Ogni
calciatore ha la sua storia. C’è chi da bambino sogna di giocare per la propria
squadra del cuore, chi sogna di vincere coppe e trofei, giocare negli stadi più
prestigiosi del mondo e magari vestire la maglia della Nazionale. Per quei
pochi che arrivano a realizzare questi sogni molti altri finiscono per essere
piccole comparse nel grande racconto del calcio, magari giocando nelle
divisioni minori e riuscendo comunque a fare del football il proprio lavoro ma
con un pizzico di malinconia di quello che poteva essere e invece non è stato.
A
volte è sfortuna, a volte mancanza di talento o di carattere, spesso una
combinazione di tutte queste cose. C’è chi potrebbe deprimersi.
Ma
questa è la storia di un calciatore che, pur dotato di un certo talento, ha
deciso di vivere la sua vita calcistica in modo completamente diverso,
inseguendo più la conoscenza che il denaro e la fama, più la crescita personale
che quella sportiva.
Finendo per avere una carriera unica ed inimitabile, una
carriera da “Guinnes dei Primati” quasi impossibile da ripetere.
Finendo
per diventare non il portiere di una squadra, o di un certo numero di squadre,
o di una Nazionale, ma “il Portiere del Mondo”, un nomade inarrestabile
affamato di calcio e voglia di conoscere le diverse realtà – calcistiche e non
– del pianeta.
Questa
è la storia di Lutz Pfannenstiel.
Colui
che diventerà “il Portiere del Mondo” nasce nel maggio del 1973 a Zwiesel, in
Baviera. Si avvicina al calcio appena tredicenne, entrando nella squadra locale
dove rimane per 3 anni mostrando un certo talento, quindi passa al FC
Vilshofen, una squadra un gradino superiore, dove a 17 anni si fa notare al
punto da finire nella Nazionale Under-17 tedesca, con la quale gioca 5 gare.
Il
debutto da professionista avviene appena maggiorenne, la squadra è ancora
bavarese, il Bad Kotzting, che con Lutz tra i pali disputa la migliore stagione
della sua storia arrivando al terzo posto nella quinta serie regionale tedesca.
E’
in questo periodo che viene notato dagli osservatori del Bayern Monaco, la
squadra più forte e prestigiosa di Germania e tra le migliori al mondo: le
trattative per un suo trasferimento nella squadra che ogni giovane tedesco
sogna sono ben avviate, e nelle intenzioni del club Pfannenstiel verrà inserito
nella seconda squadra, dove potrà crescere e farsi le ossa per poi magari, un
domani, arrivare alla squadra titolare.
E’
qui che la carriera di Lutz cambia: giovane e irrequieto, sicuramente incosciente,
il ragazzo manda all’aria la trattativa temendo di ammuffire nella squadra
riserve per troppi anni, e decide invece di spostarsi.
Dalla Bavaria, che non
ha mai lasciato fino ai vent’anni, il salto è notevole: diventa il portiere del
Penang FA, una delle squadre più forti e titolate della Malesia. La storia dura
un anno, ma poi il richiamo del calcio “reale” è forte, e questo ragazzone di
quasi 190 centimetri torna a fare sul serio: è la patria del football che lo
chiama, l’Inghilterra, le squadre sono il Wimbledon prima ed il Nottingham
Forest poi, squadre della massima serie dove però non trova mai spazio.
Dopo un
esperienza in prestito di sei mesi agli Orlando Pirates in Sudafrica, dove per
la prima volta comincia ad informarsi dei danni del surriscaldamento globale
sul pianeta (un tema che più avanti come vedremo prenderà molto a cuore) e
nella quale perlomeno ritrova il campo, è la volta di un altro viaggio:
destinazione la Finlandia, dove prima si distingue con il TPV e poi, pochi mesi
dopo, viene acquistato da un club superiore, l’Haka, dove però finisce ai
margini.
Ci sono tutti i presupposti per tornare in Germania, ed è quello che
accade. A 25 anni, forse, Pfannenstiel pensa alla stabilità, firmando per il
piccolo Wacker Burghausen, ma quando si ha un carattere avventuroso ci sono
poche possibilità di restare soddisfatti giocando nelle retrovie del calcio
tedesco: la stagione 1999/2000 lo vede quindi emigrare ancora, stavolta in
Singapore, nel Geylang United, la nona squadra in nove anni.
Qui
Lutz si impone come il miglior portiere del modesto campionato asiatico,
giocando bene e diventando un idolo dei tifosi. Gioca bene, gioca troppo bene,
ed è così che inspiegabilmente una notte la polizia si presenta a casa sua e lo
arresta: l’accusa è di aver scommesso in alcune partite del suo club, l’indizio
sarebbe il fatto che ha giocato “fin troppo bene”. Non ci sono prove, e tutto
finirà in una bolla di sapone, ma nel frattempo Pfannenstiel si fa 101 giorni
di prigione, un esperienza che lui definirà “terribile, la peggiore della mia
vita”, imprigionato senza un perché e ridotto a bere l’acqua dalla tazza del
water per le impressionanti condizioni in cui viene custodito.
Quando esce di prigione, dunque, ce ne è abbastanza per lasciare il paese. La tappa successiva è addirittura la Nuova Zelanda, il club il Dunedin Technical, le prestazioni sono ottime ed il paese è bello abbastanza da convincerlo a rimanervi ben tre stagioni, pur se alternate da prestiti infruttuosi in Inghilterra e Germania, paesi nei quali proprio Lutz non riesce ad imporsi, pur se in squadre minori come il Bradford Park Avenue ed il Cham.
Il suo nome sui giornali, in Inghilterra, ci finisce però ugualmente: nel tradizionale turno del “Boxing Day”, che si svolge a Santo Stefano, Pfannenstiel ed il suo Bradford Park Avenue affrontano la squadra più forte della divisione minore in cui giocano, l’Harrogate Town, che può vantare tra le proprie fila Clayton Donaldson, futura meteora del calcio britannico. Quando questi gli si presenta solo davanti alla porta, Lutz esce a valanga rimediando un calcio nello sterno che lo manda letteralmente all’altro mondo.
Per tre volte Pfannenstiel smette di respirare, davanti agli occhi dei 500 spettatori presenti e dell’arbitro, che abbandona il match – di fatto annullandolo – perché sotto shock.
Quando esce di prigione, dunque, ce ne è abbastanza per lasciare il paese. La tappa successiva è addirittura la Nuova Zelanda, il club il Dunedin Technical, le prestazioni sono ottime ed il paese è bello abbastanza da convincerlo a rimanervi ben tre stagioni, pur se alternate da prestiti infruttuosi in Inghilterra e Germania, paesi nei quali proprio Lutz non riesce ad imporsi, pur se in squadre minori come il Bradford Park Avenue ed il Cham.
Il suo nome sui giornali, in Inghilterra, ci finisce però ugualmente: nel tradizionale turno del “Boxing Day”, che si svolge a Santo Stefano, Pfannenstiel ed il suo Bradford Park Avenue affrontano la squadra più forte della divisione minore in cui giocano, l’Harrogate Town, che può vantare tra le proprie fila Clayton Donaldson, futura meteora del calcio britannico. Quando questi gli si presenta solo davanti alla porta, Lutz esce a valanga rimediando un calcio nello sterno che lo manda letteralmente all’altro mondo.
Per tre volte Pfannenstiel smette di respirare, davanti agli occhi dei 500 spettatori presenti e dell’arbitro, che abbandona il match – di fatto annullandolo – perché sotto shock.
La prontezza del medico della squadra, Ray
Killick, permette a Lutz di sopravvivere grazie ad una prolungata respirazione
bocca a bocca che consente ad un ambulanza di intervenire per tempo e salvargli
la vita.
In poco tempo Pfannenstiel è pronto per tornare a giocare, conclude in gloria la sua esperienza neozelandese con il Dunedin e, dopo un prestito nella seconda divisione norvegese dove veste la maglia del Baerum SK, è la volta di un nuovo Continente: appena trentunenne firma per i Calgary Mustangs, squadra canadese impegnata nella serie “di sviluppo” americana e che al termine della stagione chiude i battenti, visto lo scarso seguito di pubblico conseguito “equivalente a quello di una squadra inglese di sesta serie”.
Evidentemente la Nuova Zelanda è rimasta nel cuore a questo portiere-giramondo, ed ecco che appena un anno dopo averla lasciata Lutz ritorna a Dunedin, anche se stavolta veste la maglia dei rivali cittadini dell’Otago United: poco importa, anche stavolta è il migliore, e si toglie pure la soddisfazione di giocare un anno con Terry Phelan, glorioso calciatore irlandese venuto in Oceania a svernare.
In poco tempo Pfannenstiel è pronto per tornare a giocare, conclude in gloria la sua esperienza neozelandese con il Dunedin e, dopo un prestito nella seconda divisione norvegese dove veste la maglia del Baerum SK, è la volta di un nuovo Continente: appena trentunenne firma per i Calgary Mustangs, squadra canadese impegnata nella serie “di sviluppo” americana e che al termine della stagione chiude i battenti, visto lo scarso seguito di pubblico conseguito “equivalente a quello di una squadra inglese di sesta serie”.
Evidentemente la Nuova Zelanda è rimasta nel cuore a questo portiere-giramondo, ed ecco che appena un anno dopo averla lasciata Lutz ritorna a Dunedin, anche se stavolta veste la maglia dei rivali cittadini dell’Otago United: poco importa, anche stavolta è il migliore, e si toglie pure la soddisfazione di giocare un anno con Terry Phelan, glorioso calciatore irlandese venuto in Oceania a svernare.
Sono due ottime stagioni, ma Lutz non ha intenzione di fermarsi, e pur se
benvoluto dai tifosi locali saluta tutti e approda in Albania, al KS Vllaznia
Shkoder, dove gioca bene ma non viene pagato (“una cosa che mi è successa
spesso nel mio girovagare”, dirà) finendo per mollare dopo sei mesi: va in
Armenia, al Bentonit Ijevan, ma è come passare dalla padella alla brace. Anche
qui soldi non se ne vedono, e Pfannenstiel è costretto ad arrangiarsi visto che
rimane senza un soldo in tasca finendo anche per passare un paio di notti
all’aperto, situazione surreale visto che oltre ad essere un giocatore del club
ne sarebbe, in teoria, anche l’allenatore.
Riesce a contattare il Baerum SK,
dove aveva giocato bene quattro anni prima, ed il club norvegese finisce per
salvarlo riportandolo nel paese dei fiordi: pochi mesi, Lutz ritrova se stesso
e la fiducia nel mondo ed è quindi pronto per l’ennesimo viaggio. Ancora
Canada, stavolta però una squadra di un certo livello, almeno localmente: i
Vancouver Whitecaps. Non è una bella esperienza, poche gare e molte
incomprensioni con l’allenatore e via, ci si sposta più a Sud.
Un nuovo continente, un nuovo calcio: il Brasile, la terza serie con la maglia dell’Hermann Aichinger, appena sei mesi ma pregni di significato, nei quali si toglie la soddisfazione di giocare nel glorioso “Maracanà”, lo stadio più famoso del mondo.
Nel frattempo è diventato anche l’allenatore dei portieri della Nazionale di Cuba, giusto per aggiungere un altro timbro al suo passaporto.
Un nuovo continente, un nuovo calcio: il Brasile, la terza serie con la maglia dell’Hermann Aichinger, appena sei mesi ma pregni di significato, nei quali si toglie la soddisfazione di giocare nel glorioso “Maracanà”, lo stadio più famoso del mondo.
Nel frattempo è diventato anche l’allenatore dei portieri della Nazionale di Cuba, giusto per aggiungere un altro timbro al suo passaporto.
Sono
gli ultimi spiccioli di una carriera incredibile, c’è ancora tempo per un breve
ritorno in Norvegia (Flekkeroy IL e Manglerud Star) e la chiusura in Namibia,
nei Ramblers FC, dove esalta i tifosi giocando ben due stagioni ad altissimi
livelli, allenando la squadra ed essendone anche il direttore sportivo oltre
che giocatore e nel contempo allenando anche i portieri della Nazionale
Namibiana. Nel 2011, trentottenne, si ritira dal calcio giocato.
Finisce
la sua avventura calcistica, dunque, ma non la sua vita avventurosa: per
settimane si chiude in un igloo filmando tutto con delle telecamere stile “Grande
Fratello” e mandando il tutto in diretta in rete, l’anno successivo fa lo
stesso in una casa sull’albero in Amazzonia.
Sono
azioni eclatanti che servono per pubblicizzare il suo sito, “Global United
Football Club”, dove si impegna in prima persona per sensibilizzare il mondo su
temi come la povertà ed il surriscaldamento globale. Il suo sogno? Organizzare
una partita di calcio in Antartide, l’unico Continente che non ha toccato con
un pallone in mano, coinvolgendo le più grandi stelle calcistiche del mondo.
Terminata
la carriera, Lutz Pfannenstiel fa finalmente ritorno in Germania, diventando
osservatore per l’Hoffenheim: certamente non c’è persona più adatta di questo
pittoresco e avventuroso cittadino del mondo per visitare le varie
realtà calcistiche del pianeta.
Finisce
così questa storia, una storia davvero unica: Lutz Pfannenstiel ha giocato per
25 squadre in 13 diversi paesi del Mondo, ed è l’unico calciatore
professionista nella storia ad aver giocato in tutte e sei le Confederazioni
della FIFA. Un primato inarrivabile, riconosciuto anche dal “Guinnes World
Records”, una storia che ha raccontato in un libro autobiografico (“Unhaltbar —
Meine Abenteuer als Welttorhüter”, che significa “Inarrestabile – Le mie
avventure come Globetrotter”) e che lo ha reso a tutti gli effetti “il Portiere
del Mondo”.
Danilo Crepaldi
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