domenica 30 luglio 2017

L'ANGUILLA DI KARLOVAC

Con la riapertura delle frontiere avvenuta nel 1980 la serie A è presto divenuta il palcoscenico per i migliori giocatori stranieri, desiderosi di essere protagonisti nel più ricco e prestigioso campionato d'Europa.
Nel corso degli anni autentici campioni sono approdati in Italia, per giocare in alcuni casi in squadre teoricamente di seconda fascia, ma al tempo stesso appetibili dal punto di vista tecnico ed economico.
Ai nostri giorni pare quasi impossibile rendersi conto di come certi fuoriclasse possano aver giocato nel nostro paese per guadagnare la salvezze o che addirittura certi di loro siano addirittura retrocessi con la squadra di appartenenza.
L'elenco in tal senso sarebbe lunghissimo e non basterebbe un libro per contenere le singole storie di tali calciatori e deli contesti nei quali sono approdati.
Al tal proposito una delle squadre più attive è l'Ascoli di Costantino Rozzi, protagonista sul mercato per l'ingaggio di giocatori quali tra gli altri Aleksandar Trifunović, Patricio Hernández, Walter Junior Casagrande fino ad arrivare a Hugo Maradona, fratello del grande Diego.
Nell'estate del 1988 il vulcanico presidente rivolge le sue attenzioni alla Prva Liga jugoslava acquistando dalla Dinamo Zagabria il libero Mustafa Arslanović e dalla Stella Rossa la mezzapunta Borislav Cvetković, capocannoniere della Coppa Campioni 1986/1987.


Del giocatore in questione è in verità difficile determinarne il ruolo, essendosi disimpegnato al meglio anche come ala, come trequartista ed anche come punta pura.

Quello che è certo è che non si tratta di un proficuo realizzatore, ma di un attaccante dalla spunta inarrestabile, velocissimo palla al piede e, di conseguenza, particolarmente adatto a partire distante dall'area di rigore.
Tali doti vengono messe inizialmente in mostra della Dinamo Zagabria dove esordisce a 18 anni nel 1980 e con la quale conquista un titolo nazionale nella stagione 1981/1982, nonché di una coppa nazionale l'anno successivo.
La nazionale jugoslava, composta da giocatori di grandissimo talento, si accorge di lui nel 1983, convocandolo per la prima volta e confermandolo anche tra i prescelti per il successivo Campionato Europea previsto in Francia.
In una spedizione fallimentare, con tre sconfitte su altrettante partite, Cvetković gioca titolare nella pesante sconfitta contro la Danimarca, non lasciando segno tangibile della sua abilità.
A garantirgli la prima occasione di visibilità internazionale arriva il torneo olimpico del 1984, dove la Jugoslavia ottiene la medaglia di bronzo: Cvetković realizza 5 reti, imponendosi come uno dei capocannonieri i del torneo.
Decisive sono la rete al Camerun e la tripletta alla Germania Ovest nei quarti di finale, mentre il gol alla Francia serve solo come illusoria rimonta prima della sconfitta per 4-2 ai supplementari.
Nei due anni successivi le sue giocate non passano inosservate dalla parti di Belgrado, con particolare riferimento alla blasonata Stella Rossa; in particolare la sua abilità nel saltare l'avversario e la sua corsa infinita convincono i Crveno-beli ad acquistarlo nel 1986.
Più che per i gol segnati (44 in 151 partite) Cvetković convince l'allenatore Velibor Vasović, come attaccante esterno, con il principale compito di inserirsi in area di rigore con e senza palla.
Nella nuova realtà si mette subito in mostra, come anticipato, nella Coppa Campioni 1986/1987 dive segna 7 reti, risultando decisivo per il raggiungimento dei quarti di finale.
Il biondo attaccante segna due reti nel primo turno contro il Panathinaikos, per poi realizzare due doppiette nel doppio match contro il Rosenborg, aprendo le porte per i quarti di finale contro il Real Madrid.



L'andata al Marakana è di quelle che un tifoso della Stella Rossa non dimenticherà mai: le Merengues vengono battute con un sonoro 4-2, nel quale non può ovviamente mancare la rete di Cvetković, giunto alle sua settima realizzazione.



Sfortunatamente per gli uomini di Vasovic nella partita di ritorno il Real Madrid ribalta l'esito della contesa vincendo per 2-0, risultato che comunque non intacca le prestazioni offerte da calciatori quali Dragan Stojkovic, Zark Djurovic, Mitar Mrkela ed ovviamente il capocannoniere della competizione Cvetković.
La stagione successiva la Stella Rossa ritorna a vincere il campionato, trascinato dal solito Piksi Stojkovic, miglior realizzatore della squadra e talento dai mezzi tecnici sublimi, nonché dalla buona vena di Dragiša Binić .
Pur non confermandosi come costante realizzatore (in due stagione segna 22 reti in campionato), il nome dell'attaccante di Karlovac finisce sul taccuino di molti osservatori, particolarmente colpiti dalla sua duttilità nel reparto offensivo.
Nell'estate del 1988 si concretizza quindi il suo passaggio all'Ascoli, allenato inizialmente da Ilario Castagner, alla ricerca della terza salvezza consecutiva nella massima serie.



Le prime partite in Italia non sono facili ed il giocatore di origini croate fatica ad adattarsi al nuovo contesto, anche a causa del cambio di conduzione tecnica tra Castagner ed Eugenio Bersellini avvenuto a campionato in corso.
Il giocator jugoslavo diventa l'incubo in senso buono dell'indimenticabile giornalista Tonino Carino, il quale,nella trasmissione Novantesimo Minuto, fatica a trovare una procedura corretta del suo cognome. 
I tifosi bianconeri iniziano ad apprezzarne le doti a partire dalla partita interna con il Verona, dove la sua doppietta risulta decisiva per il successo finale per 3-0. Proprio in questa circostanza Cvetković si guadagna il soprannome di Anguilla di Karlovac, per la sua capacità di sgusciare in velocità tra più avversari.



La stagione prosegue positivamente, con la squadra del Picchio che raggiunge una sofferta salvezza anche grazie alle sei reti del centravanti jugoslavo, una delle quali realizzata nella prestigiosa e decisiva vittoria contro il Napoli di Maradona.



La partita è ancora oggi ricordata per il curioso particolare dell'ingresso in campo del portiera Raffaele di Fusco nelle file partenopee come attaccante, a causa delle tante assenze nel reparto offensivo.
Nonostante le prestazioni positive esce però dal giro della nazionale, restandone particolarmente deluso anche in vista dell'imminente Mondiale: la concorrenza, specie nel rsuo ruolo, è serrata nella rappresentativa dei Plavi, ma l'esclusione sarà per lui una delusione molto forte.
Nella stagione successiva l'Ascoli termina il campionato con un deludente ultimo posto, con soli 21 punti conquistati, nonostante il cambio di panchina tra Bersellini ed Aldo Agroppi.
Anche per Cvetković le soddisfazioni sono decisamente risicate e nella memoria collettiva resta una doppietta alla Sampdoria nel finale di partita e una bella rete alla Fiorentina, su un totale di sette reti realizzate.






L'attaccante jugoslavo regala altresì una gioia al pubblico del Del Duca segnando un gol decisivo nella sfida di Coppa Italia con l'Inter vinta per 2-1.



Per l'imminente campionato di Serie B il presidente Rozzi conferma buona parte della rosa, implementando una squadra che riesce ad ottenere in quarto posto utile per la promozione, grazie in primis alle ventidue reti di Casagrande.
Il contributo di Cvetković è comunque importante, molto di più di quello che le sette reti realizzate possano dire.
Purtroppo per lui verso la fine della stagione un bruttissimo infortunio lo getta improvvisamente nel baratro: ci metterà un anno per tornare a giocare, trovandosi però nella condizioni di non ottenere ingaggi né in Italia, né in patria.
La volontà di tornare a sentirsi nuovamente un calciatore lo porta ad accettare offerte in serie D, prima con la Maceratese e successivamente con la Casertana.
Il suo talento è ovviamente un lusso per la categoria, ma le precarie condizioni fisiche non gli consentono di giocare con continuità e di essere decisivo per le sorti delle compagini di appartenenza.
Nella stagione 1994/1995 gioca un ultimo scampolo di campionato con la squadra serba del Borac Čačak, prima di arrendersi al tempo ed alle conseguenza dell'infortunio, mettendo così fine alla sua carriera.




Carriera che lo ha visto essere un attaccante versatile e dalla gran corsa, il classico giocatore sempre apprezzato dagli allenatori, magari meno in vista dei cannonieri veri e propri.
Cvetković ha sempre preferito fare un scatto in più o un assist per i compagni, magari peccando in prima persona in termini di lucidità nei pressi dello porta.
Tale caratteristica gli è valsa in modo miope anche la nomea di "mangia gol", sottovalutando in pieno il lavoro da lui fatto a favore della squadra.
Resta il profilo di un giocatore che a pieno merito può rientrare nei grandi acquisti del calcio italiano degli anni'80, ancora oggi motivo di nostalgia nel cuore di tutti gli appassionati del nostro paese.
Ed anche ad Ascoli con il tempo hanno imparato ad apprezzare la sgusciante Anguilla di Karlovac...





Giovanni Fasani

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.