini adatti a contenerne i piede ed il giocatore è costretto a giocare le prime gara con il club con scarpe da passeggio.
Che tale episodio sia vero o no, poco toglie alle sue doti fisico/atletiche ben presto apprezzate da staff tecnico e pubblico, che vedono in lui una figura portante per il presente e per il futuro.
In campo Rattin è un vero leader, in grado di guidare la squadra sotto ogni punto di vista, con poche parole, ma con tanta sostanza.
Il suo modo di stare in campo prevede davvero pochi fronzoli, ma solamente determinazione grinta e quella cattiveria sportiva che talvolta sfocia in qualche entrata punitiva,
Per lui il bene della squadra viene prima di tutto e non ha problemi a svolgere il lavoro sporco a favore dei compagni più talentuosi, così come a prenderne le difese quando occorre.
A tal proposito va ricordato come addirittura arrivi a minacciare il leggendario Pelé reo di aver colpito il compagno Mesiano con una testata; con il solito sguardo minaccioso e senza tante remore Rattin "consiglia" al grande O'Rey di non toccare più palla...
Anche con allenatori e dirigenza si erge a paladino degli interessi dei compagni, non lesinando di prendere iniziative personali in tal senso: anche personaggi del calibro di Adolfo Pedernera ed Alfredo di Stefano, suoi allenatori nella parte finale della carriera, manterranno sempre grande rispetto delle sue opinioni e del suo ruolo nello spogliatoio.
Un vero e proprio capitano che con il numero 5 sulle spalle ha letteralmente guidato i compagni alla conquista di 4 titoli nazionali ed una coppa d'Argentina, disputando 352 partite dal 1956 al 1970.
Proprio in quest'ultimo anno i vari infortuni patiti durante la carriera lo convincono ad un forzato ritiro, nonostante l'età non così avanzata: l'idea di non essere più utile alla causa del Boca lo convince a prendere la tanto sofferta decisione, decidendo di iniziare la carriera di allenatore.
Chiude con "solo" 26 gol segnati in totale, a riprova che il primo pensiero è sempre il collettivo e solo in minima parte la gloria personale.
Un anno prima aveva abbandonato la nazionale argentina, dopo 34 presenze, restando per sempre un giocatore anche dopo l'episodio del 1966.
Purtroppo per lui la militanza con l'Albiceleste coincide con un periodo di scarse soddisfazioni, esemplificate anche dal pessimo Mondiale giocato anche 4 anni prima in Cile.
Non va meglio nel Campeonato Sudamericano del 1967, chiuso con un secondo posto alle spalle dei rivali dell'Uruguay, a causa dell'ultimo incontro perso contro la Celeste all'Estadio Centenario di Montevideo.
Ad ulteriore riprova del suo valore morale resta l'assoluta disponibilità verso i tifosi, che frequenta anche fuori dal campo e per i quali resta ancora oggi un autentico mito.
Addirittura per la sua partita di addio verrà organizzata un amichevole tra il suo Boca ed una selezione dei migliori giocatori del Sud America, nelle quale figurano i migliori calciatori della sua epoca.
Per tutti gli appassionati il suo nome dovrebbe essere associato a quello di una grande centrocampista, restringendo ad episodio la polemica quanto banalmente strumentalizzata espulsione al Mondiale del 1966.
El Rata è una delle massime espressione del ruolo di Volante, uno dei più celebrati ed affascinanti del calcio argentino e non solo
Valoro e generoso capitano sempre e comunque, ma guai a farlo arrabbiare!!!!
(Fonte principale: https://futbolquepasion.com/2016/10/09/storie-maledette-antonio-el-rata-rattin/)
Giovanni Fasani
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