martedì 22 aprile 2014

LENNART SKOGLUND

Uno sport come il calcio si basa indiscutibilmente su elementi tattici e su dati statistici, che ne fanno uno degli sport più complessi del mondo. Con il passare del tempo anche i non addetti ai lavori sono diventati avvezzi a moduli, schemi, termini specifici e via dicendo. Inoltre, è prassi comune dare giudizi sui giocatori andando a consultare i cosidetti "tabellini", per verificarne le presenze, i gol e persino gli assist.
Grazie alle televisioni ed ai vari commentatori siamo in grado di leggere con precisione una partita ed anche ad anticiparne le varianti tattiche, conoscendo in pieno le singole caratteristiche dei giocatori.
Tuttavia per tattico che sia, il calcio mantiene inalterata quella componente umana e romantica, fondamentale per attirare l'interesse e la passione degli spettatori.
Visto da questa ottica, il mondo del pallone ci ha regalato un serie di personaggi che non si sono mai adattati a particolari dettami, attirandosi i consensi degli appassionati, desiderosi di vedere, in campo, qualcosa che esulasse dallo scontato o dal preparato in allenamento.
Con l'articolo in questione si vuole descrivere uno di questi giocatori, baciato da un talento fuori dal normale, associato ad una vita privata altrettanto particolare.
Lennart Skoglund ha indubbiamente vissuto una carriera sempre fuori da ogni schema, con una storia che vede coniugarsi l'abilità in campo ad una realtà sregolata al di fuori di esso.


Nato in Svezia nel 1929, si dedica da subito al calcio con diverse difficoltà, essendo uno sport ancora dilettantistico nella nazione scandinava.
Dopo essere cresciuto nell'IK Starnjan passa all'Hammarby, dividendosi tra gli allenamenti e la giornata lavorativa come elettricista.
Dotato di un dribbling secco e tecnica sopprafina, sfrutta la sua grande rapidità nel portarsi la palla sul sinistro per concludere a rete o per fornire deliziosi assist ai compagni.
Difficile attribuirgli un ruolo, data la sua capacità di svariare su tutta la zona offensiva, disimpegnandosi alla grande sia sulla fascia che a ridosso della punta, con quella funzione, non più utlizzata, di "mezzala".
Alla vigilia del Mondiale del 1950 ed appena diciannovenne, viene ceduto all'AIK, ottenendo un appartemento in centro ed un ulteriore assunzione come venditore di persiane.
Sia il pubblico che la stampa spingono per la sua convocazione in Nazionale, apprezzandone la grande tecnica e la genialità delle soluzioni da lui proposte.
Inizialmente non viene condiderato dal commissario tecnico svedese, che non vede di buon occhio il suo scarso adattamento agli schemi.
In questo caso avviene il classico colpo di scena, possibile solo in un calcio come quello degli anni'50.
Viene organizzata una partita tra la nazionale delle federazione e quella voluta dai giornalisti, con Skoglund impegnato nella seconda compagine. La squadra della stampa vince l'incontro per 3-1 ed il biondo fantasista realizza 2 reti, incantando tutti con giocate da autentico fuoriclasse.
L'allenatore non può fare altro che portarlo in Brasile, dandogli la possibilità di mettersi in mostra davanti al mondo intero.
La Svezia termina il Mondiale al terzo posto e Skoglund gioca alla grande, attirando l'interesse di vari osservatori, tra i quali quelli del San Paolo, che lo ritengono degno di giocare nel campionato brasiliano.
L'offerta non viene accettata dall'AIK, che però non può trattenere il giocatore, essendo sommersa da cospique offerte da parte di squadre di grande livello.
Dopo solo 5 partite da lui giocate con la squadra di Stoccolma, la dirigenza svedese accetta la proposta dell'Inter e per Skoglund inizia la parte più bella e vincente della sua carriera.


A Milano l'avventura parte nel migliore dei modi, con prestazioni di grandissimo livello e la conquista di due scudetti consecutivi, dal 1951 al 1953.
L'allenatore, Alfredo Fondi, lascia ampia libertà al biondo svedese, che si muove su tutto il fronte d'attacco, creando una serie infinita di suggerimenti per i compagni di reparto, Isvan Nyers e Benito "Veleno" Lorenzi.
La squadra milanese gioca un calcio pratico basato sulle ripartenze, specialità che rende le caratteristiche di Skoglund essenziali, tanto da trovare la via della rete con buona continuità, mettendo a segno 33 reti nelle prime tre stagioni.
A San Siro diventa un beniamino, con la folla che impazzisce per le sue giocate al limite dell'impossibile: tra gli spettatori dell'epoca è opinione comune quella di considerare Skoglund come uno dei giocatori più forti che abbiano mai calcato il campo milanese.
Sembra di essere di fronte ad un prestigiatore, abile a nascondere la palla all'avversario e ad irriderlo con dribbling strepitosi, oltretutto incurante delle inevitabili botte che i difensori gli riservano per fermarlo. 
Nel 1958 ha la grande occasione di giocare il Mondiale in Svezia, a fianco del famoso trio milansita formato da Gren, Nordahl e Liedholm.
La rappresentativa svedese viene battuta solo dal formidabile Brasile in finale, dopo un ottimo torneo, dove Skoglund si mette in mostra alla grande. Mette anche a segno una rete nella semifinale contro la Germania, vinta dalla Svezia per 3-1. 
Quello che sembra lo slancio per una nuova parte di carriera si trasforma invece in un semplice "canto del cigno", lasciando il posto ad un lento ed inesorabile oblio sportivo.
L'avventura con la maglia neroazzurra continua fino al 1959, con prestazioni che tendono a calare, nonostante mantenga una media rete apprezzabile, segnando in tutto 55 reti nelle 9 stagioni a Milano.


La progressiva decadenza delle sue prove va ricercata nella sua vita privata ed in particolare in un suo vizio, quello dell'alcol.
Già quando era in Svezia, il centrocampista svedese era solito concedersi qualche bevuta di troppo, che con il tempo si sono intesificate, influendo sul rendimento in campo.
Su tale sua inclinazione si sono costruite varie voci, creando un sorta di mito in tal senso. La più divertente riguarderebbe una sorta di scommessa che era solito fare con il gestore del bar o con gli altri avventori per guadagnarsi la bevuta: Skoglund scommetteva di riuscire a lanciare in alto una monetina e di colpirla con il  tacco per poi farla cadere con precisione nel taschino della sua giacca. La leggenda narra che da tale gioco sia sempre uscito vincitore.
Altre voci, meno credibili, parlano di borracce colme di whisky in luogo dell'acqua o di bottiglie nascoste dietro la bandierina del corner; al di là della satira, il giocatore ha un vero e proprio problema sin dalle prime stagioni, che si trascina progressivamente per tutta la sua permanenza in Italia.
La stampa dell'epoca conferma che la dirigenza interista abbia provato a contattare il padre del giocatore per cercare di allontanarlo dalla bottiglia, ma abbia scoperto che il padre aveva lo stesso problema di dipendenza. I critici gli affibbiano il nomignolo di Wandissima, sia per il colore dei capelli alla Wanda Osiris, sia per la sua passione per la "bella vita"
Dopo un'incolore stagione 1958/1959, l'Inter decide di privarsi delle sue prestazioni, avendo l'impressione di avere a che fare con un giocatore ormai finito e con l'aggravante di un problema ad un ginocchio. Anche l'imminente esplosione di Mario Corso convince lo staff tecnico a puntare su quest'ultima soluzione. Scommette su di lui la Sampdoria, che lo ingaggia nella stagione 1959/1960.


A Genova alterna prestazioni altamente positive con altre deludenti, nonostante riesca a giocare con continuità ed a guadagnarsi i favori del pubblico blucerchiato.
Quando è in giornata Skoglund è incontenibile e vale da solo il prezzo del biglietto, contribuendo al 4° posto della stagione 1960/1961
Resta in Liguria tre anni, realizzando 15 reti, ma portandosi dietro il solito vizio di bere, che lo limita fortemente anche in questa esperienza.
Nel 1962 sembra davvero un giocatore finito e non più affidabile, anche se ottiene un ingaggio con il Palermo. In Sicilia gioca solo 6 partite, prima di fuggire in Svezia, con l'aneddoto di un conto per un festa di Capodanno mai saldato.
Ritenta nuove esperienze in patria, dove la sua tecnica riesce ancora a fare la differenza, tanto da guadagnarsi nuovamente la convocazione in nazionale.
Terminata la carriera nel 1966 con l'Hammarby, ha inizio per lui un difficile post carriera, segnato da gravi problemi di salute, che lo portano alla morte nel 1975.
A suo ricordo è stata messa una statua proprio di fronte all'abitazione natale, raffigurante una sua rete realizzata direttamente da calcio d'angolo.


Su di essa è visibile la parola Nacka, suo soprannome da sempre e derivato dal nome del quartiere nel quale è cresciuto.
Non vogliamo certo entrare nel merito dei problemi personali e le citazioni fornite servono solo ad aggiungere un po' di colore alla sua lunga carriera e per far rivivere un po' il clima che aleggiava ai tempi intorno all'asso svedese.
Per gli amanti di questo sport resta il ricordo di una grande campione, che ha fatto parlare di se per anni il pubblico italiano, mettendo in mostra una classe straordinaria e tale da renderlo al livello dei più grandi.
Lennart Skoglund è stato un bene per il gioco del calcio, lasciando agli altri gli schemi e il problema di contenerne lo smisurato talento.


Giovanni Fasani

2 commenti:

  1. Grande campione!
    p.s.: piccolo errore di battitura, sotto l'ultima foto c'è scritto: "sua soprannome".

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  2. Abbiamo corretto la svista. Grazie per la segnalazione

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