Non è raro vedere come i fallimenti in campo sportivo possano essere anticipati da avvenimenti o risultati che in qualche modo possono preannunciare la nefasta conclusione di una competizione.
Ovviamente tali previsioni trovano fondamento con il molto abusato "senno di poi", laddove si decida di andare a ritroso per indagare su quelle che possono essere viste come avvisaglie della sconfitta o dell'avverso risultato.
Nel 1950 il Brasile padrone di casa sembra avviato trionfalmente al primo storico successo in un Mondiale, sulle ali del grande sostegno del tarantolato pubblico e grazie ad una rosa di altissimo livello.
Come sappiamo la squadra di Flávio Costa perde l'ultima partita contro l'Uruguay, lasciando proprio alla Celeste il titolo di campione del mondo, gettando nel baratro e nell'angoscia il proprio pubblico: tra suicidi, infarti e perdite ingenti alle scommesse, il 16 luglio 1950 diventa per i brasiliani un giorno da dimenticare, con annessi tentativi di esorcizzarlo mediante il definitivo cambio cromatico delle maglietta.
Prima di arrivare a quello che viene ancora oggi "maledetto" dalla Seleçao come Maracanazo, il cammino della nazionale brasiliana è entusiasmante, con squadre come Messico, Jugoslavia, Svezia e Spagna spazzate via dalla giocate di Ademir, Zizinho, Jair, Fraça e via dicendo.
In mezzo a tali eccelse prestazioni vi è però un pareggio, contro la Svizzera, quando una doppietta di Jacques Fatton impatta due volte il vantaggio brasiliano, creando un inascoltato campanello d'allarme.
L'ala sinistra del Servette è in effetti il maggior talento della formazione elvetica, dall'alto della grande confidenza con la rete e di una tecnica di base ben al di sopra della media dei compagni di squadra.
Ovviamente in Brasile le sue gesta nel campionato svizzero sono passate in secondo piano, vuoi prevalentemente per la forte difficoltà nel reperire immagini, se non informazioni sui giocatori avversari, in un'epoca nel quale la tecnologia non consentiva l'odierno potenziale mediatico.
Viene però da pensare che da parte dei brasiliani ci sia stata una forte sottovalutazione dell'avversario, magari dettata dal pessimo esordio degli elvetici, sconfitti per 3-0 dalla Jugoslavia.
Tuttavia, nel preparare la partita, più attenzione al numero undici rossocrociato sarebbe stata davvero opportuna, non potendo credere che nessuno fosse a conoscenza della sua media realizzativa nel proprio campionato nazionale.
Banalmente, con la già citata regola del senno di poi, basterebbe ricordare come Fatton sia ancora oggi il miglior realizzatore di tutti i tempi del torneo svizzero, grazie appunto ad un fiuto del gol davvero sviluppato.
Al termine della stagione 1949/1950 il campionato viene vinto dal Servette, trascinato dalla stesso Fatton con addirittura 32 reti realizzate in sole 26 partite.
Possibile che lo staff della Seleçao non abbia tenuto conto di tale dato e della pericolosità dell'attaccante da affrontare?
Flávio Costa ha più o meno volutamente sottovalutato la difficoltà dell'incontro, avendo messo in campo una formazione colma di calciatori paulisti per ingraziarsi il pubblico di San Paolo, sede della partita.
Una parziale attenuante può essere quindi quella di non aver giocato con la miglior formazione, etichettando quindi la Svizzera come avversario abbordabile, facilmente battibile anche con un undici titolare diverso da quello base.
L'onda di entusiasmo del pubblico ha indubbiamente giocato un ruolo controproducente, rendendo pomposo e falsamente sicuro l'atteggiamento dei giocatori, in luogo di una maggior determinazione che solo il giocare per il proprio paese avrebbe dovuto dare.
Più in generale l'atteggiamento difensivo brasiliano è troppo lascivo, denotando scarsa abitudine ad essere attaccati, che sfocia a sua volta in cattive letture e goffi tentativi per rimediare.
Così come il decisivo gol di Ghiggia subito dall'Uruguay metterà alla berlina la staticità e la scarsa intuitività del pacchetto arretrato brasiliano, allo stesso modo le due realizzazioni di Fatton avrebbero dovuto denunciare quanto meno lo scarso affiatamento tra i quattro difendenti.
Non sembra azzardato affermare come anche il portiere Moacir Barbosa non sembra esente da colpe, laddove maggior convinzione nell'uscita o miglior piazzamento avrebbero potuto scongiurare le suddette reti subite.
Non volendo idealmente cavalcare l'astio popolare nato a seguito della sconfitta finale, qualche dubbio sulla sua capacità di leggere le situazione sorge spontaneo, nonostante l'estremo difensore del Vasco da Gama abbia dalla sua una lunga e positiva esperienza.
Riassumendo analisi come queste potevano proficuamente essere fatte all'indomani del pareggio con la Svizzera, invece di affidarsi solamente al talento offensivo della squadra ed all'idioma che "se la palla c'è l'ho io non la possono avere gli altri".
Storica è l'indolenza passata e futura della Seleçao alla tattica preventiva, sostituita volontariamente dall'improvvisazione e dalla personale sicurezza di poter comunque e sempre fare un gol in più dell'avversario.
Una simile sicurezza, tale da sfociare nelle bieca sfrontatezza, punirà inesorabilmente una squadra forte e spettacolare, quanto poco organizzata senza palla e lacunosa in termini di marcature ed adattamento agli avversari.
Anche senza il senno di poi, Jacques Fatton avrebbe in parte consentito di correre ai ripari, ma le sue due reti non sono state interpretate come possibili avvisaglie dell'imminente Maracanazo.
Giovanni Fasani
L'onda di entusiasmo del pubblico ha indubbiamente giocato un ruolo controproducente, rendendo pomposo e falsamente sicuro l'atteggiamento dei giocatori, in luogo di una maggior determinazione che solo il giocare per il proprio paese avrebbe dovuto dare.
Più in generale l'atteggiamento difensivo brasiliano è troppo lascivo, denotando scarsa abitudine ad essere attaccati, che sfocia a sua volta in cattive letture e goffi tentativi per rimediare.
Così come il decisivo gol di Ghiggia subito dall'Uruguay metterà alla berlina la staticità e la scarsa intuitività del pacchetto arretrato brasiliano, allo stesso modo le due realizzazioni di Fatton avrebbero dovuto denunciare quanto meno lo scarso affiatamento tra i quattro difendenti.
Non sembra azzardato affermare come anche il portiere Moacir Barbosa non sembra esente da colpe, laddove maggior convinzione nell'uscita o miglior piazzamento avrebbero potuto scongiurare le suddette reti subite.
Non volendo idealmente cavalcare l'astio popolare nato a seguito della sconfitta finale, qualche dubbio sulla sua capacità di leggere le situazione sorge spontaneo, nonostante l'estremo difensore del Vasco da Gama abbia dalla sua una lunga e positiva esperienza.
Riassumendo analisi come queste potevano proficuamente essere fatte all'indomani del pareggio con la Svizzera, invece di affidarsi solamente al talento offensivo della squadra ed all'idioma che "se la palla c'è l'ho io non la possono avere gli altri".
Storica è l'indolenza passata e futura della Seleçao alla tattica preventiva, sostituita volontariamente dall'improvvisazione e dalla personale sicurezza di poter comunque e sempre fare un gol in più dell'avversario.
Una simile sicurezza, tale da sfociare nelle bieca sfrontatezza, punirà inesorabilmente una squadra forte e spettacolare, quanto poco organizzata senza palla e lacunosa in termini di marcature ed adattamento agli avversari.
Anche senza il senno di poi, Jacques Fatton avrebbe in parte consentito di correre ai ripari, ma le sue due reti non sono state interpretate come possibili avvisaglie dell'imminente Maracanazo.
Giovanni Fasani
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