mercoledì 18 gennaio 2017

L'ASSASSINO DELLO ZAIRE

Sulla storica partecipazione dello Zaire al Mondiale 1974 si sono dette e scritte tante cose, tra realtà, leggenda e molta disinformazione.
Se da un lato  la squadra allenata da Blagoja Vidinić non si è dimostrata all'altezza di tale palcoscenico (3 sconfitte e 14 gol subiti), dall'altro solo negli anni successivi sono emerse le minacce del dittatore Mobutu nei confronti degli stessi giocatori.
Per anni abbiamo associato allo Zaire del 1974 l'immagine di Joseph Mwepu che esce dalla barriera per calciare via una punizione, facendone un episodio comico ed in parte denigratorio del livello calcistico dell'Africa cosiddetta "nera".
Solo qualche anno dopo abbiamo scoperto che tale gesto derivava dalla paura di subire un altro gol:  Mobutu aveva minacciato che lo Zaire se avesse presso più di 3 gol contro il Brasile ci sarebbero state ripercussioni fisiche per i giocatori e per le proprie famiglie.
Difficile parlare di calcio o fare discorsi tecnici sapendo che la squadra andava in campo non per l'onore, ma per difendere la propria vita e quella dei propri cari.
A posteriori è però possibile analizzare nel dettaglio anche qualche aspetto "di campo", accorgendosi che di qualità calcistica lo Zaire ne aveva eccome.
Sicuramente merita di essere ricordato  Pierre Mutumbula Ndayé Mulamba, abbreviato per ovvi motivi in Mulamba Ndaye, ottimo attaccante e principale protagonista della vittoria in Coppa d'Africa proprio nel 1974.


Il nome completo incute inizialmente un certo timore, dal momento che Mutumbula può essere tradotto come assassino (o anche cannibale, dato che si riferisce ad un mostro mangia-bambini) .
Fortunatamente il forte attaccante si dimostra vorace solamente di gol sul campo da calcio, mettendosi in mostra come un'autentica minaccia per tutte le squadre avversarie.
La sua rapidità di esecuzione e il grande fiuto del gol sono le sue caratteristiche migliori, in un profilo nel quale le eccezionali doti fisico/atletiche non passano di certo inosservate.
A livello di club le informazioni disponibili sono poche, così come i dati che possano in qualche modo quantificare quella che in nazionale è una "famelica" media gol.
Va ricordata la sua lunga militanza nell'AS Vita Club, con il quale vince la Coppa dei Campioni africana del 1973, in un'equilibrata doppia finale contro i ghanesi dell'Asante Kotoko.
Nel 1974 l'Egitto ospita la nona edizione della Coppa d'Africa e la squadra di Ndaye si presenta al via per la prima volta con il nome di Zaire, dal momento che fino al 1971 era conosciuta nel mondo con il nome di Congo-Kinshasa.
I Leopardi sono una delle squadre più attese, dopo il quarto posto di due anni prima, considerando una rosa di qualità ed un redditizio mix di tecnica e capacità atletiche.
La rassegna continentale sembra conferire una particolare linfa al forte centravanti, in grado di rivelarsi decisivo in ogni partita.
Nella partita d'esordio contro la Guinea realizza una decisiva doppietta per il 2-1 finale.
Dopo la sconfitta contro il Congo (unica della competizione), l'undici di Vidinić travolge per 4-1 le isole Mauritius anche grazie ad una realizzazione del suo attaccante principale.
Quest'ultimo sviluppa un'ottima intesa con il compagno di reparto Adelard Mayanga Maku, diventando sin dal girone iniziale il vero punto di forza della squadra. Entrambi si guadagnano molti elogi per come si cercano sul campo e per la completezza tecnica del loro repertorio.
In semifinale, a causa del secondo posto nel girone preliminare, lo Zaire affronta i padroni di casa dell'Egitto, da molti etichettato come il favorito assoluto, non solo per il fattore campo.
Al termine di una partita incerta e spettacolare lo Zaire ha la meglio per 3-2, dopo che la squadra egiziana di sera portata in vantaggio per 2-0; Ndaye si scatena nel secondo tempo realizzando una bellissima doppietta che, grazie anche al gol di Kigumu, consente ai Leopardi di accedere alla finale contro lo Zambia.



Le due reti di Ndaye  esemplificano davvero al meglio le sue qualità , sintetizzando in pochi fotogrammi il suo senso del gol e le straordinarie doti atletiche che madre natura gli ha donato.
Se la semifinale è stata equilibrata, l'atto conclusivo lo è anche di più, dal momento che non bastano 120 minuti per determinare il vincitore della competizione.
Lo Zaire viene raggiunto solamente all'ultimo minuto dei supplementari, tre minuti dopo la seconda rete di giornata dell'implacabile Ndaye.



Il regolamento non prevede i calci di rigori, ma la ripetizione della partita da giocarsi due giorni dopo.
Questa volta la porta zairese rimane imbattuta, mentre l'ormai solito Ndaye non fa mancare la sua doppietta che significa vittoria e grandi onori una volta rientrati nella capitale Kinshasa.


Mobutu riconosce nel centravanti nativo di Kananga il vero artefice del successo, ottenuto infatti grazie alle sue 9 reti nelle 6 partite disputate.
Mentre gli conferisce la medaglia dell'Ordine dei Leopardi, il sanguinario dittatore sembra attribuirgli anche il compito di guidare la squadra ad importanti successi anche nell'imminente Campionato del Mondo.
Come già anticipato il cammino della squadra africana è tutt'altro che vincente e soddisfacente per Mobutu, il quale non manca questa volta di vessare i malcapitati protagonisti una volta rientrati in patria.
La posizione di Ndaye è altresì più pesante, dal momento che nella sciagurata gara contro la Jugoslavia il centravanti viene espulso a causa di un clamoroso scambio di persona.
Inutile dire che la sua carriera a grandi livelli termina qui; Mobutu infatti non si limita a revocare tutti i premi in denaro già promessi, ma addirittura vieta ai giocatori di poter uscire dai confini del paese.
Per Ndaye tale decisione si formalizza nell'impossibilità di accettare l'offerta del Paris Saint Germain, squadra francese fortemente interessata a tesserare quello che per molti è il miglior attaccante africano del momento.
Nonostante il continente africano non sia ancora "terra di conquista" per i club europei, le sue prestazioni attirano l'interesse di molte squadra europee, che rimangono però insoddisfatte proprio a causa della decisione di Mobutu.
La sua carriera continua e termina nell'AS Vita Club, dove le soddisfazioni sono parziali, laddove l'unico risultato di prestigio internazionale è il raggiungimento della finale di Coppa dei Campioni nel 1981.
Quello che accade qualche anno dopo il termine della sua carriera,è davvero drammatico e sconvolgente.
Nel 1994 viene aggredito dagli uomini di Mobutu per non aver voluto restituire una medaglia alla carriera, venendo addirittura gettato da un ponte e dato per morto.
Scampato incredibilmente alla morte si rifugia in Sud Africa, facendo perdere le sue tracce in patria e finendo addirittura per essere dato per morto, salvo smentita alla vigilia del Mondiale del 1998, in concomitanza con la semifinale di Coppa d'Africa dalla Repubblica Democratica del Congo (nuovo nome dello Zaire).
In realtà l'ex campione zairese è costretto ad una vita di stenti a Cape Town, dove ha costruito un'altra famiglia, avendo di fatto perso contatti con moglie e prole a Kinsasha (uno dei suoi figli era stato crudelmente ucciso dagli uomini di Mobutu durante l'aggressione del 1994).
Solamente nel 2010 grazie ai primi Mondiali disputati in terra africana ha la possibilità di ritornare in patria, ricevendo postumi onori e riconoscimenti per le sue glorie calcistiche.


Non è sicuramente questo il contesto per dilungarci sugli aspetti extra calcistici di una vita segnata tragicamente dagli abusi e dalle angherie di una dittatura tra le più bieche e spregevoli della storia dell'umanità.
Va invece ricordato un grande centravanti, uno dei primi calciatori africani ad aver associato le notevoli doti fisiche ad una perizia tecnica accurata e di livello.
Senza le infamità della dittatura del tempo, ora staremmo parlando probabilmente di uno dei migliori calciatori africani ad essere sbarcati in Europa.
Invece la sua carriera si arresta nel 1974 a soli 26 anni, finendo per rendere ambizione, successi e denaro come un effimero sogno spezzato nel modo di crudele possibilie.
Purtroppo l'Assassino sul campo ne ha incontrato uno vero e spietato nella realtà...



Giovanni Fasani

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