Quante volte, noi appassionati di calcio, abbiamo calcato un campo da calcio (o da calcetto)? Tante, troppe, impossibile ricordarsele tutte. Ma di certo, ce n'è stata qualcuna più tesa di altre, quella che può valere la conquista di un torneo, una rivalità di quartiere e via discorrendo.
Sono quelle partite cariche di tensione, dove nessuno vuole perdere e dove è difficile che qualcuno attacchi in maniera assidua fin da subito.
Ma la storia ci porta alla memoria un episodio, ormai divenuto un simbolo della storia del calcio.
Stiamo parlando di cosa successe allo Zaire nel mondiale tedesco del 1974, o più precisamente del gesto di Ilunga Mwepu, all'epoca difensore 25enne in forza al Mazembe e da qualche tempo nel giro della nazionale dell'attuale Repubblica Democratica del Congo.
Lo Zaire era diventato da 3 mesi campione d'Africa, una coppa stradominata in lungo ed in largo in terra egiziana culminata dalla finale vinta contro la Zambia dopo il replay. I Leopards furono trascinati dalle 9 reti (record in una fase finale della Coppa d'Africa) in 6 partite di Mulamba N'Daye.
Poco prima del mondiale questa storia è stata sapientemente raccontata da Federico Buffa nella trasmissione "Buffa racconta" in onda su SKY, fugando ogni dubbio sulla reale conoscenza delle regole da parte del difensore zairese.
Vogliamo riproporla oggi per chi non è riuscito a seguire la puntata in questione o per chi ancora oggi, non conosce la realtà dei fatti.
La storia parte da qualche tempo prima della fatidica partita col Brasile del 22 giugno 1974. In Zaire si era insediato il potere di Mobutu Sese Sako, per tutti Mobutu, uno dei più sanguinari dittatori che la storia ricordi.
Mobutu divenne Capo di Stato Maggiore nel 1960 a seguito del colpo di stato ai danni del Presidente Patrice Lubumba e successivamente, nel 1965, divenne definitivamente capo del potere zairese grazie al secondo colpo di stato, quello ai danni di Joseph Kasa-Vubu.
Lo Zaire parte per la Germania tra l'entusiasmo generale, quello di una nazione che per la prima volta è protagonista nella più grossa manifestazione calcistica.
Gli africani sono inseriti nel Gruppo 2 congiuntamente a Scozia, Jugoslavia ed appunto Brasile; ovviamente sono poche le speranze di far punti, figuriamoci quindi quelle di passare il turno.
Tuttavia, il primo match vede imporsi la Scozia 2-0, per lo Zaire un buon risultato, per gli scozzesi, sciuponi in fase realizzativa, una vittoria che si rivelerà amara.
La partita successiva è quella della negativa svolta. Gli zairesi vengono sommersi dalla valanga jugoslava che si impone 9-0 a seguito di un match che non è praticamente mai iniziato, anche se, ad onor del vero, sull'1-0 la nazionale africana ha avuto la ghiotta occasione per pareggiare ma l'attaccante Belu spreca calciando addosso a Maric.
Qualsiasi squadra, dopo due sconfitte così, guarda al match successivo come ad una semplice comparsa, una specie di obbligo di scendere in campo.
Ma per i Leopards non è così. Dopo la sconfitta con la Scozia arrivarono le prime minacce targate Mobutu e dopo la disfatta jugoslava, arrivarono minacce di morte sia ai giocatori che ai loro famigliari.
Si arriva all'ultima partita, quella da disputare contro il Brasile, una delle Selecao meno forti della storia e bisognosa di vincere con 3 gol di scarto (sperando nella contemporanea non-vittoria della Scozia). Ecco allora che il presidente Mobutu ha una "brillante" idea (citiamo proprio le parole di Mwepu in un'intervista del 2002): "Se avessimo perso con più di tre gol di scarto col Brasile, ci dissero, nessuno di noi sarebbe tornato a casa".
Dopo appena 12 minuti le gambe degli zairesi iniziarono a tremare, il Brasile attaccò sin dai primissimi minuti ed un bel destro di Jairzinho sbloccò la partita.
In campo esiste una sola squadra e solo le tante ed efficaci parate di Mwamba Kazadi tengono a galla gli zairesi che non vedono l'ora di finire questa maledetta partita, possibilmente senza subire più di tre gol.
Nel secondo tempo la musica non cambia ed al 66° minuto un potentissimo sinistro di Rivelino non lascia scampo a Kazadi che dovrà soccombere anche 13 minuti più tardi al destro innocuo di Valdomiro che si insacca proprio sotto le braccia del portiere zairese.
Qualche minuto dopo accadde "l'episodio". Viene fischiato un calcio di punizione dal limite per il Brasile; sulla palla, manco a dirlo, ci va Rivelino; l'arbitro romeno Rainea ci mette almeno due minuti per far posizionare correttamente la barriera zairese, che, impaurita da un probabile quarto gol e memore del sinistro fulmineo del fantasista brasiliano, avanza poco furbescamente nella direzione del pallone.
Finalmente si ristabilisce l'ordine e l'arbitro fischia, ma poco prima che Rivelino calci il pallone verso la porta di Kazadi, arriva uno dei momenti più incredibili della storia del calcio.
Quello che per anni è stato considerato un gesto comico, non è nient'altro che una manifestazione di paura, la paura di perdere la vita.
Per fortuna dello Zaire, quella partita terminò 3-0 ed al rientro in patria i giocatori vennero immediatamente convocati dal presidente Mobutu, il quale non mantenne la promessa di elargire premi ai giocatori, costringendoli, per giunta, a non emigrare all'estero a seguito di contratti già stabiliti con squadre non zairesi.
Una triste storia quindi quella dei Leopards, fortunatamente (se così si può dire) risolta senza le gravi conseguenze promesse dalla ignobile dittatura.
Matteo Maggio
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