venerdì 18 luglio 2014

IN PERFETTO STILES

Molti di noi si ricorderanno del film "Full Monty", pellicola del 1997 diretta da Peter Cattaneo che raccontava di come un gruppo di squattrinati amici, per sopperire alla disoccupazione, si inventavano le cose più strane, come ad esempio rubare dei cavi di acciaio o come gli riuscirà con l'andare della vicenda, ad organizzare uno spogliarello in un locale dove accorreranno decine di donne. Operazione riuscita e tutti felici e contenti.
Il film è ambientato a Sheffield, nota città dello South Yorkshire. Non una bellissima città, a dire il vero abbastanza bruttina e con poche attrazioni; ad un certo punto del film se ne scorge una parte. Si notano fabbriche, fumo, grigiume, magazzini dismessi. La tipica città operaia inglese.
Tutto ciò è molto simile ad un'altra città dell'Inghilterra, per dire la verità, un paese molto piccolo vicino a Manchester. Stiamo parlando di Collyhurst, altro posto non di certo famoso per le sue attrazioni turistiche.
In questo piccolo paese è nato, nel 1942, Norbert "Nobby" Stiles, autentico centrocampista di rottura che ha fatto le fortune del Manchester United targato Matt Busby.


Nobby non è di certo quello che si può definire un adone, un pò come i protagonisti del film sopracitato, ma quando è nato gli sono stati appiccicati addosso due doni: la grinta ed il saper giocare a calcio.
Da ragazzo, durante una partita, ha perso buona parte dei denti. Nobby non ha successo con le donne, non ha la grazia di altri campioni, ma nel 1960 diventa un giocatore del glorioso Manchester United. La sua naturale collocazione all'interno del rettangolo verde è la linea mediana, nel centro, nel cuore del centrocampo; lì azzanna palloni, morde le caviglie degli avversari, corre, è instancabile; d'altronde cos'altro può fare uno che ha l'aspetto di un "assassino", soprannome che gli viene affibbiato nel giro di poche partite.
Fa davvero paura Nobby con la sua dentatura poco rassicurante.


L'allenatore Busby vede in Stiles colui che deve spezzare le azioni avversarie, è indispensabile nel centrocampo dei Red Devils, una squadra farcita di grandi campioni del calibro di George Best, Bobby Charlton, Brian Kidd giusto per citarne tre dai piedi educati. Ecco perché serve qualcuno che interrompa il prima possibile le avanzate avversarie. Stiles esegue il compito in maniera esemplare, dedito alla fatica, non tira mai indietro la gamba e non risparmia qualche tackle al limite del codice penale. Cattivo? Sì ma fino ad un certo punto; Nobby è comunque corretto, dopo ogni contrasto tende sempre la mano all'avversario, non entra per far male, entra per far ripartire i suoi, per concedere ai piedi raffinati la possibilità di andare verso la porta avversaria. Insomma, chi se ne frega se non fa gol. Ne ha segnati appena 20 in 414 partite più 1 in nazionale in 28 match disputati.
Assemblati i dettami di Busby, Stiles e compagni portano a casa il campionato della stagione 1964-1965, vinto grazie alla differenza reti a scapito del Leeds. Nel 1965 arriva anche l'esordio in nazionale in un Inghilterra-Scozia terminato 2-2.
Il 1966 invece è l'anno più bello della carriera calcistica di Stiles. L'Inghilterra ha organizzato l'ottava edizione della coppa del mondo FIFA, l'attesa è tanta per il popolo che ha inventato il calcio.
Stiles diventa perno fondamentale della squadra inglese. Nel girone Uruguay, Messico e Francia non riescono a violare la porta inglese difesa da Banks, grande portiere ci mancherebbe, nessuno lo mette in discussione, Jackie Charlton e Bobby Moore sono due sicurezze in difesa, ma a far legna in mezzo al campo c'è sempre il gooner di Collyhurst che rimbalza da solo tre quarti delle sortite avversarie. Per la verità ne fa le spese il francese Jacque Simon; qualche anno dopo Stiles ammise: "Fu un pessimo intervento, il terreno scivoloso non aiutò, ma fu un tackle terribile, non riuscii a giocare per il resto della partita".
Nei quarti di finale neanche l'Argentina riesce a violare la porta inglese, complice anche una non proprio perfetta conduzione della gara dell'arbitro tedesco Kreitlein; ma il capolavoro di Stiles (e dell'allenatore Alf Ramsey) arriva in semifinale quando si incolla ad Eusebio, reduce dal poker rifilato alla Corea del Nord. Per 82 minuti il campione portoghese viene cancellato dalla partita, Stiles lo segue dovunque, probabilmente anche in spogliatoio durante l'intervallo. Poi la pantera nera segna su rigore ma non basta, l'Inghilterra vola in finale.
Tutti in finale si ricordano del gol/non gol di Hurst e della sua personale tripletta ma che lavoro Nobby, instancabile anche contro il roccioso centrocampo tedesco.
Storica la sua foto con in mano la Coppa Rimet da una parte e la dentiera dall'altra. Ve ne proponiamo una anche se non rende giustizia allo storico momento.


Dopo il trionfo con i Tre Leoni è tempo di centrare il bersaglio grosso anche con il Manchester United. Nella stagione successiva al mondiale arriva in bacheca un altro campionato, questa volta vinto con 4 punti sul Nottingham Forest (al tempo non ancora allenato da Brian Clough); tutto ciò è il preludio alla fantastica cavalcata nella Coppa Campioni 1967-1968 quando lo United riuscirà a portare a casa il titolo continentale.
Dopo aver superato 4 turni, il Manchester United si trova di fronte il Benfica nella finale di Wembley del 29 maggio. E chi è il giocatore simbolo della squadra portoghese? Proprio Eusebio, francobollato ancora una volta da Stiles; questa volta l'attaccante di origini mozambicane non segnerà neppure su rigore. Il Manchester United vince la finale 4-1 ottenendo 3 gol nei tempi supplementari.
Stiles è protagonista per tutto l'arco della manifestazione, sempre con la sua proverbiale irruenza, senza risparmiare mai una volta la gamba, ma sempre con quella correttezza calcistica che in pochi hanno avuto in quel ruolo.
Nel 1971, dopo 11 anni di onorata carriera, lascia il Manchester United per approdare al Middlesbrough prima di diventare allenatore del Preston North End dal 1977 al 1981 e successivamente tornò a giocarci dal 1979 al 1985 senza però ottenere ciò che ottenne con i Red Devils.
Per Nobby, nato e cresciuto in una piccola cittadina di una delle periferie più tristi di tutta l'Inghilterra, per di più in una famiglia povera, è come se fosse stato un vero dono del cielo il saper giocare a calcio, sport che gli ha regalato due dei più importanti titoli esistenti nel vasto mondo del pallone.
Ma purtroppo non tutto è andato per il verso giusto dopo la brillante carriera. Dopo alcuni anni di difficoltà economica e svariati problemi di salute, viene nominato nel 2000 Member of British Empire. Ciò non gli ha però permesso di evitare 10 anni dopo una dolorosa scelta: ha dovuto mettere all'asta tantissimi oggetti di valore racimolati nell'arco degli anni, tra cui la medaglia di campione del mondo per ovviare alle stesse difficoltà economiche patite qualche anno prima.
"Avrei voluto lasciare la collezione ai miei figli ma ne ho tre, come avrei potuto dividerla? Ad ogni modo ciascuno ha scelto qualcosa da tenere per sé".
Per fortuna poi di Stiles, della storia del Manchester United e della nazionale inglese, alcuni oggetti sono stati raccolti da Marc Wylie, curatore del museo dei Red Devils che è riuscito a portare nelle teche del club la maglia numero 6 e la medaglia celebrativa della Coppa Campioni, nonché la medaglia di campione del mondo.


Nell'arco della sua carriera diventeranno famose anche due frasi dette da due mostri sacri del calcio inglese. Uno è Brian Clough che ha così commentato l'apporto di Stiles: "Stiles entrò nel cuore degli inglesi per via del contagioso sorriso sdentato ma anche perché non si dava mai per vinto; chiunque in una finale mondiale, o nella vita di tutti i giorni, ad un certo punto, vorrebbe un Nobby Stiles attorno a sé, sarebbe la cosa migliore". 
L'altro è Sir Alex Ferguson: "senza Nobby, a quel Manchester sarebbe di sicuro mancato qualcosa".
Queste due frasi testimoniano una volta di più che Stiles non sarà stato bello da vedere fuori, ma di sicuro è stato, ed è, bello dentro. Un vero signore del calcio.
DOWN THE HAT NOBBY!!



Matteo Maggio

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