Non avrei saputo dire dove fosse.
Ma la Bulgaria doveva giocare in
Galles.
Quindi Cardiff era in Galles.
Un semplice sillogismo.
Era il quattordici Dicembre del
millenovecentonovantaquattro, una partita di qualificazione per il Campionato
d'Europa del Novantasei, quello che si sarebbe disputato in Inghilterra.
Fino al quinto minuto del primo
tempo la partita ruotava intorno ad un unico giocatore: Vinnie Jones.
Pensate
voi, in quella squadra c'era gente come il leggendario portiere Neville
Southall, gli attaccanti Gary Speed, Mark Hughes e Ian Rush e la stampa si
perdeva dietro quel Vinnie Jones.
Quello era Inglese! E faceva il suo
debutto con la Nazionale Gallese proprio contro di noi. Gli avevano prospettato
di poter giocare con loro e lui pur di giocare in una Nazionale accettò di buon
grado.
Gli trovarono dei lontani, ma proprio tanto lontani, parenti. Beh era
tanto Gallese lui quanto io avrei potuto essere Giapponese.
Poi è arrivato il quinto minuto del
primo tempo.
C'è un calcio d'angolo per noi.
Dalla bandierina due dei nostri si passano la palla poi parte un traversone che
spiove proprio al limite dell'area. Lì c'ero io. Ho colpito il pallone con gli
occhi chiusi.
Quando li ho riaperti ho visto la rete
gonfiarsi e Southall che fissava la palla. Non poteva credere ai suoi occhi.
Non poteva credere che io, Trifon Marinov Ivanov, difensore, avessi potuto
compiere un gesto di quel genere. Coordinazione, precisione e potenza.
Una cosa così potevano farla
Stoichkov o Balakov o Kostadinov, avrà pensato. Il buon Southall fino a quel
momento non sapeva che certe cose sapevo farle anch'io.
In realtà, fino a quel momento, non
lo sapevo neanche io.
Sono nato e cresciuto, anche
calcisticamente, a Veliko Tărnovo, l'antica capitale della Bulgaria.
Fino
all'età di undici anni ho giocato come attaccante, ma con il fisico che avevo,
e con i piedi non proprio sopraffini, mi spostarono in difesa. Al centro della
difesa. Però quando c'era bisogno, quando si doveva dare l'assalto finale e non
c'erano più cambi mi spostavano in attacco.
A diciotto anni faccio il mio
esordio nell'Etra Tărnovo insieme al mio amico Krasimir Balakov, poi a ventitré
anni arriva la chiamata della squadra più importante di Bulgaria, il CSKA Sofia.
C'erano già Stoichkov, Penev e Kostadinov, cioè buona parte di quelli che
daranno vita all'indimenticabile Nazionale Bulgara che si presenterà al
Mondiale negli Stati Uniti nel millenovecentonovantaquattro.
In quel gruppo di talenti
meravigliosamente anarchici, io ero incaricato di proteggere il centro della
difesa dagli attacchi avversari.
E l'ho fatto con forza ed onesta cattiveria
calcistica, "senza prendere
prigionieri", come ha detto una volta Stoichkov.
Durante il periodo Comunista vigeva
una legge secondo cui i calciatori bulgari non potevano firmare contratti per
un club straniero fino al raggiungimento dei ventotto anni, poi però il regime
è andato a farsi fottere e tutti, più o meno, hanno colto le occasioni che si
presentavano, e così Stoichkov andò al Barça, Penev al Valencia, Kostadinov al
Porto e io al Betis Sevilla.
I primi giorni a Siviglia non sono
stati per niente facili. Quello che più mi ha messo in difficoltà è stata la
lingua, non ci capivo un cazzo con lo Spagnolo.
Con il passare dei giorni e con
l'aiuto dei compagni le cose sono migliorate, così tanto che parlavo Andaluso.
Per amore della verità però devo dire che ero anche un po' indisciplinato, oggi
si direbbe poco professionale, ma non mi frega assolutamente un cazzo.
Mi è
sempre piaciuto fumare un sacco, dovevo fumare una sigaretta prima dell'inizio
di una partita, non mi ha mai fatto male e non ha mai influenzato le mie
prestazioni, almeno non in modo negativo.
E bere, anche più che fumare.
Allenarmi non è che mi facesse fare i salti di gioia, anzi, ero sempre in fondo
al gruppo al trotto lento.
Poi mi sono sempre piaciute le automobili, ma tanto,
e tante ne possedevo, ma così tante che una volta che stavo compilando un
modulo per ottenere un visto per gli Stai Uniti nello spazio in cui si dovevano
elencare quante auto si possedevano, beh, io non avevo tutto lo spazio di cui
avrei avuto bisogno per scrivere tutte le auto di cui ero proprietario.
Poi
anche le automobili hanno iniziato a stancarmi, e, tramite alcuni amici sono
riuscito a togliermi uno sfizio che avevo da sempre: avere un carro armato.
Pensavo fosse uno spasso, solo che dopo averlo guidato due o tre volte nei
campi ho visto che non era proprio così divertente, non potevo usare il
cannone, quello si che sarebbe stato davvero divertente, e così l'ho rivenduto.
Ero davvero troppo indisciplinato?
Io in verità non credo.
Io credo semplicemente che mi è sempre piaciuto essere
vero, mi è sempre piaciuto che la gente vedesse com'ero. Niente trucchi. Ho
sempre detestato i leccaculo, quelli che per avere il posto in squadra erano
disposti a tutto. Se mi volevano dovevano accettarmi per quello che ero.
Non mi
sono mai tirato indietro e mai indietro ho tirato la gamba. Alla fine nessuno
può dire che io non abbia dato il centodieci per cento sul campo.
Si dice che il mio periodo di
massimo splendore calcistico sia stato proprio con la Nazionale Bulgara al
Mondiale del Novantaquattro.
Il mondo si era già accorto di noi perché avevamo
fatto fuori nelle qualificazioni la Francia di Cantona, Ginola e Papin a casa
loro, al Parc des Princes.
Poi una volta negli Stati Uniti ci confermammo alla
grande, nella fase a gironi, eravamo nel Gruppo D, dopo una sonora sconfitta
per tre a zero con la Nigeria abbiamo battuto nettamente la Grecia per quattro
a zero e l'Argentina per due reti a zero. Passammo per secondi e negli Ottavi
di finale ci tocco il Messico contro cui avemmo la meglio solo ai calci di
rigore.
Nei quarti la Germania campione del
mondo in carica. Sembrava finita l'avventura. Infatti ad inizio ripresa si
portano in vantaggio su calcio di rigore di Matthäus, poi nel giro di tre
minuti tra il settantaseiesimo e il settantanovesimo ci pensano Stoichkov e la
pelata di Lechkov a mandarci in Semifinale.
Ecco, lì ci aspettava sua maestà Roberto
"Divin Codino" Baggio.
Chiuso.
Avevamo stregato tutti, non solo
per il nostro calcio, ma perché eravamo diversi da tutti gli altri.
In ritiro
le interminabili partite a carte in una densa nube di fumo, annaffiate dal
bourbon, sono diventate epiche più delle imprese sul campo. Le feste nella
piscina dell'hotel non avevano mai fine.
Il buon Dimitar Penev, il nostro
paziente allenatore, lasciava correre, lo sapeva che allora eravamo buoni tanto
a bere quanto a giocare al calcio.
Nel millenovecentonovantasei,
giocavo per il Rapid Vienna, affrontavamo i Red Devils all'Old Trafford.
Perdemmo due a zero e a fine gara i miei compagni di squadra circondano tutti
Eric Cantona per scambiare la loro maglia con la sua.
Stava andando verso gli
spogliatoi e senza esitazione alcuna disse: "La mia maglietta è per Ivanov!".
Ecco, questo secondo me è il
punto più alto della mia carriera da giocatore di calcio professionista. Quando
una leggenda del calcio come Cantona ha deciso che la sua maglietta dovesse
essere il suo omaggio a me, Trifon Ivanov, allora sai per certo che sei stato
un gran giocatore.
A dispetto delle squadre in cui hai giocato o dei trionfi
che hai potuto riportare sul campo, quell'omaggio è stato per me il suggello ad
una grande carriera.
D'altronde nel millenovecentonovantasei sono arrivato al
ventiduesimo posto nella classifica del Pallone d'Oro.
Il mio look è passato alla storia a
tal punto che in Francia circola una parola, un neologismo, "trifon".
Con questo termine si definiscono
tutte le barbe lunghe, poco curate e in generale poco convenzionali.
Come la mia.
Je suis vraiment trifon!
Note:
1983/1988: Etar Veliko Tărnovo: 62
presenze, 7 reti
1988/1990: CSKA Sofia: 64 presenze,
8 reti
vince
due Campionati di Bulgaria, la Coppa di Bulgaria e la Supercoppa di Bulgaria
1990/1993: Real Betis Sevilla: 52
presenze, 9 reti
1991/1992: Etar Veliko Tărnovo: 12
presenze, 1 rete
1992: CSKA Sofia: 5 presenze, 1
rete
1993/1995: Neuchâtel Xamax: 25
presenze, 3 reti
1995: CSKA Sofia: 7 presenze
1995/1997: Rapid Wien: 53 presenze,
7 reti
vince
il Campionato Austriaco e la Coppa d'Austria. Raggiunge la finale di Coppa
delle Coppe persa contro Il PSG
1997/1998: Austria Wien: 11
presenze
1998: CSKA Sofia: 10 presenze, 1
rete
1998/2001: Floridsdorfer AC: 52
presenze, 8 reti
Nazionale
1988/1998: Bulgaria: 76 presenze, 6
reti
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