mercoledì 27 febbraio 2019

SCHWARZENBECK, CHI ERA COSTUI?

Tante cosi si possono dire ed associare al nome di Hans-Georg Schwarzenbeck, partendo magari dalla sua efficacia quale possente e granitico stopper fino ad arrivare alla sua grande fedeltà al Bayern Monaco, maglia da lui portata e difesa (è il caso di dirlo) per quasi vent'anni fino al 1981.



Per noi italiani e per i popoli latini in generale, il suo nome è da sempre oggetto di buffi grattacapi inerenti alla corretta scrittura del suo cognome e, soprattutto alla pronuncia dello stesso.
Poco affine invece al suo profilo è invece il concetto di gol, tenuto conto che Katsche, suo storico soprannome, ha trovato il gol 30 volte in 547 partite disputate con la maglia bavarese, altresì senza avere la possibilità di entrare nel tabellino dei marcatori nelle 44 partite disputate con la Germania Ovest.
Siamo a tutti gli effetti di fronte al classico marcatore arcigno e duro, poco incline ai sofismi e ai fronzoli e portato ad annullare con marcature ferree il centravanti avversario; in molti vedono in lui una sorta di "gregario" del Kaiser Franz Beckenbauer, maggiormente deputato alla costruzione della manovra ed alle sue classiche sortite offensive.
Nello spogliatoio è uno delle personalità più forti e rispettate e sono in molti a riconoscere nel suo lavoro oscuro uno dei reconditi segreti del successo del calcio tedesco nel periodo considerato.
A dispetto di quanto si possa credere, Schwarzenbeck è però ricordato dalla tifoseria del Bayern per uno storico gol realizzato nel contesto della partita più importante, una finale di Coppa dei Campioni.
Lo scenario è quello dello stadio Heysel di Bruxelles, sede dell'epilogo del torneo 1973/1974, con la compagine di Udo Lattek al cospetto del forte Atletico Madrid di Juan Carlos "Toto Lorenzo", squadra tosta e concreta in auge nel periodo in questione.
La partita, come da copione, è aspra ed equilibrata senza che nessuna delle due compagini riesca a prevalere nei 90 minuti, rendendo inevitabili i supplementari.
Al 114° il capitano e leader dei Colchoneros Luis Aragonés segna il gol che sembra poter decidere le sorti dell'incontro, battendo Sepp Maier con formidabile calcio di punizione.
Sembra tutto finito, con l'undici spagnolo rintanato ed attento a spazzare ogni pallone possa arrivare dalle partii di Uli Hoeness e soprattutto dello spauracchio Gerd Müller, fino a quando l'uomo che non ti aspetti batte Miguel Reina con un tiro da venticinque metri: Schwarzenbeck infatti al 119° minuto si porta concitatamente in avanti e, ricevuta palla nella trequarti avversaria, lascia partire un tiro potente e teso che si insacca nell'angolino basso alla destra del sorpreso portiere spagnolo.


I Colchoneros non possono credere ai proprio occhi, sprofondando nella disperazione più assoluta per l'inaspettato pareggio, crollando letteralmente a terra quando l'arbitro belga Vital Loraux fischia la fine dell'incontro.
Al tempo non è previsto l'epilogo ai ricordi ed il regolamento prevede la ripetizione della partita da disputarsi 48 ore dopo nello stesso stadio.
Questa volta il Bayern Monaco non fa sconti e batte con un perentorio 4-0 un Atletico Madrid forse ancora segnato da quanto avvenuto due giorni prima: le doppiette di Müller e Hoeness consentono a Franz Beckenbauer di alzare la prima di tre Coppe dei Campioni consecutive.
A tali successi contribuisce in larga parte anche Schwarzenbeck, all'epoca in assoluto uno degli stopper più forti ed efficaci del panorama mondiale, a conferma della validità della scuola calcistica teutonica nella formazione di difensori.
Ogni tanto anche la classe operaia va in paradiso e nel caso del forte difensore bavarese la possibilità di uscire dal gregariato è nel momento più importante, vale a dire quando il Bayern Monaco avrebbe potuto vedere morta sul nascere la sua egemonia sul calcio europeo.
Indipendentemente dalla fonetica non è possibile parlare dell'epopea del grande Bayern senza citare e rendere merito a Hans-Georg Schwarzenbeck.




Giovanni Fasani

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