giovedì 3 marzo 2016

LA QUINTA COLUNA

Negli anni ’60 il calcio portoghese conosce un periodo di autentico splendore, in particolar modo grazie al grande Benfica, rappresentante altresì dell’ossatura principale della nazionale.
Negli anni precedenti le squadre di club e la rappresentativa nazionale hanno faticato ad emergere dall'anonimato, finendo per non partecipare alle fasi finali dei più importanti tornei.
Dal 1960 in tutta  Europa viene apprezzato lo stile di gioco esibito dai giocatori portoghesi, così come il talento individuale di alcuni di loro.
Riferimento imprescindibile di tale epoca è il fenomenale
Eusebio, che con le sue giocate regala due Coppe dei Campioni alle Aquile e momenti indimenticabili per tutto il Portogallo durante il Mondiale del 1966.
La Pantera Nera del Mozambico non è però l’unico fuoriclasse proveniente dalla ex colonia a fare la differenza nel suddetto periodo: accanto a lui troviamo un regista tanto sublime quanto pratico, in grado di ispirare al meglio gli attaccanti, quanto di trovare in prima persona la giocata risolutiva.
Mario Coluna è in effetti uno dei centrocampisti centrali più forti della sua epoca e per il Benfica è probabilmente qualcosa in più di una leggenda.
 
 
Il suo talento è subito evidente sin dalla più tenera età , tanto da esordire a 19 anni nella prima squadra del Benfica nel 1954.
Nei primi anni di carriera viene utilizzato in una posizione avanzata, giocando come seconda punta, grazie all'abilità con la quale riesce a portarsi al tiro.
Proprio nella sua prima stagione segna 14 reti in 26 gare, giocate prevalentemente nel ruolo di attaccante o esterno offensivo.
La svolta arriva con Bela Guttmann che subito ne intuisce la grande visione di gioco e lo imposta rifinitore dietro le punte e successivamente come centrocampista d'ordine: come risultato arriva la già citata doppia vittoria consecutiva in Coppa Campioni, delle quali Coluna è un protagonista assoluto.
Riesce altresì ad andare in rete in entrambe le finali, sia nel 3-2 contro il Barcellona (1960/1961), sia nel 5-3 contro il Real Madrid (1961/9162).
In realtà il suo rapporto con la massima competizione europea è agrodolce: sono infatti cinque le finali totali da lui disputate, le ultime delle quali perse contro Milan, Inter e Manchester United.
I più superstiziosi attribuiscono tali insuccessi al famoso anatema lanciato proprio dal tecnico ungherese Bela Guttmann, che al momento di lasciare il club avrebbe dichiarato: "D'ora in avanti il Benfica non vincerà più una coppa internazionale, per almeno 100 anni".
Durante la sua permanenza diventa il fulcro del gioco del Benfica, essendo in grado di servire al meglio un reparto offensivo che può vantare in periodi diversi attaccanti quali Josè Aguas, Antonio Simoes, Josè Augusto de Alemeida, e Josè Augusto Torres, oltre all'immancabile ed imprescindibile Eusebio.
Anche in nazionale diventa il regista principale di ogni manovra offensiva, tanto che si può affermare che la tanto celebrata abilità di palleggio di scuola portoghese trovi in lui il massimo esponente.
Durante il Mondiale del 1966 si mette in mostra in tale senso, arrivando ad ottenere quel terzo posto che ancora oggi risulta il miglior risultato mai ottenuto dalla Selecção das Quinas.
L'allenatore Otto Gloria conferisce la fascia di capitano proprio a Coluna, che per tutto il torneo, salvo la prima partita, si fa ammirare per le sue geometrie e la sua capacità di giocare con profitto in ogni zona del rettangolo di gioco.
La sconfitta in semifinale contro i padroni di casa dell'Inghilterra non scalfisce l'ottima prestazione della squadra portoghese, la quale riproponendo offensivamente l'assetto del Benfica, segna ben 17 reti in 6 partite.
Coluna possiede una tecnica individuale impeccabile abbinata ad una grande esuberanza fisica, che lo rendono un centrocampista a dir poco completo, in grado anche di regalare vere e proprie magie.
A tal proposito è dotato di un piede sinistro sensibilissimo, in grado allo stesso modo di offrire il più sublime degli assist così come di far partire autentiche bordate verso la porta avversaria.
Così si spiegano le 150 reti segnate in 677 partite con la maglia delle Aquile, con la quale vince per ben 10 volte il titolo nazionale e per 6 volte la Coppa di Portogallo.
Per i tifosi diventa O Monstro Sagrado (Il Mostro Sacro), proprio per la sua grande importanza da lui rivestita all'interno del club.
Tuttavia le sue prestazioni iniziano a calare a partite dal 1967, a causa di un gravissimo infortunio patito con la maglia della nazionale in un match contro l'Italia del 27 marzo. In uno scontro con Nardin il forte centrocampista del Benfica subisce la rottura dei legamenti del ginocchio destro.
Le tecniche riabilitative del tempo non consentono un pieno recupero, tanto che il numero delle sue apparizioni e la qualità delle stesse ne risentono fortemente.
L'anno successivo dice addio definitivamente alla nazionale, in concomitanza di una sconfitta per 4-2 contro la Grecia, dopo 57 partite ed 8 reti realizzate.
Nel 1970 abbandona il Benfica dopo 7 anni e lo fa al termine di una sontuosa partita di addio all'Estadio da Luz, alla quale partecipano alcuni tra i più grandi calciatori dell'epoca.

 
A dispetto di un fisico ormai segnato, accetta di giocare per altre due stagioni nel Lione, non potendo in nessun modo vedersi addosso una maglia del campionato portoghese diversa da quella del Benfica.
In Francia gioca appena 19 partite nelle due annate in questione decidendo, a 37 anni, di appendere le scarpette al chiodo dopo aver incantato per anni con il suo gioco delizioso e mai banale.
Molte volte gli attaccanti si meritano celebrità e copertine per le loro prodezze, ma i veri appassionati di calcio non possono che gioire e restare meravigliati dinnanzi allo stile ed all'efficacia di Mario Coluna.
Nella storia recente del calcio in pochi sono riusciti a coniugare stile e concretezza in modo così perfetto, soprattutto nel ruolo talvolta molto criticato di regista.
 
 
Giovanni Fasani

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