martedì 3 giugno 2014

ABERDEEN 1982/1983

Se ci soffermassimo ad analizzare un personaggio come Alex Ferguson non potremmo che associare il suo nome a quello del Manchester United, con il quale ha scritto pagine fantastiche della storia del calcio.
Nella mente di tutti è ben impressa la carriera che lo scozzese ha avuto nei "Red Devils", dalle difficoltà iniziali fino a far diventare questi ultimi una delle squadre più forti del mondo, vincendo, più volte, tutto quello che era possibile vincere.
Tuttavia la carriera del futuro "Sir" ha avuto inizio proprio nella sua nazione, allenando una squadra che grazie a lui ha toccato l'apice in termini di vittorie e prestigio.
Non stiamo parlando di Celtic o Rangers, ma del meno conosciuto Aberdeen, che nella stagione 1982/1983 trova un'inaspettata consacrazione europea, portando a casa un prestigioso successo al di fuori dei confini scozzesi.


Ferguson arriva ad Aberdeen nel 1978 e impiega solo due anni per rompere il dominio delle squadre di Glasgow in campionato, vincendo il titolo nel 1980.
L'impresa di aver rotto lo storico duopolio delle squadre di Glasgow viene celebrata con grande entusiasmo, tenuto conto che l'unico titolo precedente era targato 1955.
Nella stagione 1981/1982 ottiene il successo nella Coppa di Scozia, battendo i forti rivali dei Rangers con un sonoro 4-1.
Chi conosce la grande ambizione del manager scozzese può già immaginare con quale determinazione si affacci al contesto internazionale, desideroso di dare al club una dimensione europea sino a quel momento mai accarezzata. Oltretutto una simile affermazione metterebbe davvero il club in condizione di essere una terza forza in patria, potendo vantare affermazioni simili a Celtic e Rangers.
Nella stagione 1981/1982 l'Aberdeen si presenta al via della Coppa dei Campioni come campione di Scozia, ma l'avventura si ferma agli ottavi di finale per mano del Liverpool, vincitore mesi più tardi dell'ambito trofeo.
L'anno successivo è la Coppa delle Coppe il trofeo ambito e la squadra si concentra al massimo per portare in Scozia il prestigioso torneo, dopo la prima vittoria dei Rangers del 1972.
All'inizio della stagione Alex Ferguson imposta la formazione con il suo caro 4-4-2, potendo scegliere tra una rosa eterogenea, dove abbonda il talento, la duttilità tattica ed un indomito spirito anglosassone.
Come sempre meticoloso, il preparato manager non lascia niente al caso, riuscendo a sfruttare le caratteristiche dei singoli per il bene dell'intero collettivo.
In particolare si lavora molto su tre aspetti: il primo sono le palle inattive, sfruttando la fisicità di buona parte dei giocatori a disposizione. La seconda componente sono i movimenti senza palla, particolare che permette a punte e centrocampisti di trovare il tiro con facilità.
L'ultimo fattore riguarda il concetto di superiorità numerica sulle due fasce, particolare che permette di sviluppare il gioco sulle due corsie, con ali brave a saltare l'uomo e terzini rapidi nella sovrapposizione.
Alla luce di questa impostazione, entriamo nel dettaglio dei singoli protagonisti.
In porta il titolare è Jim Leighton, portiere al momento in grande ascesa e già nel giro della nazionale scozzese.
La difesa è schierata con 4 difensori tignosi e dalle ottime capacità atletiche. Sulle fasce troviamo Doug Rougvie, Stuart Kennedy e John McMaster, autentici frangiflutti ed in grado di garantire la giusta spinta in fase di possesso palla. Vengono alternati con sapienza dall'allenatore, che si fida ad occhi chiusi della loro versatilità.
Nel reparto centrale troviamo Willie Miller, autentica bandiera della squadra e presente al centro del reparto dal 1975. Pur non altissimo, assicura grande fisicità e compattezza durante gli attacchi avversari. Dotato di grandissimo carisma è il capitano dell'Aberdeen ed è uno degli idoli della tifoseria.


Alex McLeish forma con Miller una storica coppia di difensori centrali, dimostrandosi tanto forte nel gioco aereo quanto arcigno francobollatore degli attaccanti avversari.
I dettami di Alex Ferguson prevedono un centrocampo a 4, dove le due ali sono giocatori dinamici e tecnici, al quale viene dato il compito di servire con precisione le punte, diventando, come detto, punti cardine per la manovra della squadra.
Sulla destra si disimpegna Gordon Strachan, piccolo e guizzante tornante in grado di saltare l'uomo con facilità e mettere al centro palloni invitanti. Inoltre grantisce un numero di gol considerevole, anche grazie ad una precisa e secca conclusione con il piede destro.
Sul settore di sinistra agisce Peter Weir, elemento imprescindibile per lo staff tecnico ed acquistato nel 1981 per una cospicua somma dal St. Mirren. Classico esterno di scuola anglosassone, è uno degli elementi più importanti della squadra, dimostrandosi estremamente completo ed insidioso a ridosso dell'area avversaria.


In particolare è abilissimo a tagliare dalla sinistra verso il centro, sia con la palla al piede, sia muovendosi senza palla, tagliando l'area con abilità per impattare i traversoni provenienti dalla destra.
A garantire copertura e fisicità ci pensano Neale Cooper e Neil Simpson, impostati come classici mediani ed abili a sostenere l'azione offensiva con azioni veementi.
In particolare Simpson dimostra anche una certa facilità nel trovare il gol, sfruttando la sua abilità nel buttarsi negli spazi disponibili.
Le stesse le dimostra anche Douglas Bell, che rappresenta più di un'alternativa al duo appena citato.
L'attacco verte principalmente su tre importanti centravanti, dalle caratteristiche eterogenee, ma tutti e tre in possesso di un gran fiuto per il gol.
Erik Black rappresenta la classica punta centrale, in possesso di buona tecnica ed in grado di rappresentare un riferimento costante per lo sviluppo della manovra offensiva.
Mark McGhee si dimostra da subito il più completo, coniugando rapidità ad un fisico compatto, che lo rendono abile nei movimenti nei 16 metri offensivi.


Le sue qualità gli consentono, inoltre, di portarsi anche fuori dall'area di rigore, aprendo varchi importanti per gli inserimenti dall'asse mediano, ma anche per impensierire gli avversari con azioni veloci quanto caparbie.
Nonostante Black e McGhee rappresentino le prime scelte, non è raro trovare in campo John Hewitt, attaccante rapidissimo e imprevedibile, particolarmente abile a sfruttare qualsiasi tipo di palla vagante nei pressi della porta. 
Osservando con attenzione l'ossatura della squadra, possiamo renderci conto di come sia formata esclusivamente da giocatori scozzesi, enfatizzando ancora maggiormente una speciale alchimia che rende l'Aberdeen ancora più forte e determinato.
L’avventura in Coppa delle Coppe inizia con un turno preliminare, dove l’avversario da affrontare è il Sion.
La squadra elvetica viene letteralmente spazzata via già dall’andata giocata in Scozia e terminata 7-0. Le reti portano la firma di Black (doppietta), Strachan, Hewitt, Simpson, McGhee e Kennedy.
Anche al ritorno gli uomini di Ferguson ottengono una larga vittoria imponendosi 1-4, con le reti di Hewitt, Miller e la doppietta di McGhee.
Nei sedicesimi di finale l’Aberdeen trova di fronte gli albanesi della Dinamo Tirana, che vengono battuti 1-0 tra le mura domestiche, grazie ad un gol di Hewitt al 10° minuto.
La partita giocata in Albania due settimane dopo è di grande sofferenza per la squadra scozzese, che strappa con i denti uno 0-0 decisivo per la qualificazione al turno successivo.
Negli ottavi di finale la sfida è contro i polacchi del Lech Poznan, squadra che viene battuta ad Pittodrie Stadium per 2-0, con le marcature di McGhee e Weir.
Tale affermazione rende più agevole il ritorno in Polonia, dove la rete di Bell al 59° vale lo 0-1 finale.
La competizione sale di livello a partire dai quarti di finale ed in tale contesto l’Aberdeen si trova di fronte il forte Bayern Monaco, con il pronostico che pende dalla parte dei tedeschi.
La sfida giocata in terra tedesca termina 0-0, lasciando l’esito della qualificazione alla partita di ritorno.
Tale sfida è molto avvincente, con i tedeschi che passano in vantaggio con Augenthaler al 10° minuto. La squadra scozzese reagisce, pareggiando al 39° con Simpson, prima del secondo vantaggio tedesco realizzato da Pfugler al 61°. In questo momento di estrema difficoltà viene fuori tutto il carattere che Ferguson ha inculcato alla squadra, che in un minuto ribalta completamente il risultato grazie ai gol di McLeish e Hewitt.


L’ultimo ostacolo prima della finale è rappresentato dal Waterschei Thor, squadra belga protagonista di un cammino sorprendente nella competizione.
La prima partita si gioca ad Aberdeen e viene ricordata come una delle migliori prestazioni dell’annata in questione. L’incontro termina 5-1 e dopo 4 minuti le reti di Black e Simpson mettono già in mostra lo stato di grazia degli scozzesi. A seguire arriva la doppietta di McGhee, intervallata dal gol ospite di Gudmundsson. Chiude i conti Weir al 70°, rendendo il ritorno una formalità.


In terra belga la squadra di Ferguson subisce la prima sconfitta nella Coppe delle Coppe, perdendo pe 1-0, ma guadagnandosi la tanto sospirata finale di Goteborg.
L’avversario è uno dei club più blasonati del mondo, il grande Real Madrid guidato in panchina dal grande Alfredo Di Stefano.
L’Aberdeen affronta il match con grande spavalderia, passando in vantaggio già al 7° con il gol di Black, rapido a girare in rete da distanza ravvicinata. Ai madrileni bastano pochi minuti per pareggiare, grazie al rigore di Juanito, fischiato per un fallo di Leighton su Santillana.
Nonostante la squadra scozzese giochi alla grande, costruendo molte occasioni da rete, l'equilibrio continua per tutta la partita e sono necessari i tempi supplementari.
A decidere la partita ci pensa un preciso colpo di testa di Hewitt al 110°, dando ragione alla scelta dell'allenatore che lo inserisce all'87° per Black.


Per Il club è il primo successo in campo europeo, che sembra essere il giusto premio per una competizione giocata con qualità ed acume, anche contro avversari sulla carta più forti o contro realtà emergenti dall'indubbio valore.
A consacrare la grandezza del gruppo creato da Ferguson arriverà l'anno dopo il successo nella Supercoppa Europea, vinta dopo il doppio scontro con i campioni d'Europa dell'Amburgo. Dopo l'iniziale pareggio in terra tedesca, gli scozzesi vincono il match in casa per 2-0, con le reti di Simpson e di McGhee.
La grandezza dell'Aberdeen degli anni'80 viene ribadita anche dai successivi successi nazionali, attraverso la doppia vittoria in campionato (1983/1984 e 1984/1985) e dai tre successi in  coppa di Scozia (1982/1983, 1983/1984 e 1985/1986).
Facendo un rapido calcolo possiamo tranquillamente notare come i titoli di Sir Alex sulla panchina in questione siano davvero tanti e non basterebbero poche pagine a descriverli tutti.
In tal senso l'attenzione vuole essere posta sulla dimensione europea, particolarmente esemplificata dalla Coppa delle Coppe appena descritta.
Non è facile distaccare i meriti del manager da quelli della squadra e non si può negare che avere un tale personaggio in panchina abbia rappresentato un valore aggiunto.
Tuttavia il valore della rosa descritta è di grandissimo valore e non sembra un'eresia parlare di giocatori tra i più grandi della storia del calcio scozzese.
Quello che il binomio Ferguson/Aberdeen ha fatto in tale contesto rappresenta un apice per entrambe le parti e non sembra affatto secondaria a quanto fatto più avanti dal futuro Sir. 
Quindi onore all'Aberdeen, ma non fatevi sentire dalla parti di Glasgow!



Giovanni Fasani

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